BARI. “La sensazione avuta qualche giorno fa, durante il consiglio provinciale monotematico sugli effetti della fase due del piano di riordino nella provincia di Barletta – Andria - Trani, è stata che la politica aveva già deciso, una certa politica, una parte politica assemblata per l’occasione e che, avendo deciso, non era necessario che fosse presente.
L’auspicato confronto è mancato, mancando i portatori dei differenti punti di vista, mancando una rappresentanza del governo regionale, mancando alcuni sindaci, il direttore della Asl. Né quello in aula è stato un dibattito proficuo e teso a comprendere e stabilire le richieste più idonee. Avevo chiesto, sollecitato, un momento di confronto differente, quasi assembleare, allargato a tutti gli attori del territorio.
Un consiglio provinciale allargato alle rappresentanze istituzionali, poteva essere molto simile a quello che avevo in mente, ma se ciascuno rimane portatore di singoli interessi, allora si perde di vista la sfida e l’opportunità che questo piano di riordino può rappresentare per la nostra sanità .
È questione di decidere quello che si vuole per il futuro, la sopravvivenza e il mantenimento di posti letto e reparti spuri, da mostrare e sbandierare nelle prossime campagne elettorali, o l’eccellenza, un modello di sanità basato sulle esigenze reali del territorio, su dati scientifici, epidemiologici, su elementi strategici e peculiarità che nel tempo si sono caratterizzate nei singoli presidi, dotati della migliore strumentazione e del personale medico sanitario più capace ed esperto.
Qui e ora non serve garantirsi solo il futuro ma il modo di arrivarci, servono certezze su qualsiasi processo di transizione, che sia la chiusura di un ospedale o la realizzazione di uno nuovo, così come chiesto dall’assemblea provinciale. Una parola soltanto, infine, sulla posizione di chi è in costante attesa, vedi la conferenza dei sindaci: l’obiettivo è costruire insieme una proposta condivisa, non aspettare che la Regione ne ‘partorisca’ una nuova, più o meno confacente alle nostre esigenze e contrattabile, e la cali dall’alto”.
L’auspicato confronto è mancato, mancando i portatori dei differenti punti di vista, mancando una rappresentanza del governo regionale, mancando alcuni sindaci, il direttore della Asl. Né quello in aula è stato un dibattito proficuo e teso a comprendere e stabilire le richieste più idonee. Avevo chiesto, sollecitato, un momento di confronto differente, quasi assembleare, allargato a tutti gli attori del territorio.
Un consiglio provinciale allargato alle rappresentanze istituzionali, poteva essere molto simile a quello che avevo in mente, ma se ciascuno rimane portatore di singoli interessi, allora si perde di vista la sfida e l’opportunità che questo piano di riordino può rappresentare per la nostra sanità .
È questione di decidere quello che si vuole per il futuro, la sopravvivenza e il mantenimento di posti letto e reparti spuri, da mostrare e sbandierare nelle prossime campagne elettorali, o l’eccellenza, un modello di sanità basato sulle esigenze reali del territorio, su dati scientifici, epidemiologici, su elementi strategici e peculiarità che nel tempo si sono caratterizzate nei singoli presidi, dotati della migliore strumentazione e del personale medico sanitario più capace ed esperto.
Qui e ora non serve garantirsi solo il futuro ma il modo di arrivarci, servono certezze su qualsiasi processo di transizione, che sia la chiusura di un ospedale o la realizzazione di uno nuovo, così come chiesto dall’assemblea provinciale. Una parola soltanto, infine, sulla posizione di chi è in costante attesa, vedi la conferenza dei sindaci: l’obiettivo è costruire insieme una proposta condivisa, non aspettare che la Regione ne ‘partorisca’ una nuova, più o meno confacente alle nostre esigenze e contrattabile, e la cali dall’alto”.