Ilva: "Portare impianti al minimo". Clini: "Se chiude qualcuno fa festa"

BARI. Dalla prossima settimana l'Ilva di Taranto dovra' rallentare la produzione per consentire l'adeguamento degli impianti sequestrati il 26 luglio perche' inquinanti. E' quanto si evince da una direttiva che la Procura di Taranto ha consegnato ai custodi giudiziari.

Nella direttiva si ricorda che il sequestro e' senza facolta' d'uso. Secondo i pm, non sarebbe possibile adeguare gli impianti dal punto di vista ambientale e contemporaneamente produrre acciaio in quanto gli stessi inquinano.

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Al 'Tavolo' Vendola, il ministro Clini, il vicepresidente della Commissione europea Tajani,il sottosegretario allo sviluppo De Vincenti, parlamentari di vari partiti. Una sessione d'incontro si è svolta col presidente Ilva, Ferrante.

Una manifestazione e' in corso a Taranto contro il fatto che il 'tavolo' si tiene a Bari; nella citta' ionica, nel pomeriggio, Clini incontra gli ambientalisti.

CLINI: SE CHIUDE QUALCUNO FA FESTA - ''Se chiude il piu' grande centro siderurgico d'Europa, in una situazione critica nel settore dell'acciaio a livello europeo, abbiamo qualcuno che fa festa''. Lo ha detto il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, a Bari conclusione del tavolo istituzionale sull'Ilva. ''Dobbiamo avere a mente questa questione - ha aggiunto - perche' non possiamo essere candidi come le colombe, dobbiamo avere anche l'astuzia del serpente. Clini ha ribadito di riferirsi ai grossi gruppi industriali.

AZIENDA: PRODUZIONE RIDOTTA INQUINA DI PIU' - ''Io so, per quanto dicono i tecnici, che se si abbassa il livello produttivo, o meglio il livello di funzionamento degli impianti, si inquina di piu'. C'e' un limite di inquinamento minimo che va tenuto presente''.
Lo ha detto il presidente Ilva, Bruno Ferrante, sulla direttiva della Procura di Taranto ai custodi giudiziari. La direttiva impone dalla prossima settimana una drastica e graduale riduzione della produzione per risanare gli impianti sequestrati.

MAZZA: SITUAZIONE SANITARIA GRAVE - “La situazione sanitaria di Taranto è grave e l’esposizione continuata agli inquinanti emessi dall’impianto siderurgico ha causato e causa nella popolazione, oltre che negli operai, fenomeni degenerativi di apparati diversi dell’organismo umano che si traducono in eventi di malattia e morte” questi concetti ho sempre espresso in passato per Taranto, quando come direttore di Ematologia del Moscati, nella città bi-mare, e vicepresidente dell’AIL, verificavo l’aumento delle patologie tumorali ed invocavo insieme ai malati ed agli ambientalisti attenzione da parte dei politici in considerazione della gravissima situazione ambientale.

Sono due anni che nella veste di consigliere regionale ribadisco le medesime asserzioni e aggiungo che la monocoltura dell’acciaio a Taranto ha provocato sicuramente vittime in carne ed ossa, strazio ed impoverimento nelle famiglie, ma anche danni economici e danni culturali catastrofici all’intero territorio. Infatti, con quali parametri vogliamo calcolare i danni alla zootecnia (oltre 2700 capi di ovini abbattuti)e al comparto lattiero caseario? E i danni alla mitilicoltura del primo seno del Mar Piccolo: come danno del prodotto al macero o anche fine di un sistema produttivo, danno del patrimonio storico culturale del territorio ionico a livello mondiale? E come calcolare i danni al turismo, i danni alle speranze di tutte quelle migliaia di giovani, di universitari, di professionisti che fuggono da un territorio che non sa offrire altro che la cultura dell’inquinamento, dove ci si arrabatta per resistere perché non c’è alternativa all’economia delle industrie inquinanti?

Oggi a Bari il nostro presidente Vendola insieme a politici e rappresentanti istituzionali, dovrà intavolare la ‘questione Taranto’ e mi permetto di ricordagli con le sue stesse parole pronunciate nel 2006, prima di fare visita all’ILVA , all’epoca riguardanti il dissesto economico della città, ma che adesso calzano a pennello per il disastro ambientale che viene imputato alla grande industria: ‘C’è bisogno di giustizia e verità. Se a Taranto non ci sarà la capacità di raccontare tutta la verità, svelare il livello di inquinamento morale, economico, civile’ – io aggiungo ambientale – ‘che s’è determinato sarà difficile costruire il riscatto’.

Ebbene la politica nazionale, regionale, provinciale, comunale, la grande assente nell’intera questione, come evidenziato dalla magistratura, non si lasci sfuggire l’occasione di riscattarsi almeno moralmente, fino a che è in tempo, contribuendo a programmare un diverso futuro per Taranto, basato sulla vera vocazione del territorio sulle sue risorse naturali, paesaggistiche, e storiche, sul desiderio di rinascita di una intera comunità, perché come hanno ribadito gli operai, tutti, in ogni intervista se ci fosse altro lavoro sarebbero ben più contenti piuttosto che rischiare per un tozzo di pane la salute.

Caro Presidente se ancora si emoziona nel parlare ai bambini, come disse a quelli della scuola Vico del quartiere Tamburi a Taranto nel 2006 quando gridò: ‘Ecco chi sono i cittadini che dovranno salvare Taranto!’, torni a Taranto ad emozionarsi con i bambini e chieda perché gli è vietato persino di giocare nei giardini pubblici a causa dell’inquinamento che pervade i terreni del quartiere e se ancora si emoziona ascoltando i loro disagi pensi che bisogna prima di tutto salvare quei bambini, se vogliamo che quei bambini salvino Taranto da certi adulti e certa politica sorda al rispetto di diritti costituzionalmente garantiti”.

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