TARANTO. "In riferimento alla relazione del Prof. Giorgio Assennato, Direttore Arpa Puglia, invitato al Simposio Internazionale dal tema: “Benzene, leucemia infantile, e tumori ematopoietici linforeticolarie”, svoltosi nei giorni scorsi a New York e riferito alla presentazione dei dati d’incidenza di tumori a Taranto, in particolare leucemie infantili, ci tengo a fare dovute precisazioni.
Il professore Assennato ha citato un possibile danno da inquinamento valutato in 5 milioni di euro all’anno ma io, come più volte ho ribadito, deduco che i predetti 5 milioni siano molto sottostimati.
Accade che la valutazione viene estrapolata nella maniera che segue: nella provincia di Taranto abbiamo circa 3mila nuovi tumori all’anno e da come dicono anche i periti impegnati nella maxi – inchiesta condotta a Taranto dal GIP Todisco, e che riguarda i reati di disastro ambientale, inquinamento, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose, che vedono come indagati i massimi dirigenti ILVA, per cui si stima che ci sia una maggiore incidenza di tumori considerato in un aumento del 30% rispetto ad altri centri italiani io stimo che calcolando una variabile dal 10 al 30% di una maggiore incidenza di tumori dobbiamo giudicare all’incirca un costo approssimativo di questi tumori in eccesso di circa 50 mila euro all’anno per le cure del 1° anno e circa 20 mila euro all’anno negli gli anni successivi, includendo ovviamente: gli atti diagnostici, gli esami, le valutazioni cliniche eventuali interventi chirurgici, eventuali terapie citostatiche, eventuali radioterapie o quant’altro o complicanze ulteriori.
Stando a questi costi che sono sicuramente minimali se noi ipotizziamo una maggiore incidenza del 10% ci viene che noi ogni anno abbiamo circa 300 tumori e stando ai costi come descritti finora viene per cui il costo minimo stimato è di circa 15 milioni di euro a cui vanno aggiunti i costi degli anni successivi e considerando una media di sopravvivenza di circa 4 anni per ciascun tumore arriviamo ad un costo di circa 21 milioni di euro all’anno se i tumori sono in incremento a Taranto del 10%, e di 63 milioni di euro all’anno se invece questo incremento è dell’ordine del 30%.
Non si esaurisce qui il problema perché ai predetti costi crudi della malattia dobbiamo aggiungere: i costi di perdita del lavoro e quindi il danno economico che questa persona ha subito, e quindi che la società anche subisce, per effetto della malattia, i costi maggiorati degli investimenti in strutture ospedaliere per far fronte alla maggiore quantità di pazienti che gravitano sul territorio, i costi di parenti ed eventuali accompagnatori di questi pazienti che tra sostegno al paziente in terapia e/o nella mobilità passiva affrontano un danno anche economico.
Inoltre, i costi diretti sulla salute non possono essere misurati solo in merito all’impatto ambientale e sanitario dell’inquinamento che si manifesta con i soli tumori perché ci sono tate altre malattie che hanno correlazione con l’ambiente in cui si vive e sono malattie che hanno a che fare con l’apparato respiratorio, l’apparato cardiocircolatorio, l’apparato nervoso e le tutta la varietà di disimmunopatie nonché alterazioni di tipo allergotossico. In tutto ciò si instaura il problema di danno cronico ambientale per il quale si perde la presenza e l’eterogeneità di economie diverse e non inquinanti sul territorio: l’agroalimentare, la zootecnia, la mitilicoltura, l’itticoltura etc etc. ecco perché credo che i danni economici indotti dall’inquinamento ambientale siano molto ma molto superiori rispetto a quelli resi manifesti dal prof Assennato. Egli si riferisce alla specificamente alla questione salute ma anche restando in quel parametro si assiste a costi nettamente superiori, ecco perché ribadisco di divulgare, in ordine agli insediamenti inquinanti sul territorio, come stanno realmente le cose".
Così in una nota il consigliere regionale IdV, Patrizio Mazza.
Il professore Assennato ha citato un possibile danno da inquinamento valutato in 5 milioni di euro all’anno ma io, come più volte ho ribadito, deduco che i predetti 5 milioni siano molto sottostimati.
Accade che la valutazione viene estrapolata nella maniera che segue: nella provincia di Taranto abbiamo circa 3mila nuovi tumori all’anno e da come dicono anche i periti impegnati nella maxi – inchiesta condotta a Taranto dal GIP Todisco, e che riguarda i reati di disastro ambientale, inquinamento, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, getto e sversamento di sostanze pericolose, che vedono come indagati i massimi dirigenti ILVA, per cui si stima che ci sia una maggiore incidenza di tumori considerato in un aumento del 30% rispetto ad altri centri italiani io stimo che calcolando una variabile dal 10 al 30% di una maggiore incidenza di tumori dobbiamo giudicare all’incirca un costo approssimativo di questi tumori in eccesso di circa 50 mila euro all’anno per le cure del 1° anno e circa 20 mila euro all’anno negli gli anni successivi, includendo ovviamente: gli atti diagnostici, gli esami, le valutazioni cliniche eventuali interventi chirurgici, eventuali terapie citostatiche, eventuali radioterapie o quant’altro o complicanze ulteriori.
Stando a questi costi che sono sicuramente minimali se noi ipotizziamo una maggiore incidenza del 10% ci viene che noi ogni anno abbiamo circa 300 tumori e stando ai costi come descritti finora viene per cui il costo minimo stimato è di circa 15 milioni di euro a cui vanno aggiunti i costi degli anni successivi e considerando una media di sopravvivenza di circa 4 anni per ciascun tumore arriviamo ad un costo di circa 21 milioni di euro all’anno se i tumori sono in incremento a Taranto del 10%, e di 63 milioni di euro all’anno se invece questo incremento è dell’ordine del 30%.
Non si esaurisce qui il problema perché ai predetti costi crudi della malattia dobbiamo aggiungere: i costi di perdita del lavoro e quindi il danno economico che questa persona ha subito, e quindi che la società anche subisce, per effetto della malattia, i costi maggiorati degli investimenti in strutture ospedaliere per far fronte alla maggiore quantità di pazienti che gravitano sul territorio, i costi di parenti ed eventuali accompagnatori di questi pazienti che tra sostegno al paziente in terapia e/o nella mobilità passiva affrontano un danno anche economico.
Inoltre, i costi diretti sulla salute non possono essere misurati solo in merito all’impatto ambientale e sanitario dell’inquinamento che si manifesta con i soli tumori perché ci sono tate altre malattie che hanno correlazione con l’ambiente in cui si vive e sono malattie che hanno a che fare con l’apparato respiratorio, l’apparato cardiocircolatorio, l’apparato nervoso e le tutta la varietà di disimmunopatie nonché alterazioni di tipo allergotossico. In tutto ciò si instaura il problema di danno cronico ambientale per il quale si perde la presenza e l’eterogeneità di economie diverse e non inquinanti sul territorio: l’agroalimentare, la zootecnia, la mitilicoltura, l’itticoltura etc etc. ecco perché credo che i danni economici indotti dall’inquinamento ambientale siano molto ma molto superiori rispetto a quelli resi manifesti dal prof Assennato. Egli si riferisce alla specificamente alla questione salute ma anche restando in quel parametro si assiste a costi nettamente superiori, ecco perché ribadisco di divulgare, in ordine agli insediamenti inquinanti sul territorio, come stanno realmente le cose".
Così in una nota il consigliere regionale IdV, Patrizio Mazza.