Lecce: Mieli e Scalfari nell’Italia che non c’è più

Francesco Greco. Manierismo, autoreferenzialità, low profile: citazioni di se stessi. L’aspro sapore del remake, del déjà-vu, accademia, pantomima. Non ci si aspettava uno scontro fra titani: come diceva Ennio Flajano (citato peraltro come caustico redattore dell’Espresso formato lenzuolo di Arrigo Benedetti): “In Italia è impossibile fare la rivoluzione: ci conosciamo tutti”. Ma qualche guizzo sopra le righe, da star sul viale del tramonto. E invece i leccesi sfollano delusi, nella sera umida, continuando la pènnica a casa loro, in credito di qualche analisi originale, uno scenario inconsueto, una visione non codificata, qualche frammento di backstage sul capitalismo italiano con le sue famiglie, un misero segreto delle lobby italiche. Salotto continuo.

   Montanelli, per dire, è stato sulfureo sino alla fine, Biagi irriverente, Bocca ispido. Paolo Mieli (presidente Rcs) e Eugenio Scalfari, fondatore e direttore dell’Espresso e Repubblica si sono invece cimentati in un incontro da caminetto, un ping-pong da bar sport sospeso fra amarcord e profezie sul futuro di un’Italia diversa da come loro, con archetipi analitici novecenteschi, la immaginano. In cui i poteri forti, anche editoriali, e quindi i giornali, sono stati relativizzati, nuovi soggetti sociali dominano la scena, altre koinè s’impongono. Diciamolo: han fatto la figura del soldato giapponese che emerge dalla jungla a guerra finita. Forse l’Italia vera era quella riunita, contemporaneamente, alle Officine Cantelmo, a parlare di informazione precaria con Enzo Jacopino, cioè dello sfruttamento dei giornalisti da parte di editori delle ferriere che incassano i contributi pubblici e a fine anno faranno dividendi d’oro, e l’oggettiva, strutturale impossibilità di fare giornalismo serio e coraggioso, utile alla vitalità della democrazia, mentre la credibilità della stampa è al 161mo posto (i due hanno sorvolato: magari è 'colpa' di Grillo!). Tra un po’ resteranno solo i tazebao. “Invitatemi di nuovo a Lecce che ne parliamo…”, ridacchia Mieli. E in mattinata nei 300 lavoratori precari che manifestavano nell’atrio di Palazzo dei Celestini (dove ha sede una provincia in via di estinzione).

   Pubblico eterogeneo, clima da raduno di combattenti e reduci (dalla crociata antiberlusconiana): vecchi militanti di sinistra in giacca e cravatta svezzati dagli editoriali di Scalfari e fighetta leccese doc come il pasticciotto tacchi 12 cm. e ombelico al vento della serie “ombelico del mondo” qui per proporre il c.v. ai direttori. Vecchie signore fresche di coiffeur, odor di naftalina. Età media alta, prevalenza capello grigio, borghesia abbiente che vuol essere rassicurata nelle sue incertezze sgretolate, esorcizzare le paure. Apre la bellissima Grazia Rongo (siamo in diretta su TgNorba 24) con un assist delizioso: le agenzie hanno battuto la condanna di Berlusconi in primo grado per reati finanziari. Applauso scontato, liberatorio, ma c’è chi ipotizza la beffa dell’ennesima prescrizione: “Fra un po’ – ironizza Mieli – non si troverà più un berlusconiano”. Ci può giurare: come dopo il ’45 un fascista e il ’94 un dc: bianchetto sempre a portata di mano. E’ il dna italico, signora mia: politica e antropologia si contaminano. Inclusa l’amnesia di Scalfari: “Mai stato socialista” (fu eletto nel Psi da Craxi).

   Diabolico Cavaliere! E’ riuscito perfidamente a dettare la scaletta della presentazione del nuovo libro del suo acerrimo nemico, “l’ircocervo” Scalfari, al Multisala Massimo di Lecce, dell’ultimo tomo uscito nei “Meridiani” Mondadori (un malloppo da 60 € in attesa di altri due): titolo “La passione dell’etica” (scritti 1963-2012). Modera Gianluigi “Giangi” Pellegrino, figlio di Giovanni, senatore Pd. Più volte citato Alberto Asor Rosa, firma del giornale nato nel 1976 a piazza Indipendenza e con cui, afferma Mieli “Scalfari ha trasferito i valori di una èlite alle masse”. Dopo aver saputo che fu licenziato da una banca milanese dopo un pezzo su Federconsorzi e che si presentò a Mario Pannunzio tornando da Fregene e che Mieli fu assunto e licenziato (ma pagato per un anno sabbatico), ecco disfarsi e sovrapporsi il mieliscalfari-pensiero spalmato sull’attualità politica sic stantibus.

Berlusconismo finito? Mieli: “Potrà avere colpi di coda”. Scalfari: “E’ morto, giusto che il suo fondatore sia condannato…”. Ci sarà un Monti-bis? Mieli: “Ha 5 marce in più e parla un buon inglese, ma si vota per eleggere governi, non tecnici…”. Scalfari: “Monti ci ha salvato dalla bocca di un vulcano, ma non credo al bis. Lo vedo in gara per il Quirinale, insieme a Prodi e Amato”. Primarie nel Pd: ce la farà il rottamatore? Scalfari: “Cambierebbe il dna del Pd in senso socialdemocratico: se vince non voto”. Mieli: “Non si va verso questo pericolo: Renzi pesca nell’area del centrodestra. Il prossimo governo durerà poco…”. Legge sull’informazione: revanche dei politici? Mieli: “Non voto un partito che la appoggia, ma nemmeno Grillo”. Scalfari: “E’ bene che chi ha diffuso notizie false sapendo che lo erano vada in carcere. Il caso-Boffo insegna”. Legge anti-corruzione: panacea? Mieli: “Se ne occupi il prossimo Parlamento”. Scalfari: “D’accordo”. Sfatti dal cloroformio, i leccesi, disincantati per dna, sciamano nella hall per un caffè ristretto. Una ragazzina rolla una sigaretta, un’altra ha la cuffia dell’i-pod nell’orecchio. Il ‘900 è chiuso. Sipario!

1 Commenti

  1. Articolo che poteva essere caustico, ma che è solo livoroso: tipico di chi fa parte di una categoria professionale e critica in modo gratuitamente oppositivo chi ne fa parte da tempo e chi aspira ad entrarvi. Prego di citare Ennio Flaiano senza l'aggiunta di j.

    RispondiElimina
Nuova Vecchia

Modulo di contatto