25 novembre: "Giornata internazionale per l' eliminazione della violenza contro le donne"

ROMA.
Violenze sessuali, violenze fisiche su donne e bambine, violenze domestiche, femminicidi. Sono tante, tantissime le donne uccise per mano di uomini respinti. In Italia, ma non solo. Le vittime sono di ogni età, religione, razza, Paese, classe sociale. Poi ci sono quelle uccise da mariti, ex mariti, fidanzati, ex fidanzati, padri, compagni, ex compagni. È il dramma della violenza legato all’amore che finisce, la violenza che avviene all’interno di una relazione sentimentale. Sono i cosiddetti delitti passionali come vengono erroneamente definiti dalla cronaca quasi come fossero questioni di famiglia, questioni private. La violenza domestica non viene ancora percepita come un crimine. Invece questi sono delitti, omicidi di una violenza estrema da parte dell’uomo contro la donna, in quanto donna. La violenza di genere riguarda soprattutto i contesti in cui le donne sono più libere di scegliere della propria vita. Il fenomeno cresce con l’aumentare dell’emancipazione, cresce quando le donne si rendono autonome attraverso il lavoro, cresce quando le donne scelgono di lasciare un uomo che non amano più. Si tratta, in ogni caso, di uomini dalla personalità fragile, di menti fragili e per niente evolute per cui infliggere la morte alla donna che li ha lasciati è averne il possesso supremo. Predomina l’idea maschile di relazione con le donne basata sul possesso e sulla subordinazione femminile al potere maschile, ossia una visione proprietaria e distruttiva degli affetti. Complice di tutto questo è il contesto sociale patriarcale. Nonostante i profondi cambiamenti socio-culturali, le forme di comunicazione in famiglia tendono ancora a sottolineare la differenza di genere secondo immagini stereotipate: si incoraggiano atteggiamenti, comportamenti e ruoli ritenuti più adatti per un maschio o per la femmina. Anche il sistema scolastico è responsabile e portatore di stereotipi di genere: i bambini sono incentivati a esprimere forza, razionalità, oggettività, creatività, ad aspirare a ruoli di rilievo mentre alle bambine sono richieste tranquillità, passività, soggettività, docilità, aspirazione a ruoli privati e educativi, dedizione alla famiglia. Il mondo dell’associazionismo e del volontariato, in questi anni, è intervenuto generosamente, ma i centri antiviolenza e i centri di ascolto restano insufficienti e ricevono pochi finanziamenti. Così come poche sono le risorse destinate alla prevenzione. Approfittiamo della “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne” indetta per il 25 novembre, per ribadire che è giunto il momento di prendere sul serio il fenomeno. Le Istituzioni devono necessariamente riflettere sull’opportunità di nuove modalità di collaborazione tra pubblico e privato, in un momento in cui il welfare tradizionale non riesce più a far fronte in maniera efficace a tutte le esigenze. Infine, il cambiamento deve venire dalla cultura, dall’educazione, dalle leggi, dall’insegnamento alla parità dei sessi e al rispetto reciproco, dalla promozione, nel mondo della ricerca scientifica, nella scuola e in tutto il percorso formativo, di una cultura rispettosa della dignità di donne e uomini.

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