TARANTO. L'Ilva ha depositato oggi l'istanza di dissequestro dell'area. Le perizie chimiche ed epidemiologiche su cui si basa il sequestro da parte dell'Autorità Giudiziaria di alcune aree dello stabilimento dell'Ilva di Taranto e i provvedimenti di custodia cautelare, non sono assolutamente probanti. Depositati anche i commenti alle perizie disposte dal GIP.
Il Deposito è successivo al via libera da parte del Ministro Clini al progetto per l'applicazione dell'AIA presentato dalla Società . Senza la piena disponibilità degli impianti sarebbe infatti impossibile all'Azienda applicare le direttive previste dall'AIA. Il provvedimento di sequestro preventivo da parte dell'Autorità Giudiziaria per gli impianti delle "aree a caldo" dello Stabilimento siderurgico Ilva di Taranto e i provvedimenti di custodia cautelare degli ex vertici dell'Azienda sono infatti basati su perizie acquisite su un incidente probatorio in cui una parte importante hanno la perizia chimica e la perizia epidemiologica disposte dal GIP, che sono da considerarsi totalmente inaffidabili.
+ Passera: stiamo ancora valutando piano azienda per applicare Aia
I livelli di PM10 registrati a Taranto – peraltro inferiori rispetto a moltissime altre città italiane ed estere - non possono essere considerati responsabili di presunti eccessi di patologie che sono state stimati su base statistica utilizzando parametri che l'OMS considera come "obiettivo" da raggiungersi in futuro ma non nei prossimi anni, ma che non sono né reali né in vigore in nessun Paese, mentre l'aumento di alcune patologie tumorali (come ad esempio il mesotelioma, che ha un periodo di latenza a volte di oltre trent'anni) sono sicuramente ascrivibili a un periodo di sedimentazione più lungo rispetto ai tempi prospettati dalle Autorità e alle emissioni dell'Ilva, quindi ad una gestione precedente a quella dell'attuale proprietà e ad altre entità presenti sul territorio ove l'utilizzo dell'amianto è stato assai più massiccio di quanto non sia stato per l'ILVA. L'Ilva peraltro ormai da molti anni ha provveduto a una massiccia campagna di rimozione dell'amianto utilizzato dalle precedenti gestioni.
Per le osservazioni sulle perizie il parere di illustri esperti nazionali e internazionali - Queste in sintesi le conclusioni contenute nei commenti alle perizie condotti dal professor Paolo Boffetta, dell'Institute for Translation Epidemiology del Mount Sinai School of Medicine di New York, USA, e dal professor Carlo La Vecchia del Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità dell'Università degli Studi di Milano, e in quelli realizzati dal Professor Marcello Lotti del Dipartimento di Medicina Ambientale e Sanità Pubblica dell'Università di Padova unitamente al Professor Lorenzo Alessio, Ordinario di Medicina del Lavoro all'Università di Brescia, al Professor Vito Foa, del Dipartimento di Medicina del Lavoro – Clinica del Lavoro L. Devoto, al professor Angelo Moretto Ordinario al Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche dell'Università degli Studi di Milano e al Professor Stefano Porru, del Dipartimento di Medicina Applicata – Dipartimento di Medicina del Lavoro dell'Università di Brescia. Questi dati e queste conclusioni sono altresì confortati dai maggiori esperti mondiali che hanno collaborato con Exponent - società di consulenza scientifica ed ingegneristica internazionale quotata alla Borsa di New York che ha preso parte alle indagini sulle principali crisi industriali come per esempio l'incidente della Exxon Valdez, l'inondazione del centro di Chicago, l'attacco al World Trade Center di New York – nel valutare le perizie di Taranto. Secondo i commenti realizzati dagli esperti per i legali di Ilva, la perizia chimica disposta e presentata dal GIP, infatti, aggiorna i quantitativi di PM10 alle prescrizioni aggiornate al febbraio del 2012, che entreranno in vigore solo nel 2016, mentre secondo i parametri attuali adottati per Legge da tutti i Paesi – e anche dall'Italia - per salvaguardare la tutela della salute pubblica, la soglia delle PM10 nell'aria non deve superare i 50 microgrammi per metro cubo giornaliera (40 la soglia media annuale), con un limite di 35 sforamenti annui consentiti, soglie ampiamente rispettate a Taranto anche secondo i periti del Giudice. In particolare infatti, nella perizia prodotta si legge che "relativamente alla conformità alle norme nazionali e regionali, i valori misurati alle emissioni dello stabilimento ILVA con gli auto controlli del Gestore nell'anno 2010 risultano conformi sia a quelli stabiliti dalle precedenti autorizzazioni e sia ai valori limite previsti dal recente decreto di AIA del 5 agosto 2010". E ancora come "con l'ultimo adeguamento dell'impianto di abbattimento del camino E312 a servizio dell'agglomerato, si evidenzia come questa emissione venga campionata e misurata secondo quanto previsto dalla norma regionale, in particolare per quanto riguarda le diossine, e risulta conforme ai limiti regionali prescritti per le diossine e recepite dal decreto AIA". Nei verbali dell'audizione in aula "l'Ilva rispetta tutte le normative" Oltretutto, nel corso dell'audizione in aula per la presentazione delle perizie al Giudice, è stato ribadito più volte dai periti stessi che "L'ILVA rispetta le normative", e ancora "l'Ilva rispetta tutte le prescrizioni dell'AIA, quindi le norme vigenti"; "secondo la letteratura sono valori entro i limiti accettabili"; in una scala di valori elevati, elevatissimi, medi o bassi i valori di Taranto sarebbero per stessa definizione dei periti "medio-bassi" e "starebbero abbondantemente dentro i limiti".
A Taranto il livello delle PM10 è inferiore a quello della Pianura Padana Le stime di particolato medio (PM10) a Taranto riportate nella perizia del dottor Forestiere, del professor Biggeri e della professoressa Triassi per incarico del GIP del Tribunale di Taranto, variano infatti da 22,9 a 34,9 microgrammi/m3 nel periodo 2004-2010 e questi livelli sono peraltro considerevolmente inferiori ai livelli medi annui di 45-55 microgrammi/m3 registrati oggi in altre aree urbane del Nord Italia, come Firenze, Roma, Milano o altre numerose aree urbane e non. Peraltro, per gli effetti a breve termine, basati sui dati disponibili delle centraline, nella perizia prodotta dal GIP non c'è alcuna stima della quota di particolato attribuibile alle emissioni dell'Ilva, pur essendo i valori dell'intero particolato nel suo complesso inferiori a quelli dei limiti di legge. Per quanto riguarda i dati a breve termine, i giorni di superamento della soglia di 50 microgrammi/m3 sarebbero ristretti al periodo 2005-2008, e non ce ne sarebbe nessuno nel 2009-2010; 6 a Machiavelli e 2 ad Archimede nel 2011, oltre ai 35 ammessi nella normativa. L'eventuale impatto di tali superamenti sulla salute è quindi trascurabile, senza considerare che in molte aree urbane del Nord Italia si registrano oltre 100 superamenti annui. Per esempio, l'ultimo report di Legambiente, indica la città di Taranto al 46° posto relativamente al numero di superamenti annui. Per quanto concerne gli effetti a lungo termine, che sarebbero comunque da riferire a esposizioni del lontano passato, le stime di esposizioni per l'intero periodo di 13 anni dal 1998 al 2010 sono riferite a due sole campagne condotte nel 2004 su un totale di 33 giorni, quantitativamente e qualitativamente irrilevanti e quindi da considerarsi del tutto inattendibili.
Gli effetti a lungo termine riferiti ai lavoratori – se reali – riguardano soggetti con impiego nel settore siderurgico nel periodo che va dal 1974 al 1997 Dalle osservazioni alle perizie emerge che sul fronte epidemiologico, gli effetti a lungo termine sulla popolazione generale – se reali – non sono coerenti in maschi e femmine, con un moderato aumento di rischio nei maschi ma una moderata riduzione di rischio nelle femmine, e non sono quindi attribuibili all'inquinamento ambientale. "Inoltre gli effetti a lungo termine riferiti ai lavoratori – se reali – riguardano soggetti con impiego nel settore siderurgico nel periodo che va dal 1974 al 1997, periodo che non riguarda l'attuale proprietà ", è riportato nelle osservazioni. A tutto ciò va aggiunto che la nuova gestione Ilva ha investito pesantemente nel miglioramanto della tecnologia degli impianti con oltre 4,3 miliardi di euro, di cui 1,2 per problematiche ambientali. Per molti tumori non sono note correlazioni con l'inquinamento da PM10 (stomaco, prostata, melanomi, ecc.) e per altri (mesoteliomi) l'eccesso deve essere ricercato in esposizioni professionali estranee all'Ilva. L'attribuzione all'inquinamento di alcuni eccessi potrebbe essere riferita alle condizioni ambientali dei decenni passati, considerando anche la lunga storia delle neoplasie la cui pluridecennale latenza è scientificamente accertata.
A riferirlo in una nota l'ufficio stampa dell'Ilva.
+ Passera: stiamo ancora valutando piano azienda per applicare Aia
I livelli di PM10 registrati a Taranto – peraltro inferiori rispetto a moltissime altre città italiane ed estere - non possono essere considerati responsabili di presunti eccessi di patologie che sono state stimati su base statistica utilizzando parametri che l'OMS considera come "obiettivo" da raggiungersi in futuro ma non nei prossimi anni, ma che non sono né reali né in vigore in nessun Paese, mentre l'aumento di alcune patologie tumorali (come ad esempio il mesotelioma, che ha un periodo di latenza a volte di oltre trent'anni) sono sicuramente ascrivibili a un periodo di sedimentazione più lungo rispetto ai tempi prospettati dalle Autorità e alle emissioni dell'Ilva, quindi ad una gestione precedente a quella dell'attuale proprietà e ad altre entità presenti sul territorio ove l'utilizzo dell'amianto è stato assai più massiccio di quanto non sia stato per l'ILVA. L'Ilva peraltro ormai da molti anni ha provveduto a una massiccia campagna di rimozione dell'amianto utilizzato dalle precedenti gestioni.
Per le osservazioni sulle perizie il parere di illustri esperti nazionali e internazionali - Queste in sintesi le conclusioni contenute nei commenti alle perizie condotti dal professor Paolo Boffetta, dell'Institute for Translation Epidemiology del Mount Sinai School of Medicine di New York, USA, e dal professor Carlo La Vecchia del Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità dell'Università degli Studi di Milano, e in quelli realizzati dal Professor Marcello Lotti del Dipartimento di Medicina Ambientale e Sanità Pubblica dell'Università di Padova unitamente al Professor Lorenzo Alessio, Ordinario di Medicina del Lavoro all'Università di Brescia, al Professor Vito Foa, del Dipartimento di Medicina del Lavoro – Clinica del Lavoro L. Devoto, al professor Angelo Moretto Ordinario al Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche dell'Università degli Studi di Milano e al Professor Stefano Porru, del Dipartimento di Medicina Applicata – Dipartimento di Medicina del Lavoro dell'Università di Brescia. Questi dati e queste conclusioni sono altresì confortati dai maggiori esperti mondiali che hanno collaborato con Exponent - società di consulenza scientifica ed ingegneristica internazionale quotata alla Borsa di New York che ha preso parte alle indagini sulle principali crisi industriali come per esempio l'incidente della Exxon Valdez, l'inondazione del centro di Chicago, l'attacco al World Trade Center di New York – nel valutare le perizie di Taranto. Secondo i commenti realizzati dagli esperti per i legali di Ilva, la perizia chimica disposta e presentata dal GIP, infatti, aggiorna i quantitativi di PM10 alle prescrizioni aggiornate al febbraio del 2012, che entreranno in vigore solo nel 2016, mentre secondo i parametri attuali adottati per Legge da tutti i Paesi – e anche dall'Italia - per salvaguardare la tutela della salute pubblica, la soglia delle PM10 nell'aria non deve superare i 50 microgrammi per metro cubo giornaliera (40 la soglia media annuale), con un limite di 35 sforamenti annui consentiti, soglie ampiamente rispettate a Taranto anche secondo i periti del Giudice. In particolare infatti, nella perizia prodotta si legge che "relativamente alla conformità alle norme nazionali e regionali, i valori misurati alle emissioni dello stabilimento ILVA con gli auto controlli del Gestore nell'anno 2010 risultano conformi sia a quelli stabiliti dalle precedenti autorizzazioni e sia ai valori limite previsti dal recente decreto di AIA del 5 agosto 2010". E ancora come "con l'ultimo adeguamento dell'impianto di abbattimento del camino E312 a servizio dell'agglomerato, si evidenzia come questa emissione venga campionata e misurata secondo quanto previsto dalla norma regionale, in particolare per quanto riguarda le diossine, e risulta conforme ai limiti regionali prescritti per le diossine e recepite dal decreto AIA". Nei verbali dell'audizione in aula "l'Ilva rispetta tutte le normative" Oltretutto, nel corso dell'audizione in aula per la presentazione delle perizie al Giudice, è stato ribadito più volte dai periti stessi che "L'ILVA rispetta le normative", e ancora "l'Ilva rispetta tutte le prescrizioni dell'AIA, quindi le norme vigenti"; "secondo la letteratura sono valori entro i limiti accettabili"; in una scala di valori elevati, elevatissimi, medi o bassi i valori di Taranto sarebbero per stessa definizione dei periti "medio-bassi" e "starebbero abbondantemente dentro i limiti".
A Taranto il livello delle PM10 è inferiore a quello della Pianura Padana Le stime di particolato medio (PM10) a Taranto riportate nella perizia del dottor Forestiere, del professor Biggeri e della professoressa Triassi per incarico del GIP del Tribunale di Taranto, variano infatti da 22,9 a 34,9 microgrammi/m3 nel periodo 2004-2010 e questi livelli sono peraltro considerevolmente inferiori ai livelli medi annui di 45-55 microgrammi/m3 registrati oggi in altre aree urbane del Nord Italia, come Firenze, Roma, Milano o altre numerose aree urbane e non. Peraltro, per gli effetti a breve termine, basati sui dati disponibili delle centraline, nella perizia prodotta dal GIP non c'è alcuna stima della quota di particolato attribuibile alle emissioni dell'Ilva, pur essendo i valori dell'intero particolato nel suo complesso inferiori a quelli dei limiti di legge. Per quanto riguarda i dati a breve termine, i giorni di superamento della soglia di 50 microgrammi/m3 sarebbero ristretti al periodo 2005-2008, e non ce ne sarebbe nessuno nel 2009-2010; 6 a Machiavelli e 2 ad Archimede nel 2011, oltre ai 35 ammessi nella normativa. L'eventuale impatto di tali superamenti sulla salute è quindi trascurabile, senza considerare che in molte aree urbane del Nord Italia si registrano oltre 100 superamenti annui. Per esempio, l'ultimo report di Legambiente, indica la città di Taranto al 46° posto relativamente al numero di superamenti annui. Per quanto concerne gli effetti a lungo termine, che sarebbero comunque da riferire a esposizioni del lontano passato, le stime di esposizioni per l'intero periodo di 13 anni dal 1998 al 2010 sono riferite a due sole campagne condotte nel 2004 su un totale di 33 giorni, quantitativamente e qualitativamente irrilevanti e quindi da considerarsi del tutto inattendibili.
Gli effetti a lungo termine riferiti ai lavoratori – se reali – riguardano soggetti con impiego nel settore siderurgico nel periodo che va dal 1974 al 1997 Dalle osservazioni alle perizie emerge che sul fronte epidemiologico, gli effetti a lungo termine sulla popolazione generale – se reali – non sono coerenti in maschi e femmine, con un moderato aumento di rischio nei maschi ma una moderata riduzione di rischio nelle femmine, e non sono quindi attribuibili all'inquinamento ambientale. "Inoltre gli effetti a lungo termine riferiti ai lavoratori – se reali – riguardano soggetti con impiego nel settore siderurgico nel periodo che va dal 1974 al 1997, periodo che non riguarda l'attuale proprietà ", è riportato nelle osservazioni. A tutto ciò va aggiunto che la nuova gestione Ilva ha investito pesantemente nel miglioramanto della tecnologia degli impianti con oltre 4,3 miliardi di euro, di cui 1,2 per problematiche ambientali. Per molti tumori non sono note correlazioni con l'inquinamento da PM10 (stomaco, prostata, melanomi, ecc.) e per altri (mesoteliomi) l'eccesso deve essere ricercato in esposizioni professionali estranee all'Ilva. L'attribuzione all'inquinamento di alcuni eccessi potrebbe essere riferita alle condizioni ambientali dei decenni passati, considerando anche la lunga storia delle neoplasie la cui pluridecennale latenza è scientificamente accertata.
A riferirlo in una nota l'ufficio stampa dell'Ilva.
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