Crisi: "A rischio 172 mila posti nelle pmi"

ROMA. "Nel secondo semestre di quest'anno rischiamo di perdere 202.000 posti di lavoro. Di questi, ben 172.000 sono in forza tra le piccole e medie imprese". A questo risultato e' giunta la Cgia di Mestre che ha elaborato questa stima incrociando i dati occupazionali dell'Istat e quelli di previsione realizzati da Prometeia.

"Il risultato emerso e' preoccupante: rispetto al secondo trimestre del 2012, nella seconda parte dell'anno corriamo il rischio di ritrovarci con 202.000 occupati in meno. Se teniamo conto che circa 30.000 esuberi sono riconducibili ad addetti occupati nelle grandi aziende che hanno aperto un tavolo di crisi presso il ministero dello Sviluppo Economico, gli altri 172.000 sono alle dipendenze delle piccole e medie imprese", sottolinea la Cgia. "Premesso che negli ultimi quattro anni la variazione dei posti di lavoro riferiti alla seconda parte dell'anno e' sempre stata negativa - dichiara Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia - la stima riferita al 2012 e' comunque peggiore solo al dato di consuntivo riferito al 2009. Purtroppo - prosegue Bortolussi - in queste ore non si sta consumando solo la drammatica situazione dei lavoratori dell'Alcoa o dei minatori del Carbosulcis, ma anche quella di decine e decine di migliaia di addetti delle pmi che rischiano di rimanere senza lavoro".

La Cgia invita il Governo ad aiutare le pmi. "Le ristrutturazioni industriali avvenute negli anni '70, '80 e nei primi anni '90 presentavano un denominatore comune. Chi veniva espulso dalle grandi imprese spesso rientrava nel mercato del lavoro perche' assunto in una pmi. Oggi anche queste ultime sono in difficolta' e non ce la fanno piu' a creare nuovi posti di lavoro. Per ridare slancio alle piccole realta' imprenditoriali che continuano ad essere l'asse portante della nostra economia diventa determinante recepire in tempi brevissimi la Direttiva europea contro il ritardo dei pagamenti, per garantire una certezza economica a chi, attualmente, viene pagato mediamente dopo 120/180 giorni dall'emissione della fattura. Bisogna trovare il modo - conclude Bortolussi - per agevolarne l'accesso al credito, altrimenti l'assenza di liquidita' rischia di buttarle fuori mercato. Infine, bisogna alleggerire il carico fiscale premiando anche i lavoratori dipendenti, altrimenti sara' estremamente difficile far ripartire i consumi interni".

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