di Luigi Laguaragnella. "L'ingresso della libreria torna in via Dante". Il verbo tornare lascia intuire un ritorno all'antico dal riscontro positivo, come se i nostalgici cronici degli anni di vita in bianco e nero possano "tornare" a riassaporare contesti novecenteschi. Ma il restringimento della libreria Laterza non è una proposta accattivante di marketing. Tutt'altro. E' un adeguamento ai tempi odierni. Da mesi girava la notizia della cessione di parte del locale della casa editrice pugliese, simbolo di autorevole cultura non solo regionale, al famosissimo marchio di moda Prada. Allo stilista verranno concessi i metri quadri di via Sparano insieme a quelli della Sisley proprio accanto alla libreria e ceduti ormai da tempo.
Nel salotto buono della città si aggiungerà un'altra grande firma dell'abbigliamento. Grandi nomi di livello internazionale, grandi appeal: forse Bari attrae i marchi internazionali; ma si può parlare anche di grandi prezzi, certamente non accessibili a tutti i cittadini. Eppure bisogna constatare che se Prada apre a Bari avrà tutte le sue buone ragioni.
La moda, l'abbigliamento, la corsa ad accaparrarsi il vestito più chic o fashion suscitano maggior interesse da parte dei cittadini anzichè l'acquisto di un libro. Dopotutto non fa più notizia. Il settore editoriale è in costante crisi e il ridimensionamento della storica Laterza è sintomatico. Significa che il calo è tangibile e scivoloso.
I libri vengono venduti con i contagocce, nonostante la quantità industriale di pubblicazioni di scrittori o pseudoscrittori. E' naturale conseguenza che la casa editrice abbia stipulato l'accordo con Prada: non sono dati ufficiali, ma l'operazione oltre ad una caparra che varia da 1 milione 500mila euro a 3 milioni per il possesso del locale, per l'affitto si parla di cifre attorno ai 25-30mila euro al mese (è da ricordare che anche il locale della Sisley e di proprietà Laterza).
Utilizzando metafore da calciomercato si potrebbe paragonare alla trattativa e di una cospicua tentazione circa l'offerta supermilionaria di 67 milioni di euro lanciata dalla squadra parigina del Psg al Milan per gli assi Ibrahimovic e Thiago Silva. Al Milan ci pensano con maggior calma, ma per una libreria e una casa editrice, che vive drasticamente non solo la crisi economica, ma anche della lettura, onestamente, l'arrivo di Prada, si può dire, che equivalga alla manna di San Nicola.
Laterza almeno continuerà ad esistere e ad operare nel circuito culturale della città. Probabilmente parte della sua re-esistenza è da attribuire allo spazio che storicamente si è conquistata per la qualità delle sue collane e dei suoi scrittori. Altrimenti si sarebbe prospettata una chiusura definitiva, come accade per altre case editrici.
Può ingannare quel verbo "tornare". In realtà il libro perde la sua visibilità, in un'epoca in cui l'immagine è fondamentale per conquistare utenti o clienti e via Sparano rappresenta da sempre una vetrina di qualità. Con il vestito, la scarpa, il pantalone si possono realizzare estrose vetrine che non con i libri.
Per stare al passo col tempo le librerie assumono spazi di sgabuzzini relegati dietro le quinte (via Dante in questo caso). Può ingannare l'idea del ritorno alle origini con l'affascinante proposta della casa editrice di dedicare i sotterranei del nuovo locale esclusivamente agli incontri con gli autori in un clima più raccolto e silenzioso. Certo si fa di necessità virtù, ma in questo caso il "come era prima" sembra un piccolo rispettabile rimedio paragonato allo spazio conquistato negli anni. Bella, però, l'idea: conserva quel sapore della tradizione.
Per quanto riguarda le case editrici proprio la tradizione potrebbe essere una causa per il calo di vendite. Non basta rispettare dei dettami tradizionali in un campo comunque in evoluzione come quello editoriale. Il risultato è un'inevitabile perdita di capitali ed immagine. E non bisogna neanche sbandierare esageratamente come gigante che ha rovinato l'intero settore la politica dello "store" intrapresa da la Feltrinelli che insieme a Laterza sono i colossi del commercio editoriale a Bari.
Si può essere daccordo o meno, ma la Feltrinelli rappresenta il traino e con le attività di contorno come bar e punti di ristorazione crea certamente un luogo d'incontro e di scambio accogliente che in realtà latita soprattutto nelle biblioteche cittadine.
La case editrici tradizionali dovrebbero trovare nuove idee e nuove formule. Seguire la politica commerciale di Feltrinelli non è l'unica via, come non è possibile che qualsiasi casa editrice pubblichi migliaia di copie di libri invenduti, sprecando denaro e carta. Non si può continuare a guardare al dato statistico, al numero, alla cifra: di libri in giro ce ne sono tanti e non tutti di autori affermati o che comunque scrivono per vocazione. Però le case editrici pubblicano, pubblicano, pubblicano! Forse non è questo il caso di Laterza, anche se per restringersi qualche miopia amministrativa l'avrà pur avuta. Non basta seguire la tradizione, si rischia di demonizzare ulteriormente l'innovazione, l'online.
Ancora si percepisce il commercio telematico soprattutto degli ebook, nemico delle case editrici; in realtà potrebbe compensare a tante spese mantenendo una certa dinamicità commerciale e originale. Se Laterza chiude i locali di via Sparano non è solo per "l'online", ma perchè, come altre tradizionali case editrici, storce il naso al web. Per molti è un mondo ancora inesplorato del quale non si conoscono le reali possibilità di guadagno.
Alle librerie, alle case editrici non può bastare stampare, pubblicare e vendere, ma va creato un sistema di comunicazione e di pubblicità giovanile ed efficace. Allora sì che insieme alla tradizione si potrebbero ottenere risultati efficaci. Ma non si può assolutamente guardare al mondo editoriale esclusivamente dal fatturato, semplicemente perchè le idee e la scrittura non possono ritenersi solamente merce.
Forse i canali tradizionali delle classiche librerie subiscono un loro offuscamento, anche perchè sono le biblioteche pubbliche a non funzionare, a non fungere da veri luoghi d'aggregazione e di dibattito, rimanendo anch'esse di nicchia. Come nella maggior parte dei casi baresi manca un sistema integrato e di collaborazione tra le parti che migliorino un settore. La colpa del ridimensionamento di Laterza non si può pensare sia la concorrenza con Feltrinelli. Quest'ultima ormai sembra abbia il monopolio librario, ma ha seminato qualcosa di innovativo e a misura di cittadino, Le altre case editrici sono ancora chiuse nella loro tipicità.
E poi si può mirare al numero di vendite con altre politiche sostenibili: perchè non permettere un'apertura all'ebook almeno degli scrittori alle prime esperienze di penna? Perchè legare uno scrittore al prezzo di copertina? Perchè non far interagire le nuove generazione che di web sono molto più competenti all'interno delle case editrici? Perchè non distribuire virtualmente e a stampa (equamente) libri? E soprattutto perchè continuare a guardare al numero di vendite di un libro?
Il compito e l'arguzia del critico, quella figura che alimenta un dibattito e tiene alta la qualità delle stesure dovrebbero essere maggiormente poste in risalto. Non si tratta di formare elitè per i dotati, ma di creare spazi e figure fin troppo relegate o a singoli pezzi giornalistici o all'ambiente accademico e basta. In fondo le case editrici per rispettare le cifre, avere successo nelle vendite, tralasciano l'aspetto dialettico e creativo che incrementi una certa sensibilità fosse anche solo alla lettura. E' quello che ci vuole attorno al libro a mancare, a renderlo struttura.
In questi giorni in via Sparano gli scaffali della Laterza si stanno svuotando per dar spazio ai lavori del negozio Prada che dovrebbe aprire in autunno. La strada è più vuota di libri in bella vista, ma non è arrivato il momento di guardare all'essenziale del testo e "tornare" ad avere possibilità di nuovi, veri dibattiti culturali distaccati da ossessive cifre economiche. Non tutti possono scrivere libri, come non tutti possono essere veri critici e non tutti possono stampare copie. Ma dare a tutti un po' di queste professionalità sì.
Nel salotto buono della città si aggiungerà un'altra grande firma dell'abbigliamento. Grandi nomi di livello internazionale, grandi appeal: forse Bari attrae i marchi internazionali; ma si può parlare anche di grandi prezzi, certamente non accessibili a tutti i cittadini. Eppure bisogna constatare che se Prada apre a Bari avrà tutte le sue buone ragioni.
La moda, l'abbigliamento, la corsa ad accaparrarsi il vestito più chic o fashion suscitano maggior interesse da parte dei cittadini anzichè l'acquisto di un libro. Dopotutto non fa più notizia. Il settore editoriale è in costante crisi e il ridimensionamento della storica Laterza è sintomatico. Significa che il calo è tangibile e scivoloso.
I libri vengono venduti con i contagocce, nonostante la quantità industriale di pubblicazioni di scrittori o pseudoscrittori. E' naturale conseguenza che la casa editrice abbia stipulato l'accordo con Prada: non sono dati ufficiali, ma l'operazione oltre ad una caparra che varia da 1 milione 500mila euro a 3 milioni per il possesso del locale, per l'affitto si parla di cifre attorno ai 25-30mila euro al mese (è da ricordare che anche il locale della Sisley e di proprietà Laterza).
Utilizzando metafore da calciomercato si potrebbe paragonare alla trattativa e di una cospicua tentazione circa l'offerta supermilionaria di 67 milioni di euro lanciata dalla squadra parigina del Psg al Milan per gli assi Ibrahimovic e Thiago Silva. Al Milan ci pensano con maggior calma, ma per una libreria e una casa editrice, che vive drasticamente non solo la crisi economica, ma anche della lettura, onestamente, l'arrivo di Prada, si può dire, che equivalga alla manna di San Nicola.
Laterza almeno continuerà ad esistere e ad operare nel circuito culturale della città. Probabilmente parte della sua re-esistenza è da attribuire allo spazio che storicamente si è conquistata per la qualità delle sue collane e dei suoi scrittori. Altrimenti si sarebbe prospettata una chiusura definitiva, come accade per altre case editrici.
Può ingannare quel verbo "tornare". In realtà il libro perde la sua visibilità, in un'epoca in cui l'immagine è fondamentale per conquistare utenti o clienti e via Sparano rappresenta da sempre una vetrina di qualità. Con il vestito, la scarpa, il pantalone si possono realizzare estrose vetrine che non con i libri.
Per stare al passo col tempo le librerie assumono spazi di sgabuzzini relegati dietro le quinte (via Dante in questo caso). Può ingannare l'idea del ritorno alle origini con l'affascinante proposta della casa editrice di dedicare i sotterranei del nuovo locale esclusivamente agli incontri con gli autori in un clima più raccolto e silenzioso. Certo si fa di necessità virtù, ma in questo caso il "come era prima" sembra un piccolo rispettabile rimedio paragonato allo spazio conquistato negli anni. Bella, però, l'idea: conserva quel sapore della tradizione.
Per quanto riguarda le case editrici proprio la tradizione potrebbe essere una causa per il calo di vendite. Non basta rispettare dei dettami tradizionali in un campo comunque in evoluzione come quello editoriale. Il risultato è un'inevitabile perdita di capitali ed immagine. E non bisogna neanche sbandierare esageratamente come gigante che ha rovinato l'intero settore la politica dello "store" intrapresa da la Feltrinelli che insieme a Laterza sono i colossi del commercio editoriale a Bari.
Si può essere daccordo o meno, ma la Feltrinelli rappresenta il traino e con le attività di contorno come bar e punti di ristorazione crea certamente un luogo d'incontro e di scambio accogliente che in realtà latita soprattutto nelle biblioteche cittadine.
La case editrici tradizionali dovrebbero trovare nuove idee e nuove formule. Seguire la politica commerciale di Feltrinelli non è l'unica via, come non è possibile che qualsiasi casa editrice pubblichi migliaia di copie di libri invenduti, sprecando denaro e carta. Non si può continuare a guardare al dato statistico, al numero, alla cifra: di libri in giro ce ne sono tanti e non tutti di autori affermati o che comunque scrivono per vocazione. Però le case editrici pubblicano, pubblicano, pubblicano! Forse non è questo il caso di Laterza, anche se per restringersi qualche miopia amministrativa l'avrà pur avuta. Non basta seguire la tradizione, si rischia di demonizzare ulteriormente l'innovazione, l'online.
Ancora si percepisce il commercio telematico soprattutto degli ebook, nemico delle case editrici; in realtà potrebbe compensare a tante spese mantenendo una certa dinamicità commerciale e originale. Se Laterza chiude i locali di via Sparano non è solo per "l'online", ma perchè, come altre tradizionali case editrici, storce il naso al web. Per molti è un mondo ancora inesplorato del quale non si conoscono le reali possibilità di guadagno.
Alle librerie, alle case editrici non può bastare stampare, pubblicare e vendere, ma va creato un sistema di comunicazione e di pubblicità giovanile ed efficace. Allora sì che insieme alla tradizione si potrebbero ottenere risultati efficaci. Ma non si può assolutamente guardare al mondo editoriale esclusivamente dal fatturato, semplicemente perchè le idee e la scrittura non possono ritenersi solamente merce.
Forse i canali tradizionali delle classiche librerie subiscono un loro offuscamento, anche perchè sono le biblioteche pubbliche a non funzionare, a non fungere da veri luoghi d'aggregazione e di dibattito, rimanendo anch'esse di nicchia. Come nella maggior parte dei casi baresi manca un sistema integrato e di collaborazione tra le parti che migliorino un settore. La colpa del ridimensionamento di Laterza non si può pensare sia la concorrenza con Feltrinelli. Quest'ultima ormai sembra abbia il monopolio librario, ma ha seminato qualcosa di innovativo e a misura di cittadino, Le altre case editrici sono ancora chiuse nella loro tipicità.
E poi si può mirare al numero di vendite con altre politiche sostenibili: perchè non permettere un'apertura all'ebook almeno degli scrittori alle prime esperienze di penna? Perchè legare uno scrittore al prezzo di copertina? Perchè non far interagire le nuove generazione che di web sono molto più competenti all'interno delle case editrici? Perchè non distribuire virtualmente e a stampa (equamente) libri? E soprattutto perchè continuare a guardare al numero di vendite di un libro?
Il compito e l'arguzia del critico, quella figura che alimenta un dibattito e tiene alta la qualità delle stesure dovrebbero essere maggiormente poste in risalto. Non si tratta di formare elitè per i dotati, ma di creare spazi e figure fin troppo relegate o a singoli pezzi giornalistici o all'ambiente accademico e basta. In fondo le case editrici per rispettare le cifre, avere successo nelle vendite, tralasciano l'aspetto dialettico e creativo che incrementi una certa sensibilità fosse anche solo alla lettura. E' quello che ci vuole attorno al libro a mancare, a renderlo struttura.
In questi giorni in via Sparano gli scaffali della Laterza si stanno svuotando per dar spazio ai lavori del negozio Prada che dovrebbe aprire in autunno. La strada è più vuota di libri in bella vista, ma non è arrivato il momento di guardare all'essenziale del testo e "tornare" ad avere possibilità di nuovi, veri dibattiti culturali distaccati da ossessive cifre economiche. Non tutti possono scrivere libri, come non tutti possono essere veri critici e non tutti possono stampare copie. Ma dare a tutti un po' di queste professionalità sì.
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