Monica Taveri e l’enigma del silenzio

Un'opera di Monica Taveri
Francesco Greco. Quei volti che emergono dal passato remoto, forse da altri mondi, universi, dall’inconscio profondo, dal torbido sottosuolo dostoevskiano chiedono ospitalità:  vorrebbero raccontarci il loro vissuto, i sogni divenuti incubi, le passioni divoranti, le illusioni le utopie ispide ma forse possibili. E’ stata un successo, di pubblico (da tutto il mondo: lo si vede dai post lasciati da russi, giapponesi, cinesi, canadesi, australiani, finlandesi, ecc.) e critica (“sindoni contemporanee cariche di terreni misteri”, Maurizio Muscettola, mentre Toti Carpentieri parla di “struttura pittorica giocata tutta in ambito informale”) la personale dell’artista leccese Monica Taveri “Sulla pelle del colore”, alla galleria Scaramuzza (Arte Contemporanea) in via Libertini, nel cuore della capitale del barocco (in foto l’opera intitolata “Settantadue”). Tant’è che, esaurito il tempo (14-21 ottobre) c’è stata una proroga di due settimane e il flusso di appassionati e non è continuato più intenso di prima. La Taveri era conosciuta a Lecce e in Puglia come gallerista: due lustri fa aprì, sempre nel centro antico di Lecce, la galleria d’arte “il Grifone” dando visibilità a tanti artisti, italiani e non, contribuendo alla loro conoscenza, fama, consacrazione. Ora ha cambiato pelle, anche se, come spiega in questa intervista, conserva quella originaria di organizzatrice di eventi di grande richiamo mediatico meritandosi in tal modo la definizione di “vivace ragazza” di Carpentieri.

Domanda: Da gallerista ad artista: com'è avvenuta la metamorfosi?

Risposta: “Mi occupo dell’organizzazione di eventi e mostre da oltre dieci anni e la decisione di esporre le mie opere al pubblico, in una personale, è stata abbastanza sofferta.  Non avrei mai immaginato di ritrovarmi ‘dall’altra parte’.  Per una sorta di rispetto nei confronti dei tanti artisti che ho ospitato nella mia galleria e che ho sempre cercato di sostenere e promuovere al meglio nel corso di tutti questi anni. Non è facile per me… parlare di me! Sono stati gli amici, e soprattutto il mio compagno, che conoscevano i miei lavori a spronarmi e convincermi a realizzare questa mostra: quindi la sorpresa è stata prima di tutto la mia. Ma non intendo assolutamente abbandonare la mia principale passione, che è soprattutto quella della divulgazione e promozione dell’arte contemporanea sul territorio salentino, con una particolare attenzione ai giovani talenti”.

D. Lei è autodidatta?

R.: “Assolutamente si. Ho seguito studi che con l’arte avevano molto poco a che fare, ma disegno fin da piccola e non ho mai smesso di dipingere e fare ricerca in questo senso. Nondimeno mi sono sempre documentata molto, attraverso libri e mostre d’arte, scegliendo spesso le mète dei miei viaggi in funzione dei musei e delle gallerie che avrei potuto visitare”.

D. C'è una chiave psicanalitica per ‘entrare’ nella sua opera?

R.: “Credo di si, ma sinceramente io non la conosco, nel senso che non mi pongo il problema. Dipingo giocando con la materia, attraverso l’utilizzo di gessi acrilici, polveri di marmo, ossidi, sabbie colorate. Partendo quindi da una base informale, fatta soprattutto di macchie casuali di colore, graffiti e simboli, arrivo alla figura finale. Ma è sempre un mistero che si svela alla fine. Sicuramente sono immagini legate ad una parte molto intima di me, cariche di simbolismi, lettere e parole non riconoscibili sparse in apparente disordine, che fanno da trama a questi volti enigmatici e silenziosi. Insomma, tanto materiale da psicanalisi!”.

D. A chi appartengono quei volti che spuntano da dietro grumi di colore?

R.: “Non appartengono a nessuno se non alla mia immaginazione. A volte sono immagini prese da foto che ho scattato personalmente per strada a soggetti inconsapevoli, o volti rubati a pubblicità sulle riviste. Ma il risultato è sempre completamente diverso dalla figura di partenza”.

D. A quale artista contemporaneo si sente più vicina come percezione e sensibilità?

R.: “La mia fonte di ispirazione principale è soprattutto Amedeo Modigliani. Di lui studio attentamente gli accostamenti cromatici: c’è sempre qualcosa da scoprire. Degli artisti contemporanei Mimmo Paladino, che ho avuto il piacere di conoscere personalmente, è quello che prediligo. Spero presto di poter visitare il suo studio, altro luogo di  fascinazione per me. Entrare in uno studio d’artista è come ritrovarmi in un mondo incantato. Una vera e propria fiaba che in quel momento sento di vivere”.

D. Lei sta lavorando per un grande evento alla Galleria Scaramuzza: ne vuole accennare?

R.: “E’una personale di Gian Marco Montesano, maestro dell’arte contemporanea italiana. In esposizione dieci tele di grande formato che hanno per soggetto figure di dive di Hollywood degli Anni Cinquanta e per sfondo immagini dei monumenti più importanti di Roma. Inaugurazione il 24 novembre alle 18 e 30. Il 23 invece anteprima col pubblico all’Accademia di Belle Arti di Lecce, sempre alle 18 e 30, con Montesano ed Emilio Nozzoli, gallerista famoso in Italia e in Europa che con Achille Bonito Oliva lanciò il Movimento della Transavanguardia che vide protagonisti Enzo Cucchi, Sandro Chia, Mimmo Paladino, Francesco Clemente e Nicola De Maria”.

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