TARANTO. Il Consigliere regionale Sel, Alfredo Cervellera ha diffuso la seguente dichiarazione:
“La ‘saggia’ Ordinanza del Tribunale del Riesame sul caso Ilva, al di là delle letture faziose delle opposte tifoserie, offre interessanti spunti di riflessione per una città che, pur nella drammatica lacerazione tra ambiente e lavoro, avverte di essere di fronte ad una svolta epocale rispetto al proprio futuro.
Innanzitutto il contemperamento dei suddetti interessi dando ovviamente priorità al diritto alla salute, rispetto a quello al lavoro che comunque non va penalizzato.
In questo la Regione Puglia ha fatto da apripista in Italia con la Legge, di cui sono l’estensore, con la valutazione del danno sanitario, poiché prevede addirittura la chiusura degli impianti qualora non si eliminino da parte delle Aziende le nocività alla salute dei cittadini e dei lavoratori dovute agli effetti inquinanti.
E qui non si tratta solo dell’Ilva, ma di tutte le Aziende incluse nelle Aree ad elevato rischio ambientale di Taranto e di Brindisi: ENI, Cementir ed Enel di Cerano, su cui in questo momento i pseudo ambientalisti tacciono. Di qui le polemiche feroci di Confindustria Puglia contro la Legge, contro me e Nichi Vendola, visti come i ‘nemici’ della libera Impresa.
La scelta estrema poi di un’eventuale chiusura dell’Area a caldo è affidata a dei tecnici (e non al GIP) che agiranno sulla base del pericolo in atto e delle migliori tecnologie possibili per riparare al danno sanitario, dopo aver verificato tutte le condizioni e possibilità per riconvertire ‘ecologicamente’ l’Ilva.
Anche qui la ‘regia’ di Vendola ha dato i suoi frutti: ha fatto rimangiare al Governo Monti il pericoloso conflitto di attribuzione contro la Magistratura e lo ha spinto ad accelerare il rinnovo dell’AIA che tenga conto da subito delle prescrizioni del GIP anticipando le migliori tecnologie stabilite (per il 2016) in sede UE per l’ambientalizzazione della siderurgia europea.
Il vero snodo della questione sarà intorno alle risorse necessarie per attuare la riconversione degli impianti: anche con gli aiuti dei Fondi Europei l’Ilva dovrà accollarsi un pesante onere che rende risibile le somme messe oggi a disposizione per ottemperare alle precedenti prescrizioni.
Riva lo farà o scapperà via da Taranto lasciando a noi i problemi e a lui i profitti di 17 anni di sfruttamento di uno stabilimento che ha ricevuto quasi gratis dallo Stato?.
Sarà determinante su questa scelta l’azione dello Stato, della Regione e degli Enti Locali che non gli devono lasciare vie di scampo e favorire un risarcimento per Taranto (anche imposto con Legge) dai ‘padroni delle ferriere’ che secondo i giudici hanno agito con ‘dolo’, per le immani opere di bonifica da attuarsi nel territorio.
A proposito delle risorse statali per le bonifiche (anche queste pochine, pur se consideriamo i tempi di vacche magre) può vedere Taranto protagonista (è assurda la polemica con la cabina di regia affidata alla Regione): al Comune di Taranto, va affidata la ‘mission’ della pianificazione delle risorse per la riconversione ecologica del nostro territorio attraverso l’esistente polo tecnologico ‘Magna Grecia’, in cui ci sono tutti dalla Camera di Commercio, all’Università, il Politecnico, l’Arpa, il CNR-Talassografico, l’ASL, ecc., a cui si possono aggiungere le imprese.
C’è la necessità, inoltre, di mettere da subito in campo un progetto alternativo per il futuro di Taranto.
Vedo positivamente un affannarsi di Associazioni per avanzare proposte in tal senso, ma a Taranto non dobbiamo incominciare sempre e tutto da capo: nella mia funzione di Vicesindaco tre anni fa, con tutti i Comuni, la Regione, la Provincia, le parti sociali e le Associazioni, giungemmo all’elaborazione di un Progetto Strategico per l’Area Vasta Jonica.
Esso prevedeva lo sviluppo logistico del Porto (Taranto come Rotterdam), la restituzione gratis dallo Stato delle aree demaniali militari per incentivare lo sviluppo turistico e culturale di Taranto (Isola di S. Paolo, Stazione Torpediniere, polo museale) la costituzione del Polo Universitario, il rafforzamento del CNR e dell’Arpa per le operazioni di bonifica e di riconversione del territorio, ecc..
Ripartiamo da lì nella discussione e verifichiamo concretamente quali Fondi europei, statali e regionali sono possibili per uno sviluppo alternativo che ci affranchi dai ricatti occupazionali e dalle monoculture della Difesa prima e dell’industria pesante oggi. Per quanto mi riguarda io sono a diposizione per l’esperienza pregressa acquisita al Comune per far attuare con l’aiuto della Regione un Piano Strategico condiviso per una nuova ‘ripartenza’ di Taranto e per la sua svolta epocale.
Però per agire con ‘credibilità politica’ e realizzare un Progetto così ambizioso la nostra comunità, a partire dalla sua classe dirigente, deve procedere da subito ad una ‘bonifica morale’ al suo interno. La cultura del sospetto porta ai tanti ‘Masaniello’ scesi in piazza sull’onda del qualunquismo contro tutti (politici, sindacalisti, giornalisti, tecnici, preti ecc.) seguendo la moda di Grillo e desiderosi di far politica sguazzando nel fango.
Non siamo tutti uguali.
Per me (e come me ce ne sono tanti) la politica significa, impegno civile al servizio dei lavoratori e dei cittadini, la costruzione di una società più giusta, per cui a quella Magistratura che ha tanti meriti in questa vicenda dell’Ilva chiedo di fare chiarezza con fatti accertati, nomi e cognomi dei tanti implicati nell’indagine ‘ambiente venduto’ (per posti di lavoro o per regalie).
Non si può ridurre tutto a ‘gossip’, come afferma con fine ironia il Procuratore Sebastio, chi si è venduto si tolga di mezzo per permettere a chi ha sempre agito con schiena dritta ed onestà di poter indicare credibilmente la strada politica per un futuro diverso per Taranto”.
“La ‘saggia’ Ordinanza del Tribunale del Riesame sul caso Ilva, al di là delle letture faziose delle opposte tifoserie, offre interessanti spunti di riflessione per una città che, pur nella drammatica lacerazione tra ambiente e lavoro, avverte di essere di fronte ad una svolta epocale rispetto al proprio futuro.
Innanzitutto il contemperamento dei suddetti interessi dando ovviamente priorità al diritto alla salute, rispetto a quello al lavoro che comunque non va penalizzato.
In questo la Regione Puglia ha fatto da apripista in Italia con la Legge, di cui sono l’estensore, con la valutazione del danno sanitario, poiché prevede addirittura la chiusura degli impianti qualora non si eliminino da parte delle Aziende le nocività alla salute dei cittadini e dei lavoratori dovute agli effetti inquinanti.
E qui non si tratta solo dell’Ilva, ma di tutte le Aziende incluse nelle Aree ad elevato rischio ambientale di Taranto e di Brindisi: ENI, Cementir ed Enel di Cerano, su cui in questo momento i pseudo ambientalisti tacciono. Di qui le polemiche feroci di Confindustria Puglia contro la Legge, contro me e Nichi Vendola, visti come i ‘nemici’ della libera Impresa.
La scelta estrema poi di un’eventuale chiusura dell’Area a caldo è affidata a dei tecnici (e non al GIP) che agiranno sulla base del pericolo in atto e delle migliori tecnologie possibili per riparare al danno sanitario, dopo aver verificato tutte le condizioni e possibilità per riconvertire ‘ecologicamente’ l’Ilva.
Anche qui la ‘regia’ di Vendola ha dato i suoi frutti: ha fatto rimangiare al Governo Monti il pericoloso conflitto di attribuzione contro la Magistratura e lo ha spinto ad accelerare il rinnovo dell’AIA che tenga conto da subito delle prescrizioni del GIP anticipando le migliori tecnologie stabilite (per il 2016) in sede UE per l’ambientalizzazione della siderurgia europea.
Il vero snodo della questione sarà intorno alle risorse necessarie per attuare la riconversione degli impianti: anche con gli aiuti dei Fondi Europei l’Ilva dovrà accollarsi un pesante onere che rende risibile le somme messe oggi a disposizione per ottemperare alle precedenti prescrizioni.
Riva lo farà o scapperà via da Taranto lasciando a noi i problemi e a lui i profitti di 17 anni di sfruttamento di uno stabilimento che ha ricevuto quasi gratis dallo Stato?.
Sarà determinante su questa scelta l’azione dello Stato, della Regione e degli Enti Locali che non gli devono lasciare vie di scampo e favorire un risarcimento per Taranto (anche imposto con Legge) dai ‘padroni delle ferriere’ che secondo i giudici hanno agito con ‘dolo’, per le immani opere di bonifica da attuarsi nel territorio.
A proposito delle risorse statali per le bonifiche (anche queste pochine, pur se consideriamo i tempi di vacche magre) può vedere Taranto protagonista (è assurda la polemica con la cabina di regia affidata alla Regione): al Comune di Taranto, va affidata la ‘mission’ della pianificazione delle risorse per la riconversione ecologica del nostro territorio attraverso l’esistente polo tecnologico ‘Magna Grecia’, in cui ci sono tutti dalla Camera di Commercio, all’Università, il Politecnico, l’Arpa, il CNR-Talassografico, l’ASL, ecc., a cui si possono aggiungere le imprese.
C’è la necessità, inoltre, di mettere da subito in campo un progetto alternativo per il futuro di Taranto.
Vedo positivamente un affannarsi di Associazioni per avanzare proposte in tal senso, ma a Taranto non dobbiamo incominciare sempre e tutto da capo: nella mia funzione di Vicesindaco tre anni fa, con tutti i Comuni, la Regione, la Provincia, le parti sociali e le Associazioni, giungemmo all’elaborazione di un Progetto Strategico per l’Area Vasta Jonica.
Esso prevedeva lo sviluppo logistico del Porto (Taranto come Rotterdam), la restituzione gratis dallo Stato delle aree demaniali militari per incentivare lo sviluppo turistico e culturale di Taranto (Isola di S. Paolo, Stazione Torpediniere, polo museale) la costituzione del Polo Universitario, il rafforzamento del CNR e dell’Arpa per le operazioni di bonifica e di riconversione del territorio, ecc..
Ripartiamo da lì nella discussione e verifichiamo concretamente quali Fondi europei, statali e regionali sono possibili per uno sviluppo alternativo che ci affranchi dai ricatti occupazionali e dalle monoculture della Difesa prima e dell’industria pesante oggi. Per quanto mi riguarda io sono a diposizione per l’esperienza pregressa acquisita al Comune per far attuare con l’aiuto della Regione un Piano Strategico condiviso per una nuova ‘ripartenza’ di Taranto e per la sua svolta epocale.
Però per agire con ‘credibilità politica’ e realizzare un Progetto così ambizioso la nostra comunità, a partire dalla sua classe dirigente, deve procedere da subito ad una ‘bonifica morale’ al suo interno. La cultura del sospetto porta ai tanti ‘Masaniello’ scesi in piazza sull’onda del qualunquismo contro tutti (politici, sindacalisti, giornalisti, tecnici, preti ecc.) seguendo la moda di Grillo e desiderosi di far politica sguazzando nel fango.
Non siamo tutti uguali.
Per me (e come me ce ne sono tanti) la politica significa, impegno civile al servizio dei lavoratori e dei cittadini, la costruzione di una società più giusta, per cui a quella Magistratura che ha tanti meriti in questa vicenda dell’Ilva chiedo di fare chiarezza con fatti accertati, nomi e cognomi dei tanti implicati nell’indagine ‘ambiente venduto’ (per posti di lavoro o per regalie).
Non si può ridurre tutto a ‘gossip’, come afferma con fine ironia il Procuratore Sebastio, chi si è venduto si tolga di mezzo per permettere a chi ha sempre agito con schiena dritta ed onestà di poter indicare credibilmente la strada politica per un futuro diverso per Taranto”.