Antonio Di Pietro, leader Idv |
"E’ sotto gli occhi di tutti la profonda crisi che l’IDV attraversa. Una crisi che, banalmente, si vorrebbe imputare ad una campagna mediatica ostile. Il 2,9 % riportato in Sicilia è però precedente a Report; ed il non voler riconoscere le vere radici della crisi rappresenta l’ennesimo atto di cecità politica o il disperato tentativo di tenere insieme qualcosa. E’ singolare la “supplica” con cui si scongiurano i militanti affinchè partecipino all’Assemblea Nazionale del 15 Dicembre 2012. Una inusitata mitezza. Molto lontana dal pugno di ferro usato il 28 Giugno 2011 quando, immotivatamente, commissariò la struttura regionale consegnando la Puglia ad uno dei suoi più fedeli colonnelli. E’ opportuno sottolineare che quella struttura regionale era stata eletta da un congresso vero con la partecipazione di 800 delegati. Una contrapposizione vera tra mozioni vere, e con centinaia di persone rimaste fino a notte inoltrata a seguire lo spoglio. In quante altre regioni si era svolto un congresso non paternalisticamente pilotato dall’alto? Noi siamo quelli del 28 Giugno, data in cui si concluse il nostro percorso in IDV. Rivendichiamo la bontà di quell’esperienza; il tentativo di dare, finalmente, all’IDV Puglia una tracciabilità politica autonoma, coerente con la vocazione del Partito come attestava quel documento in 10 punti, approvato all’unanimità dal coordinamento, inviato all’Ufficio di Presidenza. Piacque, evidentemente, poco alla direzione del Partito, piacque ancora meno la manifestata capacità di autonomia, e non piacque per niente la sensazione di poter perdere il controllo sul partito regionale. Con quella dirigenza, da te immotivatamente cancellata, i bilanci del partito erano finalmente a conoscenza e disposizione di tutti, le spese da affrontare condivise dall’intero Coordinamento. Quella dirigenza alle feste regionali dell’IDV Puglia prive di qualsiasi contenuto politico (alla festa regionale IDV del 2011 a Bari c’erano circa 80 persone, a quella del 2012 a Taranto c’erano 25 persone) preferiva convegni seri e partecipati da numerosissima gente come “La strategia Rifiuti Zero”. Alle “inutili” riunioni che facevi sempre con le stessa gente; quella dirigenza preferiva farti incontrare giovani universitari che accorrevano per ascoltarti non in 25 od 80 ma in oltre 300. Alle decisioni prese dal singolo segretario regionale, quella dirigenza preferiva decisioni collegiali. La sede Regionale, oggi vuota e chiusa, era nella disponibilità di tutti i militanti. Quello che il 15 Dicembre vuoi proporci, noi lo avevamo già posto in essere. Quell’atto di scioglimento della struttura regionale non fu nemmeno motivato con una qualsivoglia, sia pur presunta, difformità dalla linea del partito. Semplicemente non fu motivato. Come è andata a finire… E’ riuscito il fedele colonnello a normalizzare il partito? Sembra di no, visto il risultato disastroso delle amministrative in Puglia, con percentuali sotto il 2%, e col partito che va in pezzi. Prima di noi non c’era nulla, ora non c’è più nulla. Da quel giorno, dal 28 Giugno 2011, il nostro interesse per le vicende di IDV Puglia, ormai presa da quel tutti contro tutti privo di qualsiasi valenza politica, è divenuto inesistente. Ora è il momento, però. E’ il momento di compiere un atto di chiarezza, dopo il silenzio di questi mesi, nei confronti dei militanti che ci avevano sostenuti e che a ben pensare non avevamo mai fatto finora in forma collettiva e ufficiale: La nostra presa di distanza formale e pubblica da IDV. Un passaggio che facciamo, lo ammettiamo, con la rabbia in corpo, poiché abbiamo la presunzione di affermare che avevamo chiaro in mente quale avrebbe dovuto essere il percorso del partito, ed era tutto scritto nelle nostre tesi congressuali. Avevamo in mente un partito che doveva riscattarsi dall’esercizio del facile antagonismo anti-berlusconiano e che, approfittando del vantaggio competitivo della sua rappresentanza in parla-mento, desse voce ai conflitti sociali, e facesse da cerniera con i movimenti che ne scaturivano. Avevamo in mente un partito che si facesse interprete de quella esplosione di partecipazione e di senso civico dei 26 milioni di italiani che avevano votato per i referendum nel 2011. Era lì che si doveva, senza indugi, adottare e far propria la formidabile prospettiva legata alla difesa dei beni comuni, ed all’interno di essa orientare il lavoro politico alla ricostruzione, dal basso, di un rinnovato capitale civico. Il ruolo del partito era di quello recepire, valorizzare e contribuite a mettere in rete tutte le esperienze di democrazia partecipativa e di autoorganizzazione emergenti nelle comunità locali, confrontandosi con i nuovi protagonisti delle lotte nel rispetto delle loro autonomie. Era lì, attingendo da quelle lotte, che il partito avrebbe dovuto dispiegare un profondo rinnovamen-to dei suoi organici e conseguentemente dei suoi gruppi dirigenti. Solo rilanciando e sostenendo questo processo diffuso sarebbe stato utile portare a compimento l’operazione annunciata al congresso di Roma nel 2010: la cancellazione dal simbolo del Tuo nome. Lo avevamo inteso come una progressiva devoluzione di poteri, di graduale rinuncia ad una gestione verticistica ed autoritaria, intollerante ad ogni differenza di vedute. Dietro il culto dell’unità del partito, in nome della quale sono state compiute le più becere epurazioni, si nascondeva semplicemente la volontà di autoconservazione dei gruppi dirigenti. E’ da lì che nascono i problemi dell’IDV, non da Report. L’IDV, peraltro, come è successo a tutti gli altri partiti, è stato colto di sorpresa dall’avvento del governo Monti. In realtà non un governo, ma un pezzo della governance neoliberista europea e globale cui viene affidata in gestione l’Italia. Da quel momento in poi non c’è n’è più per nessuno: la politica politicante viene destinata a svolgere un ruolo di copertura, quel tanto che basta ad assicurare un facsimile di legittimazione democratica ai poteri che direttamente governano; e che potrebbero continuare a governare, dopo le elezioni. Con l’avvento del governo Monti, infatti, nulla è più come prima. Il premier Monti ha avuto un grande merito: aver obbligato tutti a tornare alla politica vera, alla decisione di chi deve pagare il costo sanguinoso della crisi e di chi deve uscirne ancor più rafforzato. Ha riportato in primo piano, ed era ora, il conflitto sociale; tracciando una frattura ineludibile e obbligando tutti i soggetti in campo ad una scelta che esclude mediazioni. Ed anziché interpretare e valutare quello che sta accadendo l’IDV che fa? Segue, barcollando, un tracciato incomprensibile. Ora mendicando un posto nella coalizione di centrosinistra, ora proclamando il proprio sostegno alla FIOM, ora paventando una improbabile alleanza con Grillo. Oggi pensiamo che per risolvere i problemi dell’IDV si debba avere la consapevolezza di chi ci è ancora rimasto dentro. Primo Levi rimase sconfortato dalla consapevolezza di aver compreso che nei campi di concentramento c’erano rimasti i peggiori. Quelli che non avevano avuto il coraggio di ribellarsi, che avevano fatto patti con i Nazisti. E’ esattamente quello che sta accadendo nell’IDV. L’IDV, da qui può ripartire. Senza di noi, però. Eravamo oltre, saremo altrove.
Gli ex Avv. Sebastiano de Feudis (ex Segretario Regionale IDV Puglia) Lucio Lugli (ex Vice Segretario IDV Puglia) Rachele Occhionero (ex Responsabile Regionale Dipartimento Cultura) Nando Pedaci (ex Sindaco di Vernole) Giusi Uccellini (ex Presidente Dipartimento Pari Opportunità IDV Puglia) Nicola Triglione (ex Presidente Collegio Regionale di Garanzia) Biagio Elefante (ex componente del Coordinamento Regionale IDV Puglia) Alessandro Capone (ex Segretario Giovani IDV della BAT) Vito Sabato (ex Componente Coordinamento Regionale Idv Puglia) Cecilia Di Lernia (ex Assessore IDV) Gianni Aprile (ex componente del Coordinamento Regionale IDV Puglia) Stefano Spagnolo (ex componente del Coordinamento Regionale IDV Puglia)".
A riferirlo in una nota l'avv. Sebastiano De Feudis, ex coordinatore Regione Puglia Italia dei Valori ed altri ex dirigenti del partito pugliese.
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