TARANTO. Accade quello che non ti aspetti o che, forse, era prevedibile in una città ormai stritolata tra il diritto alla salute e quello al lavoro. Scegliere tra la morte sociale – lo spettro della disoccupazione per almeno 20mila lavoratori – e la morte per malattia provocata da quella dannata diossina del più grande stabilimento siderurgico europeo.
La manifestazione sindacale nazionale unitaria di questa mattina a Taranto, infatti, è stata interrotta da un comitato spontaneo autonomo (“Cittadini e lavoratori liberi e pensanti”) composto da Cobas, centri sociali, operai, disoccupati, precari, studenti e ambientalisti. Mentre prendeva la parola il segretario generale della Fiom Maurizio Landini, un veicolo, con a bordo una decina di contestatori, si è fatto spazio tra la folla: lanci di uova e acqua, qualche fumogeno, molti slogan e cori da stadio contro i sindacati accusati di essere «servi di Riva» e «la rovina dell'Italia».
«Rivendichiamo la libertà dal ricatto occupazionale che ha distrutto una città con la complicità dei sindacati» hanno affermato gli esponenti del comitato definendo la vicenda Ilva «una strage di Stato». Momenti di tensione, dunque, superati solo dopo mezz'ora, quando, accompagnati dalle forze dell'ordine, la piazza è ritornata nelle mani degli organizzatori ufficiali che, «proprio giorni prima – rivela lo storico esponente tarantino di Rifondazione Comunista Ciccio Voccoli – avevano negato il diritto di parlare sul palco a queste persone».
IL CORTEO. La mattinata, comunque, era cominciata in tranquillità: i due cortei (uno proveniente dall'Arsenale, l'altro dalla città vecchia) sono confluiti in piazza della Vittoria, scortati da un imponente servizio d'ordine messo in piedi dalla Questura e dalla Prefettura locale. Esercizi commerciali chiusi in segno di solidarietà ai dipendenti Ilva che hanno marciato – assieme a numerose rappresentanze istituzionali dei comuni della provincia ionica – in difesa del loro posto di lavoro e per un ambiente più sano.
IL COMIZIO. «Non accetteremo per nessuna ragione la chiusura dell'Ilva e non ci faremo liquidare in silenzio di fronte alla prospettiva di una disoccupazione» ha detto il segretario della Uil Luigi Angeletti chiedendo «una soluzione normale, ecocompatibile, un piano di bonifica per non arrivare a un disastro sociale di proporzioni bibliche simile a un deserto inquinato». Per il segretario della Cisl Raffaele Bonanni «senza lavoro non c'è salute: bisogna fermare le iniziative drastiche del fermo della produzione. Ci sono state inadempienze da parte di poteri nazionali e locali ma, grazie alle nostre sollecitazioni, si sono investite risorse per migliorare le condizioni ambientali della città e dell'azienda». Un appello, quindi, rivolto alla magistratura «che deve fare giustizia ma non al punto di vedere i danni irreparabili che si possono commettere».
Dopo il blitz degli autonomi, ormai in una piazza semivuota, Susanna Camusso ha criticato i contestatori richiamando l'unità del sindacato e la compostezza della classe operaia tarantina sul protagonismo di pochi. «Non si risana un impianto siderurgico fermandolo: noi vogliamo che gli investimenti si facciano con gli impianti in marcia». Consapevole della difesa del diritto al lavoro in una difficile vertenza sindacale, per l'esponente della Cgil «l'industria è il futuro di Taranto e si riuscirà a produrre senza inquinare».
Dario Durante
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