di Nicola Zuccaro. Sognare non costa ma, tradurre il sogno in realtà fa rima con il sacrificio, la tenacia e la sofferenza. Ne sa qualcosa l'Italia di Cesare Prandelli.
Sì di Cesare Prandelli perchè è una sua creatura. Questa Nazionale è l'incarnazione del miracolo tipicamente italiano. Quel miracolo capace di trasformare ciò che è sfilacciato in ciò che è solido. Una solidità che assume maggiore spessore e valore soprattutto quando l'avversario di turno si chiama Germania.
L'avversario giusto al momento giusto, quello della semifinale, preposto a tastare le doti di una squadra italiana mai doma che con quel uno-due balotelliano ha forse voltato pagina nella serata di Varsavia nella mentalità del calcio italiano.
Non più quel catenaccio contraddistinto dal difendere e ripartire ma quel voler attaccare e andare a rete il prima possibile per poi tornare a gestire con acume tattico il vantaggio e sperare nel tris come sul 2-0.
In più di una circostanza le folate offensive dei Diamanti, dei Di Natale, ispirate dalle verticalizzazioni dei Pirlo e dei De Rossi a cui si aggiungono anche le fughe in avanti della difesa azzurra coi Chiellini e i Balzaretti avrebbero potuto concretizzare un successo più rotondo.
Così non è stato perchè contro la Germania si è vista anche l'Italia che soffre subendo, per lunghi tratti, l'iniziativa degli avversari. Il discutibile rigore concesso da un buon Lannoy al 90' e realizzato da Oezil è lo specchio che raffigura l'altro volto della selezione azzurra sino al punto da presentare nel dopo gara un polemico Buffon.
Il N.1 degli azzurri (autore di prodigiosi interventi fra i quali degna di nota è la punizione calciata da Schweinsteger e deviata sulla traversa) non ha risparmiato le critiche rivolte ai suoi compagni di sqaudra rei di non aver saputo mantenere alta la guardia nel secondo tempo.
L'auspicio è che questa strigliata produca degli effetti benefici su un gruppo che nella compattezza ha trovato il suo maggior punto di forza in vista della Finale di Kiev. L'Italia così come ha aperto chiuderà questa competizione affrontando nuovamente la Spagna per vincere un titolo europeo che manca dal 1968.
Sì di Cesare Prandelli perchè è una sua creatura. Questa Nazionale è l'incarnazione del miracolo tipicamente italiano. Quel miracolo capace di trasformare ciò che è sfilacciato in ciò che è solido. Una solidità che assume maggiore spessore e valore soprattutto quando l'avversario di turno si chiama Germania.
L'avversario giusto al momento giusto, quello della semifinale, preposto a tastare le doti di una squadra italiana mai doma che con quel uno-due balotelliano ha forse voltato pagina nella serata di Varsavia nella mentalità del calcio italiano.
Non più quel catenaccio contraddistinto dal difendere e ripartire ma quel voler attaccare e andare a rete il prima possibile per poi tornare a gestire con acume tattico il vantaggio e sperare nel tris come sul 2-0.
In più di una circostanza le folate offensive dei Diamanti, dei Di Natale, ispirate dalle verticalizzazioni dei Pirlo e dei De Rossi a cui si aggiungono anche le fughe in avanti della difesa azzurra coi Chiellini e i Balzaretti avrebbero potuto concretizzare un successo più rotondo.
Così non è stato perchè contro la Germania si è vista anche l'Italia che soffre subendo, per lunghi tratti, l'iniziativa degli avversari. Il discutibile rigore concesso da un buon Lannoy al 90' e realizzato da Oezil è lo specchio che raffigura l'altro volto della selezione azzurra sino al punto da presentare nel dopo gara un polemico Buffon.
Il N.1 degli azzurri (autore di prodigiosi interventi fra i quali degna di nota è la punizione calciata da Schweinsteger e deviata sulla traversa) non ha risparmiato le critiche rivolte ai suoi compagni di sqaudra rei di non aver saputo mantenere alta la guardia nel secondo tempo.
L'auspicio è che questa strigliata produca degli effetti benefici su un gruppo che nella compattezza ha trovato il suo maggior punto di forza in vista della Finale di Kiev. L'Italia così come ha aperto chiuderà questa competizione affrontando nuovamente la Spagna per vincere un titolo europeo che manca dal 1968.