BARI. Impegnare il Governo a “sospendere l'autorizzazione alla ricerca di petrolio al largo delle Isole Tremiti, in attesa di conoscere gli esiti della conferenza internazionale di Trieste del 9 novembre”, e a “varare un decreto legge per l’istituzione nell'Adriatico della Zona di Protezione Ecologica e della Pesca in cui siano vietate le attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi”. E’ quanto previsto dalla mozione parlamentare presentata da Michele Bordo (PD) e sottoscritta da tanti altri deputati del Partito Democratico, con in testa i pugliesi.
Il documento, oltre a ricostruire l’iter autorizzativo delle indagini geosismiche che vorrebbe effettuare la multinazionale Petroceltic Elsa, interpreta la volontà di “popolazioni, istituzioni locali e regionali, parlamentari, organizzazioni economiche e associazioni ambientaliste” che “hanno contestato esplicitamente, con atti formali e manifestazioni pubbliche, la previsione che l’Adriatico possa diventare un bacino petrolifero”.
“Le ragioni di una così diffusa e radicata protesta sono certamente di carattere ambientale, considerata la presenza della Riserva marina delle Isole Tremiti e del Parco Nazionale del Gargano nell'area interessata dalle ricerche – aggiunge Bordo – ma anche economico e sociale, giacché sulle sponde dell’Adriatico si affacciano centinaia di comunità che traggono buona parte della loro ricchezza dal turismo e dalla pesca per le quali è indispensabile la salubrità dell’acqua”. Inoltre, fa rilevare il deputato del PD, “che senso avrebbe consentire indagini, comunque invasive dell’ambiente marino dell'Adriatico, mentre si sta preparando una Conferenza internazionale nella quale sarà posto il tema del divieto di estrazione del petrolio dal fondale di questo delicatissimo ecosistema?”.
Ciò spiega le richieste al Governo, contenute nella mozione, di sospendere l'autorizzazione, già rilasciata, alle indagini e di ricorrere al decreto legge per l’istituzione nell'Adriatico della Zona di Protezione Ecologica e della Pesca che “può essere legittimamente adottato per fondate ragioni di urgenza allo scopo di superare una previsione normativa, quella del decreto legislativo 128 del 2010, giudicata da migliaia di cittadini e centinaia di istituzioni e organizzazioni civiche inadatta a tutelare il mare e le popolazioni”. “E’ arrivato il tempo di compiere una scelta politica chiara sul futuro dell’Adriatico – conclude Michele Bordo – Partendo da una certezza: le manifestazioni di questi due anni hanno reso evidente al precedente e all’attuale Governo che i cittadini non vogliono vedere trivelle e piattaforme petrolifere in mezzo al loro mare”.
Il documento, oltre a ricostruire l’iter autorizzativo delle indagini geosismiche che vorrebbe effettuare la multinazionale Petroceltic Elsa, interpreta la volontà di “popolazioni, istituzioni locali e regionali, parlamentari, organizzazioni economiche e associazioni ambientaliste” che “hanno contestato esplicitamente, con atti formali e manifestazioni pubbliche, la previsione che l’Adriatico possa diventare un bacino petrolifero”.
“Le ragioni di una così diffusa e radicata protesta sono certamente di carattere ambientale, considerata la presenza della Riserva marina delle Isole Tremiti e del Parco Nazionale del Gargano nell'area interessata dalle ricerche – aggiunge Bordo – ma anche economico e sociale, giacché sulle sponde dell’Adriatico si affacciano centinaia di comunità che traggono buona parte della loro ricchezza dal turismo e dalla pesca per le quali è indispensabile la salubrità dell’acqua”. Inoltre, fa rilevare il deputato del PD, “che senso avrebbe consentire indagini, comunque invasive dell’ambiente marino dell'Adriatico, mentre si sta preparando una Conferenza internazionale nella quale sarà posto il tema del divieto di estrazione del petrolio dal fondale di questo delicatissimo ecosistema?”.
Ciò spiega le richieste al Governo, contenute nella mozione, di sospendere l'autorizzazione, già rilasciata, alle indagini e di ricorrere al decreto legge per l’istituzione nell'Adriatico della Zona di Protezione Ecologica e della Pesca che “può essere legittimamente adottato per fondate ragioni di urgenza allo scopo di superare una previsione normativa, quella del decreto legislativo 128 del 2010, giudicata da migliaia di cittadini e centinaia di istituzioni e organizzazioni civiche inadatta a tutelare il mare e le popolazioni”. “E’ arrivato il tempo di compiere una scelta politica chiara sul futuro dell’Adriatico – conclude Michele Bordo – Partendo da una certezza: le manifestazioni di questi due anni hanno reso evidente al precedente e all’attuale Governo che i cittadini non vogliono vedere trivelle e piattaforme petrolifere in mezzo al loro mare”.