di Francesco Greco. Leggenda metropolitana. Che l’estate sia la stagione della leggerezza, la vaghezza, il vuoto spinto. Basti pensare all’otium creativo di Marziale, Cicerone, Seneca, Augusto. Semmai è il tempo in cui avviene un’introspezione, uno sguardo impudico dentro se stessi, perché le giornate sono dilatate, scagliate all’infinito e l’aria calda, unta di iodio, pregna di profumi, di colori forti, spinge a decodificare i silenzi in noi. Nessuna levità, o almemo non apparente: trattasi quindi di una fottuta leggenda metropolitana.
Che “Storie da mare” (racconti freschi per lettori da spiaggia), 80144 edizioni, Roma 2012, pp. 160, € 12, relativizza con stile e finezza. E’ un’antologia di 8 racconti (con relativi codici QR) deliziosi, assemblati con gusto da una mano felice, che ci riconciliano con la buona narrativa, non di genere, facendo strame di tanti neo-scrittori montati ad arte da un marketing astuto e devastante, e che poi quando li vai a verificare sul campo quasi sempre ti deludono. Italiani a anche stranieri. Tanto che ti chiedi quali spinte abbiano dato il “la” alle stampe.
Questi 8 narratori invece ti incuriosiscono, vorresti sapere cosa hanno scritto prima e dopo queste storie di mare che di lieve hanno solo il tema, non lo sviluppo, e che sono pure un buon biglietto da visita ma, pensiamo, li abbiano obbligati a contenersi. E se si sono misurati col racconto senza limiti siamo curiosi di conoscerne gli esiti.
E dunque, 8 scannerizzazioni 8 dell’estate colme di illuminazioni e sensualità, sabbia fra i capelli e ciambelle per stare a galla, lettini e suite, chiavi d’accesso del tutto originali e intriganti, finestre affacciate sull’estate mediterranea, e non solo. Sublime “Il cameriere dei ricchi”, di Nadia Terranova, il filosofeggiare di un onesto lavoratore in uno stabilimento balneare “rinasco al primo sole, rinasco in livrea”, da dove osserva il mondo con acute notazioni socio-antropologiche. Su cui spicca la squinzia volgare, figlia di un politico in carriera, si presume altrettanto volgare: must della seconda repubblica. “Da piccolo ho smesso di credere a Dio o a mia madre”, pensa mentre serve bevande a turisti annoiati. Non male come prefessione di disincanto: e ci vuole molto scetticismo per sopportare i Morris, due anziani turisti british e il proprio capo un pò gasato e mal mostoso (ha una liason con la ragazzina viziata), anche dove “l’irrealtà del luogo è talmente palpabile che io stesso ho dubitato della sua esistenza”, e dove comunque succede che ti dicono che è pieno quando c’è ancora posto.
Notevole come scavo psicologico “Il surfista”, di Michele De Caro. Un campione costretto a vincere per rispetto a se stesso e all’idea che gli altri hanno di lui, nonostante sappia che il cartello di Cartagena, che ha investito in scommesse sulla sua sconfitta, e che vorrebbe da lui 100mila dollari, lo ammazzerà. L’onda perfetta non esiste, però appare partorita dall’oceano (“un’onda impossibile, disegnata dalla natura nel suo giorno migliore”) e Nathan la domerà aspettando poi la morte nel suo bungalow, anche se “La colpa era solo sua. La colpa di aver buttato via del talento per pigrizia. E per paura”.
Delizioso “L’annosa questione del pane a ferragosto”, di Simone Arminio. Siamo in Calabria e una famiglia di quelle di una volta si approssima alla spiaggia, ma le donne hanno dimenticato il pane. Il ragazzo si sottopone a un rovente calvario (“qualsiasi cosa per uscire da questo trip”) per trovarlo. Alla fine gliene dà 3 chili un malavitoso che ha pagato il suo debito alla giustizia, che in cambio vuole però fare Ferragosto alla pineta con loro. Accontentato. Della Calabria apprendiamo cose che ignoravamo: si saluta non salutando e si intercala a ‘u vì: Buono a sapersi per le nostre vacanze a Roseto Capo Spulico.
Bello anche “Neve di luglio”, di Tiziana Battisti: la compagna di Claudio va al mare con due “pupazzi di neve”, i due figli viziatissimi di lui. Autoironica (“Sono grassa e brutta, e mi vergogno…”). Li compiace in tutto, anche nell’acquisto di un canotto (“spendo una cifra vergognosa”), pur di assecondarli, ma non riesce a gonfiare: deve farlo una coppietta vicina di spiaggia. Da leggere perché godibilissimi anche i racconti di Ferdinando Esposito (c’è un supermercato dove nei carrelli delle anziane i proprietari infilano preservativi per gonfiare la spesa), Chiara Apicella (una riunione di condominio a Fregene, che non è Corfù, e dove sotto il sole si discute di inferriate da mettere alle finestre, della serie: vacanze intelligenti), Claudio Ferrara, Maria Sole Limodio.
Ripetiamo: siamo curiosi di sapere cos’hanno scritto prima, e dopo queste performance di per sé succose. Se si sono misurati col lungo respiro. Ma che questi siano scrittori a tutto tondo, come dire, mettiamo la mano sul fuoco. La tiratura è limitata: affrettarsi a procurarselo e portarlo al mare con creme solari, pinne, fucile e occhiali…
Che “Storie da mare” (racconti freschi per lettori da spiaggia), 80144 edizioni, Roma 2012, pp. 160, € 12, relativizza con stile e finezza. E’ un’antologia di 8 racconti (con relativi codici QR) deliziosi, assemblati con gusto da una mano felice, che ci riconciliano con la buona narrativa, non di genere, facendo strame di tanti neo-scrittori montati ad arte da un marketing astuto e devastante, e che poi quando li vai a verificare sul campo quasi sempre ti deludono. Italiani a anche stranieri. Tanto che ti chiedi quali spinte abbiano dato il “la” alle stampe.
Questi 8 narratori invece ti incuriosiscono, vorresti sapere cosa hanno scritto prima e dopo queste storie di mare che di lieve hanno solo il tema, non lo sviluppo, e che sono pure un buon biglietto da visita ma, pensiamo, li abbiano obbligati a contenersi. E se si sono misurati col racconto senza limiti siamo curiosi di conoscerne gli esiti.
E dunque, 8 scannerizzazioni 8 dell’estate colme di illuminazioni e sensualità, sabbia fra i capelli e ciambelle per stare a galla, lettini e suite, chiavi d’accesso del tutto originali e intriganti, finestre affacciate sull’estate mediterranea, e non solo. Sublime “Il cameriere dei ricchi”, di Nadia Terranova, il filosofeggiare di un onesto lavoratore in uno stabilimento balneare “rinasco al primo sole, rinasco in livrea”, da dove osserva il mondo con acute notazioni socio-antropologiche. Su cui spicca la squinzia volgare, figlia di un politico in carriera, si presume altrettanto volgare: must della seconda repubblica. “Da piccolo ho smesso di credere a Dio o a mia madre”, pensa mentre serve bevande a turisti annoiati. Non male come prefessione di disincanto: e ci vuole molto scetticismo per sopportare i Morris, due anziani turisti british e il proprio capo un pò gasato e mal mostoso (ha una liason con la ragazzina viziata), anche dove “l’irrealtà del luogo è talmente palpabile che io stesso ho dubitato della sua esistenza”, e dove comunque succede che ti dicono che è pieno quando c’è ancora posto.
Notevole come scavo psicologico “Il surfista”, di Michele De Caro. Un campione costretto a vincere per rispetto a se stesso e all’idea che gli altri hanno di lui, nonostante sappia che il cartello di Cartagena, che ha investito in scommesse sulla sua sconfitta, e che vorrebbe da lui 100mila dollari, lo ammazzerà. L’onda perfetta non esiste, però appare partorita dall’oceano (“un’onda impossibile, disegnata dalla natura nel suo giorno migliore”) e Nathan la domerà aspettando poi la morte nel suo bungalow, anche se “La colpa era solo sua. La colpa di aver buttato via del talento per pigrizia. E per paura”.
Delizioso “L’annosa questione del pane a ferragosto”, di Simone Arminio. Siamo in Calabria e una famiglia di quelle di una volta si approssima alla spiaggia, ma le donne hanno dimenticato il pane. Il ragazzo si sottopone a un rovente calvario (“qualsiasi cosa per uscire da questo trip”) per trovarlo. Alla fine gliene dà 3 chili un malavitoso che ha pagato il suo debito alla giustizia, che in cambio vuole però fare Ferragosto alla pineta con loro. Accontentato. Della Calabria apprendiamo cose che ignoravamo: si saluta non salutando e si intercala a ‘u vì: Buono a sapersi per le nostre vacanze a Roseto Capo Spulico.
Bello anche “Neve di luglio”, di Tiziana Battisti: la compagna di Claudio va al mare con due “pupazzi di neve”, i due figli viziatissimi di lui. Autoironica (“Sono grassa e brutta, e mi vergogno…”). Li compiace in tutto, anche nell’acquisto di un canotto (“spendo una cifra vergognosa”), pur di assecondarli, ma non riesce a gonfiare: deve farlo una coppietta vicina di spiaggia. Da leggere perché godibilissimi anche i racconti di Ferdinando Esposito (c’è un supermercato dove nei carrelli delle anziane i proprietari infilano preservativi per gonfiare la spesa), Chiara Apicella (una riunione di condominio a Fregene, che non è Corfù, e dove sotto il sole si discute di inferriate da mettere alle finestre, della serie: vacanze intelligenti), Claudio Ferrara, Maria Sole Limodio.
Ripetiamo: siamo curiosi di sapere cos’hanno scritto prima, e dopo queste performance di per sé succose. Se si sono misurati col lungo respiro. Ma che questi siano scrittori a tutto tondo, come dire, mettiamo la mano sul fuoco. La tiratura è limitata: affrettarsi a procurarselo e portarlo al mare con creme solari, pinne, fucile e occhiali…
Confermo quanto è stato scritto:belli, deliziosi davvero questi otto racconti. Bravissimi gli scrittori; ad maiora ragazzi, in bocca al lupo!
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