Made in Italy, giovani stilisti all’attacco

di Francesco Greco. Ignorati dai governi d’ogni tipo, politici e tecnici, che pure si riempiono la bocca di made in Italy; dai mass media sempre pronti a cantare nel coro elogiando le griffe più in vista (che grazie ai loro investimenti più che cospicui possono permettersi di comprare spazi sulle riviste e di conseguenza osannati da direttori e affini, anche se a volte creano cose orribili). Tenuti ai margini del serraglio delle sfilate e delle Fiere troppo costose, un circo barnum che vive di provocazioni, elitarismi, paradossi e che pure nel confronto con le idee originali e la nuova linfa creativa ne trarrebbe giovamento.

La sensazione, fastidiosa, è quella di un arroccamento generazionale, una chiusura fuori dal tempo delle griffe consacrate che assurdamente evitano ogni dialettica con i nuovi stilisti e creativi se non, come accade, per sfruttare le loro idee con stage, contratti non retribuiti e a volte veri e propri furti dei disegni proposti. Per la conservazione masochistica dello status quo, di cristallizzati equilibri. Ma adesso i creativi italiani emergenti hanno deciso di uscire dall’angolo buio e far sentire forte e chiara la loro voce. Si sono messi in rete, per la serie: “l’unione fa la forza”.

Non solo per un fatto di visibilità, pur necessaria a farsi notare in un mondo che dell’apparenza fa un archetipo, ma anche per una difesa reale del made in Italy, ormai ridotto a una scatola vuota, uno slogan retorico fra delocalizzazioni in angoli sperduti del pianeta (per sfruttare la manodopera, spesso infantile) e scalate con cui i marchi stranieri assorbono quelli italici. La stilista romana Laura Azzariti (“Princess handle with care”) è la “portavoce” e in questa intervista dimostra di avere le idee chiare necessarie a combattere la crisi che attraversiamo.

Insomma, i giovani stilisti, come vedremo, non le mandano certo a dire “stanchi - premette – di veder comparire sempre gli stessi marchi, che sovraffollano a pagamento le pagine dei giornali di moda senza che venga dato spazio ai giovani, ci siamo uniti su Facebook in un progetto che ho chiamato ironicamente “Stilisti & creativi senza un euro verso il successo”.

Domanda: Con quali obiettivi? Risposta: “Il gruppo unisce molti creativi di tutte le Regioni italiane, con generi e settori diversi, ma tutti uniti dal made in Italy, dalla voglia di farsi conoscere ed emergere aiutandosi l’un l’altro, creando sinergie che portino a progetti reali, spesso mettendo il proprio lavoro e le rispettive conoscenze a disposizione di chi ne ha bisogno, anche gratuitamente”. D. Se tra di voi c’è grande solidarietà, non si può dire che dall’esterno ne venga poi tanta, anzi, il sistema presenta alcune contraddizioni…

R. “In Italia nessuno aiuta chi fa il vero made in Italy. Un’azienda che importa a bassissimo costo prodotti che rivende a prezzi esagerati non solo paga le tasse in maniera uguale a chi fatica per produrre qui, ma è sempre sotto la luce dei riflettori, mentre i giovani talenti faticano in tutto e per tutto”. 

D. In Europa c’è più apertura verso il nuovo, più possibilità, opzioni…
R. “E’ vero, i giovani non sono lasciati a loro stessi. Quanti di noi hanno scritto a riviste non ricevendo neanche una risposta negativa? Perché ai concorsi e agli eventi importanti ci si arriva sempre e solo per conoscenze? Partecipare alle sfilate e alle Fiere costa uno sproposito e chi non se lo può permettere, anche avendo talento, è escluso”.

D. Che fare?
R. “E’ ora di cercare, scovare, dare risalto a chi non ha possibilità economiche ma lotta lavorando anche 14 ore al giorno per crearsi la sua nicchia, con immensa passione e dando lavoro alle maestranze italiane”.

D. E’ un momentaccio per tutti, soprattutto per voi emergenti…
R. “Nessun buyer o showroom importante ti considera, magari solo a percentuali enormi per poi lasciare il tuo prodotto senza seguirlo né proporlo, a meno che tu non sia già famoso; i negozi a volte ti sfruttano chiedendoti conto vendita oppure si riscontra molta difficoltà nel ricevere i pagamenti, aziende di tessuti che ti lasciano senza stoffe perché hanno deciso di non produrle più, mentre le hai usate per farci un campionario; riviste che non prendono in considerazione il nostro lavoro perché non puoi il dovuto per comprare le loro pagine, e potrei continuare all’infinito”. 

D. Oltre ad affacciarvi su Facebook avete altre idee in progress? 
R. “Ho tantissime idee che di certo richiederanno tempo e studio per essere realizzate. Vorrei arrivare col gruppo a creare eventi e Fiere indipendenti, accessibili a tutti, a differenza di quelle già esistenti che hanno costi insostenibili. Vorremmo coinvolgere boutique con la mentalità aperta che possano creare anche piccoli corner per le creazioni dei giovani. Spero un giorno di poter arrivare a creare una città della moda, magari chiedendo dei finanziamenti europei e usando una delle tante megastrutture che il governo fa costruire a suon di mazzette e poi abbandona, inutilizzate, al logorio del tempo. Ho vissuto a Parigi, ho visto cosa vuol dire essere un Paese europeo, ti cambia la mentalità, non puoi regredire e la mia si scontra costantemente con un Paese in sfacelo, ma dove ho deciso di restare e combattere. Invito allora stilisti , creativi, giovani a venire nel nostro gruppo e spero finalmente qualche direttore di riviste, buyer e affini”. 

D. E alle istituzioni cosa dite? 
R. “Parlare col premier Monti o i politici è impossibile, ho scritto molte volte ma non ho mai ricevuto risposta, forse un giorno deciderò di affittare una tenda e rimanere davanti a Montecitorio finché non sarò ascoltata. Allora lanciamo loro una sfida: tenete davvero a questo Paese e al made in Italy? Bene, allora dimostratelo con i fatti: a chi produce all’estero tasse più alte e Iva al 25%; per chi invece fa il vero made in Italy tasse più basse e Iva al 15%. Non è una questione che riguarda solo gli stilisti ma, dalle aziende ai fotografi, ogni attività collegata: se si ferma lo stilista che ha l’idea principale si fermano tutti gli altri”.

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