(il regista Massimo Fersini) |
Il lungometraggio (90 minuti) è stato girato in location salentine: spiagge (San Giovanni-Ciolo), litoranee (Otranto-Leuca), masserie, centri storici, campagne. E’ stato prodotto da “Leucasia Film”, piccola realtà produttiva messa in piedi da Fersini, con un piccolo contributo di Salento Film Fund e Apulia Film Commission: il resto sponsor privati. Laureato a Roma in Storia e critica del Cinema, Fersini ha cominciato da “suggeritore” e attore in teatro, ha poi girato “corti” e documentari. Del film firma anche soggetto e sceneggiatura.
Alta la professionalità nelle 6 settimane in cui fu girato: dalla fotografia di Cosimo Melcarne, alle musiche di Mino Freda, i costumi di Rosanna Calcagnile, il make-up di Fernando Maggio. Cast artistico: insieme a Fersini, Mirko Bruno, Elena Arvigo, Deborah Malatesta, Anais Rean, Romina Carrisi, Tommaso Giuranno, Giuseppe Scarpitta, ecc.
Senza promozione, spinto solo dal “passaparola”, in pochi mesi è diventato un “cult”. Nel 2010 ha vinto 5 premi. Due in America: Award of Excellence (Creativity-Originality) al “The Indie Fest” (California) e “The Accolade Competition” (California). Premio Barocco “Terra del Sole Award” (Gallipoli). L’”Award The Diamonds of the Cinema” a Diamante (Calabria) e menzione speciale come miglior film all’”Ive seen film” di Rutger Hauer (Milano). La notizia in queste ore fa il giro di redazioni e siti web. “Totem Blue” non ha un distributore in patria (è uscito in poche sale, a Bari e Milano), ma è negli Usa: continua dunque il feeling fra critica e pubblico americano.
Domanda: Dopo 2 premi la distribuzione: gli Usa amano il cinema italiano alternativo?
Risposta: <Totem Blue> è stato molto apprezzato dagli indipendenti americani, forse perché non è una sperimentazione fine a se stessa, ma direttamente rivolto al pubblico. Ha coniugato l'aspetto autoriale con quello commerciale”.
D. Non è un film di nicchia?
R. “Assolutamente no. Tranne che per i bambini, è per tutti”.
D. Prima ha parlato di sperimentazione, ma esiste ancora nel cinema?
R. “Un film è sempre il frutto di qualcosa che si sperimenta, a volte riesce meglio, a volte meno. E coloro che ci provano esistono, ma non sempre si vedono...”.
D. Solito problema di visibilità...
R. “Lei mi vuol portare sul terreno della polemica, giusta provocazione, la sua... In Italia esiste un problema molto serio, che non è solo del cinema: non investire nell'innovazione. Sono vent'anni che non proponiamo nulla di nuovo, sotto ogni aspetto, dalla cultura alla ricerca scientifica, industriale, ecc... Non investiamo in queste materie di vitale importanza, figuriamoci nel cinema. La nostra economia sopravvive, se così si può dire, grazie al marchio made in Italy sviluppato sino agli anni ’80, poi il vuoto... E il cinema ne risente, mancano le tematiche che guardino al futuro, il cinema italiano è sempre rivolto al passato, o alla stretta attualità della mafia, la denuncia cine-documentaristica, l'esistenzialismo quotidiano, che è giusto esistano...”.
D. Quindi la forza di <Totem Blue> è guardare al futuro?
R. “Credo di si. Lei pensi che la prima idea del film risale a 10 anni fa. Già allora avevo previsto i bluff finanziari, la finanza occulta, i tormenti di Wikileaks, che in qualche modo il film racconta. Se ci fa caso, il mio hacker è un pò datato, usa metodi che possiamo definire preistorici, tipo lattine di latta, segni sugli alberi per l'identificazione. In questi anni i metodi legati a Internet si sono evoluti, ma ciò che il film racconta è attualissimo e lo sarà sempre”.
D. Quindi la crisi italiana è innanzitutto conseguenza di una forte crisi culturale?
R. “Per ciò che riguarda il cinema, le crisi, ciclicamente si ripetono dappertutto. Anche lo star-system Usa alla fine degli anni ‘60 subì un forte arresto e si riprese grazie a quei vivai che nessuno considerava, da Corman a tutti gli indipendenti che poi hanno dato vita al cinema moderno, da Coppola a Scorsese, ecc... E' rinato dalle proprie ceneri e di queste azioni temerarie c’è bisogno se crediamo nel cinema”.
D. In Italia si crede ancora nel cinema?
R. “Ahi! Mi fa una domanda da un milione di dollari... Non so risponderle, mi creda”.
D. Ok... parlava della rinascita del cinema moderno americano...
R. “Dicevo che il cinema alla fine degli anni '60 è rinato grazie a un cambiamento radicale di pensare il cinema, interpretare la realtà che cambiava sotto gli occhi di tutti e le major lo capirono subito investendo su questi nuovi fenomeni”.
D. Ma davvero il cinema Usa è così avanti agli altri?
R. “E’ un sistema consolidato, aperto, sanno fare cinema per il mercato mondiale. Poi è la formazione che è letteralmente diversa. Gli americani partono dal film di genere per arrivare al cinema d'autore, in Italia invece si parte dalla nobile tradizione del nostro cinema per arrivare ai film televisivi, perché questo chiede il sistema. Può sembrare una battuta, ma dietro si cela una differenza sostanziale del modo di concepire il cinema”.
D. Questo che ha detto è illuminante, non c'avevo mai pensato...
R. “Non è un buon periodo nemmeno per loro, c'è un crollo di incassi anche in America, la percentuale dei flop negli ultimi anni è molto alta e i costi dei film sono aumentati tantissimo: puntano sui colossal, il 3d, ogni film che va male si fa sentire”.
D. Lei è navigato, pensavo di trovarmi di fronte il giovane regista alla sua opera prima...
R. “E’ un pò di tempo che corro con la borraccia al collo… Ho iniziato dal teatro, i primi contributi me l’hanno versati da suggeritore al Teatro delle Arti, vicino via Veneto (Roma), prima che chiudesse: da allora ogni giorno cerco di imparare cose nuove”.
D. Torniamo a <Totem Blue>: come sta andando negli Usa?
R. “Beh, noi siamo fuori da quel cinema appena citato, ma nel nostro piccolo… Ho notizie confortanti, mi dicono che sia il film italiano più visto in America nel 2012”.
D. Ma in Italia è proprio impossibile vederlo?
R. “Presto arriverà in streeming, intanto si può acquistare sul sito www.leucasia.it.”.
D. La critica l’ha paragonato Tarantino: dove il suo cinema si sovrappone al suo?
R. “Non credo: veniamo da culture e formazioni diverse. In lui domina l'azione sul pensiero, in me il contrario. Io vengo dalla scuola italiana che dicevo poc'anzi e mi sento molto legato alla nostra tradizione. <Totem Bue> non è altro che una commedia all'italiana con un linguaggio universale, semplicemente perché esce fuori dalle storie nostrane. Dicono che anche Tarantino si rifà alla commedia italiana di una volta, ma di questi rimandi ce ne sono tanti, ognuno è legato a qualcun altro, la cosa importante è che ognuno poi deve imprimere il proprio stile”.
D. Dall'Arneo all'Ilva, Puglia terra di lotte: però mancano i registi per raccontarle: indifferenza al sociale (meglio piovre e ultimi baci), deficit culturale o altro?
R. “La denuncia esiste, solo è veicolata senza far troppo male e poi è sempre meglio dare l'immagine di una terra bella, cu lu sule, lu mare, lu vientu... D'altronde, la mission delle Film Commission qual’è se non di far vedere le bellezze dei territori... “ (sorride).
D. Molti lasciano l'Italia, la cosiddetta fuga dei cervelli": andrà via anche lei?
R. “Non so se sono un cervello, ma a parte le battute, ci ho pensato spesso ma ogni volta c'è un ostacolo. Adesso io e la mia compagna stiamo per sposarci, poi si vedrà...”.
D. Il prossimo film rispetto a <Totem Blue> cambia registro: che storia è?
R. “E' una commedia nel senso tradizionale, anzi come si faceva una volta: racconta vizi e virtù degli italiani di oggi, ma è un film universale, anche per l'estero. Giusto coi tempi che corrono, racconta la classe media, come si è trasformata a causa delle strategie politiche e sociali degli ultimi vent'anni, come sono cambiati i costumi e l'educazione, alcuni hanno usufruito di questo sistema, altri invece l'hanno subìto e chiedono riscatto”.
D. Chi vince?
R. “Ovvio, chi chiede riscatto, come in <Totem Blue>. Almeno nei film, nella vita non so, ho qualche dubbio, ma il cinema divertendo e raccontando qualche verità scomoda, deve dare coraggio, no? sopratutto di questi tempi…”.