BARI. Nata come risposta al sistema Tarantini, l’ex re delle protesi al centro di inchieste su escort e forniture. Ma quelle tre righe inserite in un provvedimento in materia di sanità votato un anno fa dal consiglio regionale avrebbe dovuto far risparmiare decine di milioni di euro: una vera e propria arma nelle mani dei direttori generali per conseguire tagli notevoli di spesa abbattendo il costo di acquisto dai cosiddetti «listini»: si tratta, in pratica, di quei tariffari pubblici resi noti dalle singole aziende fornitrici dal quale si continua ad attingere su «input» dei medici. Cosa dice la norma? Che «a decorrere da 120 giorni successivi alla data di entrata in vigore della presente legge è fatto divieto di utilizzo del "listino" depositato per acquisto di beni e servizi durevoli, farmaci, dispositivi medici o altro materiale sanitario da parte delle aziende e istituti del Servizio sanitario regionale (SSR)». La norma è stata pubblicata nel Burp 52 dell’11 aprile 2011, dunque è in vigore da circa metà agosto. A quest’ora dovevano essere a regime già tutta le Asl, invece il sistema stenta a decollare. O meglio, se i listini non si utilizzano più, si procede con procedure negoziate provvisorie senza fare gare più «complete» e durature nel tempo.
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