TARANTO. Sono partite oggi le ferie forzate per quasi 500 lavoratori dell'area a freddo dello stabilimento Ilva di Taranto. L'inizio del fermo viene spalmato tra oggi e le giornate di mercoledi' e giovedi'. Il reparto treno lamiere era gia' in fermata, oggi si aggiunge il reparto rivestimenti tubificio. A meta' settimana dovrebbe fermarsi il tubificio 2. Le ferie forzate riguardano i quasi 2000 operai (1940) per i quali lo scorso 6 novembre l'azienda ha annunciato l'avvio della procedura della Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria proprio a partire da oggi.
Nello specifico gli impianti coinvolti, come spiegato dall'azienda, sono: Tubificio Longitudinale (Tul 1 e 2), Rivestimenti (Riv), Treno Nastri 1 (Tna), Treno Lamiere (Tla), Officine centrali di manutenzione, Servizi ed una parte della Laminazione a freddo (Laf). La causa viene attribuita dall'Ilva alla crisi di mercato e alla mancanza di ordinativi che perdura dall'inizio dell'anno.
Quindi si tratta di una decisione che non e', almeno apparentemente, legata all'ordinanza di sequestro del 26 luglio dei sei reparti dell'area a caldo da parte del gip del tribunale di Taranto, Patrizia Todisco, nell'ambito dell'inchiesta sul presunto disastro ambientale. Finora la crisi di mercato era stata fronteggiata attraverso il ricorso alle ferie e la ricollocazione degli esuberi in altre aree dello stabilimento.
"La cifra di 1940 esuberi, chiesti dall'Ilva, verrebbe raggiunta se si fermassero tutti gli impianti a freddo, compresa la quota parte di manutenzione e servizi", spiega all'Adnkronos Mimmo Panarelli segretario generale della Fim Cisl di Taranto. "Pero', siccome non siamo in questa ottica, quello e' il numero massimo perche' il treno nastri 1 continuera' a lavorare fino alla fine dell'anno e tuttavia e' menzionato tra quelli che andranno in cassa. Stessa cosa dicasi per il Laf che dovrebbe continuare a lavorare tranquillamente. Qualora dovessero mancare ulteriori ordini - precisa - si aggiungerebbero questi reparti. E alla fine si raggiungerebbe quella quota massima". In ogni caso l'accordo con i sindacati sulla cassa integrazione non c'e'. Domani Fim, Fiom e Uilm sono stati convocati dall'azienda.
"Posso gia' anticipare - sostiene Panarelli - che come Fim Cisl domani non andremo all'accordo sulla cassa perche' la ritengo non strettamente necessaria. Nel senso che il problema produttivo che ci portiamo dietro da un po' di tempo, in particolar modo dall'inizio dell'anno, lo abbiamo sempre gestito senza ricorrere a strumenti alternativi. Il fatto che oggi, pur in presenza della stessa condizione di negativita', si fa richiesta di cassa, non lo condivido. L'entita' degli ordini che mancano - sottolinea - non giustificherebbe, secondo me, la richiesta di cassa integrazione perche' potremmo gestirli all'interno dello stabilimento come si e' fatto dall'inizio dell'anno. Il mercato e' sempre quello, non e' variato nel frattempo".
Nello specifico gli impianti coinvolti, come spiegato dall'azienda, sono: Tubificio Longitudinale (Tul 1 e 2), Rivestimenti (Riv), Treno Nastri 1 (Tna), Treno Lamiere (Tla), Officine centrali di manutenzione, Servizi ed una parte della Laminazione a freddo (Laf). La causa viene attribuita dall'Ilva alla crisi di mercato e alla mancanza di ordinativi che perdura dall'inizio dell'anno.
Quindi si tratta di una decisione che non e', almeno apparentemente, legata all'ordinanza di sequestro del 26 luglio dei sei reparti dell'area a caldo da parte del gip del tribunale di Taranto, Patrizia Todisco, nell'ambito dell'inchiesta sul presunto disastro ambientale. Finora la crisi di mercato era stata fronteggiata attraverso il ricorso alle ferie e la ricollocazione degli esuberi in altre aree dello stabilimento.
"La cifra di 1940 esuberi, chiesti dall'Ilva, verrebbe raggiunta se si fermassero tutti gli impianti a freddo, compresa la quota parte di manutenzione e servizi", spiega all'Adnkronos Mimmo Panarelli segretario generale della Fim Cisl di Taranto. "Pero', siccome non siamo in questa ottica, quello e' il numero massimo perche' il treno nastri 1 continuera' a lavorare fino alla fine dell'anno e tuttavia e' menzionato tra quelli che andranno in cassa. Stessa cosa dicasi per il Laf che dovrebbe continuare a lavorare tranquillamente. Qualora dovessero mancare ulteriori ordini - precisa - si aggiungerebbero questi reparti. E alla fine si raggiungerebbe quella quota massima". In ogni caso l'accordo con i sindacati sulla cassa integrazione non c'e'. Domani Fim, Fiom e Uilm sono stati convocati dall'azienda.
"Posso gia' anticipare - sostiene Panarelli - che come Fim Cisl domani non andremo all'accordo sulla cassa perche' la ritengo non strettamente necessaria. Nel senso che il problema produttivo che ci portiamo dietro da un po' di tempo, in particolar modo dall'inizio dell'anno, lo abbiamo sempre gestito senza ricorrere a strumenti alternativi. Il fatto che oggi, pur in presenza della stessa condizione di negativita', si fa richiesta di cassa, non lo condivido. L'entita' degli ordini che mancano - sottolinea - non giustificherebbe, secondo me, la richiesta di cassa integrazione perche' potremmo gestirli all'interno dello stabilimento come si e' fatto dall'inizio dell'anno. Il mercato e' sempre quello, non e' variato nel frattempo".