LECCE. La Corte d'assise di Lecce, sezione di Taranto, ha condannato di nuovo all'ergastolo Lucia Bartolomeo, l'infermiera di Taurisano accusata di avere assassinato il marito con un'iniezione letale di eroina nella notte tra il 29 e il 30 maggio 2006.
Il secondo processo d'appello era stato disposto dalla Corte di Cassazione che, il 15 novembre, aveva annullato la condanna all'ergastolo inflitta alla donna in primo grado e confermata totalmente in secondo. In particolare, secondo la Cassazione, nei due gradi di giudizio non era stato escluso "ogni ragionevole dubbio" in merito al fatto che la morte di Attanasio fosse avvenuta per cause naturali e non, come ha sempre sostenuto l'accusa, a causa di un'iniezione di eroina.
L'imputata (assistita dagli avvocati Pasquale Corleto e Silvio Caroli) aveva a sua volta sostenuto che il marito fosse gravemente malato, mentre la Procura ha ritenuto che non vi fossero nel suo passato elementi che potessero sostenere l'ipotesi di una malattia grave al punto da provocarne la morte, individuando nell'esistenza di una relazione extraconiugale il movente dell'omicidio.
La Bartolomeo era accusata di omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione e dall'aver agito con sostanze venefiche e nei confronti del coniuge. La Procura generale aveva chiesto per la donna la condanna a 24 anni di reclusione. (AGI)
Il secondo processo d'appello era stato disposto dalla Corte di Cassazione che, il 15 novembre, aveva annullato la condanna all'ergastolo inflitta alla donna in primo grado e confermata totalmente in secondo. In particolare, secondo la Cassazione, nei due gradi di giudizio non era stato escluso "ogni ragionevole dubbio" in merito al fatto che la morte di Attanasio fosse avvenuta per cause naturali e non, come ha sempre sostenuto l'accusa, a causa di un'iniezione di eroina.
L'imputata (assistita dagli avvocati Pasquale Corleto e Silvio Caroli) aveva a sua volta sostenuto che il marito fosse gravemente malato, mentre la Procura ha ritenuto che non vi fossero nel suo passato elementi che potessero sostenere l'ipotesi di una malattia grave al punto da provocarne la morte, individuando nell'esistenza di una relazione extraconiugale il movente dell'omicidio.
La Bartolomeo era accusata di omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione e dall'aver agito con sostanze venefiche e nei confronti del coniuge. La Procura generale aveva chiesto per la donna la condanna a 24 anni di reclusione. (AGI)
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