Supersano, a passo lento per lo sviluppo del Salento

di Francesco Greco. Back to future: ritorno al futuro. A passo lento, please. Con la saggezza dei padri, la dialettica arcaica e possente delle loro radici e l’audacia dei figli acculturati che vogliono mettere in soffitta il trolley e autovalorizzarsi all’ombra degli ulivi secolari avuti in eredità. Per reagire alla brutalità dello spread e alla stoltezza della finanza creativa, tornando a produrre beni, non chiacchiere, scacciando l’ombra sinistra del default. E dunque, elogio della lentezza, del respiro meridiano insonne, la ricerca pigra del tempo perduto, da restituire alla sua naturale sensualità, i silenzi delle campagne screziati da cicale petulanti, gli incanti del paesaggio di mare e terra, controre roventi quando le pietre dormono e i fichi mormorano alle lucertole dalla faccia di dado, gechi curiosi misurano le volte a stella, idiomi meltin’ pot restituiti al loro etimo più nobile, affabulazione dolce fra generazioni ansiose di donare e ricevere.

Il futuro del Salento passa anche da qui ora che siderurgia e chimica hanno fallito (con la classe politica che l’ha imposto ex abrupto) spingendo l’homo salentinus alla folle opzione pane-vita e il Tac s’è squagliato come la medusa al sole. In una languida sera di settembre, Supersano, cuore di Terra d’Otranto di cui surroga ogni semantica, mette in evidenza le sue eccellenze nel delizioso cortile di palazzo Ferrazzi (la proprietaria Chiara vive fra La Spezia e il Salento: è erede di un’azienda agricola fondata a fine ‘800 da Attilio e Luigi Ferrazzi), 17 masserie (5 quelle restaurate), il delizioso gelato alla crema di fichi (Margottini), i ricchi palazzi che danno su Corso Vittorio Emanuele, il fascinoso e misterioso Bosco Belvedere, le ippovie nuova frontiera del turismo appena inaugurate da Fitetrec-Ante Puglia, le confetture di “Supersano Bio” dell’AGF Ferrazzi: “Ve le consiglio, ne ho fatto le bomboniere alle nozze di mio figlio – sorride Celimanna Marini, la moglie del sindaco – la mousse di cipolle poi è una vera delizia!”.

Serata intensa condotta da Simona Varrazza (“Le Stànzie”), cortile colmo di aspiranti imprenditori: l’Azienda agricola “Stànzie” (da una vecchia stazione di posta) nata da un’idea di Donatuccio Fersino, ha indetto un concorso: 5mila € al miglior progetto da presentare entro il 30 settembre 2013 (bando completo su www.lestanzie.it). Saluto del sindaco Roberto De Vitis, presentazione del bando di Daniela Marini (laurea in lingue a Bologna, tornata ha fondato “Moma”, agenzia di servizi e consulenze di ogni genere), parole appassionate di Rocco Martella (ricercatore, “attenti al nuovo colonialismo”) e Giulio Sparascio (presidente provinciale Cia, agriturismo “Gli Ulivi”), 'passerella' con gaffe dell’assessore regionale all’Agricoltura Dario Stefàno durante la quale dipinge una Puglia da isola che non c’è: 55mila nuove assunzioni, boom turistico, export alle stelle secondo l’Istat. Peccato che da tale Eden fuggono 100mila pugliesi l’anno, specie “cervelli” che è costato salato formare. Della serie voli onirici e desideri scambiati per realtà: meglio stare piedi a terra procedendo a passo lento.

Fabiana Renzo (nella foto di Francesco Spadafora ultima a destra al tavolo dei relatori) è nata a Morciano di Leuca. Laureata in Scienze della Comunicazione a “La Sapienza” (Roma), è tornata per dare quel che sa alla sua terra. Il know-how nel progetto “Slow Foot” (Passo lento): in rete le interfacce del Salento amato e cliccato nel mondo.

Domanda: Come nasce Slow Foot?

Risposta: “Dalla riflessione che per comprendere un territorio si dovrebbe rallentare, per leggerlo in profondità, carpirne i profumi e le sfumature della complessità. Si dice che il Salento è la terra dove le pietre parlano e per ascoltarle non si può camminare velocemente. E’ un’idea elaborata con una ricerca di 2 anni all’interno della cattedra di Ergonomia diretta dalla prof. Ivetta Ivaldi con cui collaboro”.

D. Ha definito i Comuni , indicando nel loro non fare sistema una criticità che depotenzia le possibilità di avanzamento…

R. “Ognuno ha le sue specificità, storia, cultura, tradizioni: il territorio è omogeneo ma frazionato nelle strategie. Può diventare un’organizzazione strutturata a livelli funzionali differenti: coordinarsi e operare per obiettivi condivisi per capire come svilupparsi nella sostenibilità”.

D. Pensa che il Salento abbia potenzialità inespresse?

R. “E’ una terra meravigliosa, entrandoci è come se ci si rendesse conto di un’altra dimensione. Ogni criticità può essere trasformata in potenzialità, energia propulsiva di cambiamento”.

D. Oltre al pomodoro novello di Morciano e di Tiggiano, ci sono altri prodotti indigeni da valorizzare?

R. “Gli africani, dolcetti tipici di Morciano, le sagne torte, il Bianco d’Alessano, i pizzi, le piante spontanee del timo, le zavirne, o le meravigliose opere d’arte che sono i capperi, gli ulivi secolari a guardia dell’immaginario, le pajare, i curti, i muretti a secco che adornano le campagne. Sono fortunata: la vita mi ha fatto il dono di nascere nel Capo di Leuca”.



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