Guanelliani, da sessantacinque anni a servizio dei bisogni della città di Bari

BARI.  «Chi legge la storia degli inizi rimane stupito della luce e della gratuità che ha accolto i primi guanelliani a Bari: basti pensare alla figura del cardinale Marcello Mimmi che ci ha voluti qui». È cominciato ricordando uno dei «grandi vescovi di questa città» la celebrazione del sessantacinquesimo anniversario dell'arrivo dei padri guanelliani nel capoluogo pugliese. Una missione – è stato sottolineato nella tavola rotonda tenuta stamattina dal titolo "L'alba di una bella storia" – che potrebbe essere descritta dai numeri: con i novecento bambini passati per la scuola materna o i settecento anziani che si sono succeduti nei posti-letto della casa di riposo/casa protetta di via Giulio Petroni, con i nomi della quarantina di sacerdoti e delle decina di suore che hanno esercitato il proprio ministero in città, con i 45 operatori del Centro alle decine di volontari Cooperatori guanelliani che quotidianamente operano a servizio dei bisogni di bambini e anziani.

«Tutto è cominciato con gli orfani del Dopoguerra – ha spiegato don Nino Minetti, superiore provinciale dell'Opera per il centro-sud Italia – E ne avevamo a migliaia: gli italiani del Settentrione dovevano fabbricare le armi, noi meridionali dovevamo andare in prima linea. Sacerdoti santi e generosi come don Luigi Marnati e don Rosolino Puzzi, i due guanelliani degli inizi, qui hanno reso evidente il carisma di don Luigi Guanella e la sua insistenza sul Dio-padre, e padre provvidente, che tratta l'uomo come figlio». Nella pedagogia del fondatore dell'Opera – ha insistito Minetti – «l'infelice, il bisognoso non sono ai margini della famiglia umana: se ci guardiamo dentro, ripeteva don Luigi, ci scopriamo tutti poveri: ecco perché dobbiamo andare verso i poveri».

È dal 22 settembre 1947 che i guanelliani fanno attività pastorale a Bari: dall’inizio dei lavori per la costruzione di una nuova parrocchia in quella che allora era Contrada Candida (o Calatrava) a oggi, l’impegno dei Servi della carità si è concretizzato dapprima nella realizzazione di un convitto per bambini orfani nel 1951, poi dal 1984 con una scuola materna e una Casa per anziani: iniziative che hanno offerto alla comunità barese la cura e la dedizione proprie dell'insegnamento di don Guanella, in uno spirito di servizio che si fa assistenza e attenzione agli ultimi.

Intervenendo per un «ringraziamento a nome della città», il sindaco Michele Emiliano ha rimarcato come l'Opera sia una delle realtà ecclesiastiche sociali che «nella sussidiarietà danno una risposta a quell'esercito sterminato di persone silenziose che vivono nel bisogno e che molte volte neppure chiedono aiuto, forti come sono della propria dignità di uomini, convinti a volte di doversela cavare da sé perché ritengono che ci sia chi ha più bisogno di loro». E invece – ha concluso Emiliano – «ciascuna di queste persone ha una unicità sua propria, e il welfare oggi più che mai non rappresenta altro che l'analisi e la consapevolezza di questa unicità».

«Oggi ci è chiesto non di fare le geremiadi per ciò che ci manca – ha ammonito don Antonio Ruccia, direttore della Caritas diocesana – ma seguire l'esempio di chi, come don Guanella, don Puglisi, don Milani ha incarnato opere di carità nel tessuto della chiesa locale».

E c'è un'altra figura, tutta barese, che è legata alla decennale esperienza guanelliana di Bari: Giovanni Modugno, il pedagogista per il quale è in corso il processo di beatificazione e che – come ha ricordato il professor Vittoriano Caporale – ha donato il terreno sul quale oggi sorge il Centro anziani.

«La nostra casa guanelliana a Bari si chiama Centro anziani – ha commentato don Pietro Lorusso, superiore della comunità e direttore delle attività – perché se è "centro", lo deve essere per tutta la città, dev'essere centro vitale e punto di riferimento, cuore pulsante che diventa motore culturale della città secolare. Questo proviamo a fare, festeggiando il primo anniversario della canonizzazione di don Guanella, nel solco della "nuova evangelizzazione" cui ci richiama Benedetto XVI in questo Anno della fede».

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