Francesco Greco. Vent’anni a primavera: e sembra ieri. Tutta la Puglia, ma anche extra moenia, quel 20 aprile 1993 si svegliò folgorata dall’incredibile notizia: sfatto da una terribile malattia nonostante l’intervento chirurgico affrontato al “Daniele-Romasi” di Gagliano del Capo, “l’ospedale dei poveri”, don Tonino non ce l’aveva fatta. Dalla Capitanata al Salento, un silenzio glaciale s’impadronì delle contrade screpolate dalla siccità, col grano quasi maturo e gli ulivi in fiore in una primavera radiosa e morbida. Il Vescovo di Molfetta, Ruvo di Puglia, Giovinazzo e Terlizzi (dal 30 ottobre 1982, fu proclamato a Tricase, sul sagrato della Chiesa di San Domenico: gli consegnarono, come era suo desiderio, un bastone pastorale in legno d’ulivo) era morto ancor giovane (era nato ad Alessano, Lecce, il 18 marzo 1935).
Un personaggio popolare (oggi ha missioni e associazioni intitolate in tutto il mondo, Asia e Africa soprattutto), istintivo, modesto, molto amato, specie dai giovani col cui immaginario era profondamente sintonizzato, che, dirà Mons. Michele Mincuzzi (Arcivescovo di Lecce) ai funerali in piazza Assunzione (oggi a lui intitolata) “parlava ispirato, come in trance”, con parole semplici di grandi, complessi temi, e idee scagliate nel futuro, utopie possibili, speranze da coltivare.
Interveniva, fra gli Ottanta e i Novanta dell’altro secolo, in seguitissime trasmissioni televisive (“Samarcanda”, di Michele Santoro, Rai3), scriveva su giornali politicamente impegnati (“Il Manifesto”): parlava di pace, tolleranza, accoglienza, integrazione. Teorizzò “l’etica del volto” e una Chiesa di servizio, “col grembiule” (come in Sudamerica la Teologia della Liberazione). Nel vescovado riceveva gente d’ogni sorta, dalla prostituta al profugo senza permesso di soggiorno. Una volta si levò le scarpe nuove regalo dei fratelli Marcello e Trifone e le diede a un extracomunitario.
Famosa in Salento la sua Fiat 500 bianca con cui si recava a insegnare nelle scuole di Tricase dove era stato parroco della Chiesa Matrice della Natività, dopo un passaggio da educatore presso il Seminario di Ugento. Grande nuotatore, suonava la chitarra, tifava Juventus. Da presidente nazionale di Pax Christi si spinse, benché già gravemente malato (dicembre 1992), con un pugno di volontari, “l’Onu de poveri” la definì, a Sarajevo, sotto le bombe, per tentare di fermare una guerra fratricida “benedetta dalla Nato”. Le gerarchie ecclesiastiche nelle segrete stanze oltretevere osservavano e si mordevano le labbra per questo modo di fare politica nuovo e dirompente rileggendo il messaggio cristiano.
Folgorò cuori, emozionò menti: oggi la sede della Fondazione a lui intitolata si trova nella piazza, principale di Alessano, nella casa col porticato dove vide la luce. E mentre è in corso l’istruttoria che lo innalzerà all’onore degli altari, il paese d’origine (dove dopo i voti come Frate Minore francescano divenne, l’8 dicembre 1957, sacerdote) nel 2013 commemorerà il ventennale con una serie di iniziative fra cui spicca il progetto che si realizzerà nel cimitero monumentale dove riposano le spoglie mortali. Una scritta campeggia davanti al mausoleo: “In piedi costruttori di pace”. Il progetto (ne parliamo in anteprima, sarà pronto entro il 28 dicembre, finanziamento di 270mila € concesso al Comune di Alessano dalla Regione Puglia) di ristrutturazione del cimitero a servizio della tomba di don Tonino, nasce da un’idea dell’architetto Luigi Nicolardi (che dirigerà i lavori insieme alla giovane collega Antonella Carluccio): “Ci tenevo particolarmente…”, si emoziona Nicolardi che conobbe don Tonino direttamente.
Eccola l’idea di fondo: “Sviluppa il tema della porta – premette Nicolardi – che può essere considerato fondamentale per tutte le tradizioni religiose e per quella cristiana in particolare, in quanto, così come riportato dall’evangelista Giovanni, nella tradizione cristiana Gesù Cristo si identifica attraverso una porta “…Io sono la porta: se uno entra attraverso di me sarà salvo”. In sostanza punta a fare del cimitero un punto di riferimento spirituale, un luogo di devozione, preghiera, riflessione e “contaminazione” del pensiero del Vescovo pugliese affinché i pellegrini entrando conoscano i capisaldi del suo pensiero e ascoltino la voce dentro di loro riconciliandosi con se stessi.
“Il progetto – spiega l’architetto, che si è laureato a Venezia e ha lo studio ad Alessano - prende le mosse dal discorso pronunciato da don Tonino (così amava farsi chiamare da tutti) all’Arena di Verona il 30 aprile 1989, dove fece riferimento all’intuizione del profeta Isaia che mette in sequenza tre azioni: salvaguardia del creato, giustizia e pace”. Disse fra l’altro il Vescovo di Molfetta: “Il deserto diventerà un giardino. Nel giardino crescerà l’albero della giustizia. Frutto di questo albero sarà la pace…”. Aggiunge Nicolardi: “Il progetto intende realizzare un sentiero, una sorta di Via Crucis, un percorso della memoria con portali tematici scanditi dai temi del passaggio di don Tonino”. Il viale sarà caratterizzato dalla pavimentazione che sarà realizzata da un battuto di terra naturale (violostabilizzata), simulando la crosta della Terra. Il solco, in calcestruzzo bianco simbolicamente rappresenta l’incidere la terra che trasformerà il deserto in giardino dove regnerà la giustizia una volta che ”le lance saranno tramutate in aratri”.
I 12 portali tematici (4,00 mt x 4,00 mt) in calcestruzzo bianco autocompattante conterranno le opere di altrettanti artisti chiamati a esprimersi con sculture, pitture, ecc., sulle idee portanti del pensiero dell’illustre prelato fra cui fratellanza, accoglienza, tolleranza, integrazione, pace, giustizia, solidarietà, ecc. Il percorso si concluderà dinanzi alla tomba. Sarà comunque una commissione nominata dalla Fondazione, in via di composizione, a individuarli e chiamare gli artisti per l’elaborazione delle opere di cui faranno dono.
Un personaggio popolare (oggi ha missioni e associazioni intitolate in tutto il mondo, Asia e Africa soprattutto), istintivo, modesto, molto amato, specie dai giovani col cui immaginario era profondamente sintonizzato, che, dirà Mons. Michele Mincuzzi (Arcivescovo di Lecce) ai funerali in piazza Assunzione (oggi a lui intitolata) “parlava ispirato, come in trance”, con parole semplici di grandi, complessi temi, e idee scagliate nel futuro, utopie possibili, speranze da coltivare.
Interveniva, fra gli Ottanta e i Novanta dell’altro secolo, in seguitissime trasmissioni televisive (“Samarcanda”, di Michele Santoro, Rai3), scriveva su giornali politicamente impegnati (“Il Manifesto”): parlava di pace, tolleranza, accoglienza, integrazione. Teorizzò “l’etica del volto” e una Chiesa di servizio, “col grembiule” (come in Sudamerica la Teologia della Liberazione). Nel vescovado riceveva gente d’ogni sorta, dalla prostituta al profugo senza permesso di soggiorno. Una volta si levò le scarpe nuove regalo dei fratelli Marcello e Trifone e le diede a un extracomunitario.
Famosa in Salento la sua Fiat 500 bianca con cui si recava a insegnare nelle scuole di Tricase dove era stato parroco della Chiesa Matrice della Natività, dopo un passaggio da educatore presso il Seminario di Ugento. Grande nuotatore, suonava la chitarra, tifava Juventus. Da presidente nazionale di Pax Christi si spinse, benché già gravemente malato (dicembre 1992), con un pugno di volontari, “l’Onu de poveri” la definì, a Sarajevo, sotto le bombe, per tentare di fermare una guerra fratricida “benedetta dalla Nato”. Le gerarchie ecclesiastiche nelle segrete stanze oltretevere osservavano e si mordevano le labbra per questo modo di fare politica nuovo e dirompente rileggendo il messaggio cristiano.
Folgorò cuori, emozionò menti: oggi la sede della Fondazione a lui intitolata si trova nella piazza, principale di Alessano, nella casa col porticato dove vide la luce. E mentre è in corso l’istruttoria che lo innalzerà all’onore degli altari, il paese d’origine (dove dopo i voti come Frate Minore francescano divenne, l’8 dicembre 1957, sacerdote) nel 2013 commemorerà il ventennale con una serie di iniziative fra cui spicca il progetto che si realizzerà nel cimitero monumentale dove riposano le spoglie mortali. Una scritta campeggia davanti al mausoleo: “In piedi costruttori di pace”. Il progetto (ne parliamo in anteprima, sarà pronto entro il 28 dicembre, finanziamento di 270mila € concesso al Comune di Alessano dalla Regione Puglia) di ristrutturazione del cimitero a servizio della tomba di don Tonino, nasce da un’idea dell’architetto Luigi Nicolardi (che dirigerà i lavori insieme alla giovane collega Antonella Carluccio): “Ci tenevo particolarmente…”, si emoziona Nicolardi che conobbe don Tonino direttamente.
Eccola l’idea di fondo: “Sviluppa il tema della porta – premette Nicolardi – che può essere considerato fondamentale per tutte le tradizioni religiose e per quella cristiana in particolare, in quanto, così come riportato dall’evangelista Giovanni, nella tradizione cristiana Gesù Cristo si identifica attraverso una porta “…Io sono la porta: se uno entra attraverso di me sarà salvo”. In sostanza punta a fare del cimitero un punto di riferimento spirituale, un luogo di devozione, preghiera, riflessione e “contaminazione” del pensiero del Vescovo pugliese affinché i pellegrini entrando conoscano i capisaldi del suo pensiero e ascoltino la voce dentro di loro riconciliandosi con se stessi.
“Il progetto – spiega l’architetto, che si è laureato a Venezia e ha lo studio ad Alessano - prende le mosse dal discorso pronunciato da don Tonino (così amava farsi chiamare da tutti) all’Arena di Verona il 30 aprile 1989, dove fece riferimento all’intuizione del profeta Isaia che mette in sequenza tre azioni: salvaguardia del creato, giustizia e pace”. Disse fra l’altro il Vescovo di Molfetta: “Il deserto diventerà un giardino. Nel giardino crescerà l’albero della giustizia. Frutto di questo albero sarà la pace…”. Aggiunge Nicolardi: “Il progetto intende realizzare un sentiero, una sorta di Via Crucis, un percorso della memoria con portali tematici scanditi dai temi del passaggio di don Tonino”. Il viale sarà caratterizzato dalla pavimentazione che sarà realizzata da un battuto di terra naturale (violostabilizzata), simulando la crosta della Terra. Il solco, in calcestruzzo bianco simbolicamente rappresenta l’incidere la terra che trasformerà il deserto in giardino dove regnerà la giustizia una volta che ”le lance saranno tramutate in aratri”.
I 12 portali tematici (4,00 mt x 4,00 mt) in calcestruzzo bianco autocompattante conterranno le opere di altrettanti artisti chiamati a esprimersi con sculture, pitture, ecc., sulle idee portanti del pensiero dell’illustre prelato fra cui fratellanza, accoglienza, tolleranza, integrazione, pace, giustizia, solidarietà, ecc. Il percorso si concluderà dinanzi alla tomba. Sarà comunque una commissione nominata dalla Fondazione, in via di composizione, a individuarli e chiamare gli artisti per l’elaborazione delle opere di cui faranno dono.