BARI. Rispettare i diritti e contenere la spesa si può, mettendo un argine agli sprechi. E’ questo il cuore e il senso dell’iniziativa messa in campo dal sen. del Pdl, Luigi d’Ambrosio Lettieri, segretario della Commissione Sanità di Palazzo Madama, che ha presentato stamane in Commissione Bilancio un emendamento e un ordine del giorno al decreto legge sulla spending review, in sede di conversione, in merito ad alcune problematiche relative alle professioni sanitarie e che vanno in questa direzione.
Due i fronti: da una parte, evitare al Governo, dopo la condanna della Ue per la mancata applicazione delle specifiche direttive, il doppio salasso relativo al pagamento anche degli interessi sulle cifre che deve versare ai ricorrenti - medici iscritti alle scuole di specializzazione dall’82 al ’91 - quali rimborso, in via retroattiva, delle borse di studio a suo tempo ingiustamente non riconosciute. Un vero bagno di sangue, se si pensa che sono circa 120mila i medici che ancora potrebbero fare ricorso ed ottenere ragione e che sino ad oggi lo Stato ha già pagato a coloro che hanno intentato causa, vincendola, oltre 300 milioni di euro complessivi e vi sono oltre 32mila cause in corso.
Dall’altra parte, riconoscere anche a veterinari, odontoiatri, farmacisti, biologi, chimici, fisici, psicologi e laureati appartenenti ad ulteriori categorie sanitarie non rientranti nell’area medica, ammessi e iscritti dal primo al quinto anno di corso delle scuole post-laurea di specializzazione dell’area sanitaria, l’applicazione del trattamento contrattuale di formazione specialistica di cui all’articolo 37 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, e successive modificazioni. In soldoni: lo stesso riconoscimento economico riservato agli specializzandi medici.
“Si tratta di un problema di giustizia”, afferma d’Ambrosio Lettieri “ma anche di contenimento della spesa. Se il Governo recepisse il nostro emendamento, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca corrisponderebbe per tutta la durata del corso, a titolo forfettario, una borsa di studio ai ricorrenti dell’importo omnicomprensivo di 20mila euro per ogni anno di corso. Non si darebbe, quindi, luogo al pagamento di interessi legali né ad altre somme corrisposte a titolo di rivalutazione monetaria”.
L’ordine del giorno relativo all’equiparazione del trattamento economico degli specializzandi nelle professioni dell’area sanitaria a quella medica, viaggia sullo stesso binario.
“La normativa attualmente in vigore prevede l’applicazione di un ordinamento didattico unico valido sia per i laureati in medicina che per gli altri laureati dell'area sanitaria”, spiega il segretario della Commissione Sanità, “per entrambe le categorie, inoltre, l’impegno richiesto per la formazione specialistica è a tempo pieno, pari quindi a quello previsto per il personale sanitario del Servizio sanitario nazionale. Emergono, però, diverse disparità di trattamento contrattuale tra le due categorie. I laureati in medicina vincitori di concorso sono assegnatari di un contratto di formazione specialistica per l’intera durata del corso e di un trattamento economico pari ad euro 25mila per i primi due anni accademici e ad euro 26mila per gli ultimi tre; gli stessi hanno diritto alla copertura previdenziale e alla maternità. I laureati non medici, al contrario, altrettanto vincitori di concorso, oltre a non essere titolari della medesima posizione contrattuale né dello stesso trattamento economico, sono altresì tenuti a pagare il premio per la copertura assicurativa dei rischi professionali e le tasse universitarie di iscrizione alla scuola di specializzazione”.
“Ad oggi l’equiparazione delle due categorie appare tutt’altro che realizzata nell’ordinamento italiano”, conclude il senatore del Pdl, “il Servizio sanitario nazionale richiede obbligatoriamente il titolo della scuola di specializzazione anche alle figure sanitarie non mediche che vogliano operare nella pubblica sanità. Ci auguriamo, quindi, che l’odg possa rappresentare un impegno concreto del Governo a cambiare le cose”.
Due i fronti: da una parte, evitare al Governo, dopo la condanna della Ue per la mancata applicazione delle specifiche direttive, il doppio salasso relativo al pagamento anche degli interessi sulle cifre che deve versare ai ricorrenti - medici iscritti alle scuole di specializzazione dall’82 al ’91 - quali rimborso, in via retroattiva, delle borse di studio a suo tempo ingiustamente non riconosciute. Un vero bagno di sangue, se si pensa che sono circa 120mila i medici che ancora potrebbero fare ricorso ed ottenere ragione e che sino ad oggi lo Stato ha già pagato a coloro che hanno intentato causa, vincendola, oltre 300 milioni di euro complessivi e vi sono oltre 32mila cause in corso.
Dall’altra parte, riconoscere anche a veterinari, odontoiatri, farmacisti, biologi, chimici, fisici, psicologi e laureati appartenenti ad ulteriori categorie sanitarie non rientranti nell’area medica, ammessi e iscritti dal primo al quinto anno di corso delle scuole post-laurea di specializzazione dell’area sanitaria, l’applicazione del trattamento contrattuale di formazione specialistica di cui all’articolo 37 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, e successive modificazioni. In soldoni: lo stesso riconoscimento economico riservato agli specializzandi medici.
“Si tratta di un problema di giustizia”, afferma d’Ambrosio Lettieri “ma anche di contenimento della spesa. Se il Governo recepisse il nostro emendamento, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca corrisponderebbe per tutta la durata del corso, a titolo forfettario, una borsa di studio ai ricorrenti dell’importo omnicomprensivo di 20mila euro per ogni anno di corso. Non si darebbe, quindi, luogo al pagamento di interessi legali né ad altre somme corrisposte a titolo di rivalutazione monetaria”.
L’ordine del giorno relativo all’equiparazione del trattamento economico degli specializzandi nelle professioni dell’area sanitaria a quella medica, viaggia sullo stesso binario.
“La normativa attualmente in vigore prevede l’applicazione di un ordinamento didattico unico valido sia per i laureati in medicina che per gli altri laureati dell'area sanitaria”, spiega il segretario della Commissione Sanità, “per entrambe le categorie, inoltre, l’impegno richiesto per la formazione specialistica è a tempo pieno, pari quindi a quello previsto per il personale sanitario del Servizio sanitario nazionale. Emergono, però, diverse disparità di trattamento contrattuale tra le due categorie. I laureati in medicina vincitori di concorso sono assegnatari di un contratto di formazione specialistica per l’intera durata del corso e di un trattamento economico pari ad euro 25mila per i primi due anni accademici e ad euro 26mila per gli ultimi tre; gli stessi hanno diritto alla copertura previdenziale e alla maternità. I laureati non medici, al contrario, altrettanto vincitori di concorso, oltre a non essere titolari della medesima posizione contrattuale né dello stesso trattamento economico, sono altresì tenuti a pagare il premio per la copertura assicurativa dei rischi professionali e le tasse universitarie di iscrizione alla scuola di specializzazione”.
“Ad oggi l’equiparazione delle due categorie appare tutt’altro che realizzata nell’ordinamento italiano”, conclude il senatore del Pdl, “il Servizio sanitario nazionale richiede obbligatoriamente il titolo della scuola di specializzazione anche alle figure sanitarie non mediche che vogliano operare nella pubblica sanità. Ci auguriamo, quindi, che l’odg possa rappresentare un impegno concreto del Governo a cambiare le cose”.
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