«Pregáme a la barése» un piccolo-grande libro per pregare in dialetto

Grazia Stella Elia. Vittorio Polito, già noto per le sue pubblicazioni a carattere demologico, questa volta, in coppia con l’attrice–scrittrice Rosa Lettini Triggiani, pubblica con Levante Editori «Pregáme a la barése», un piccolo–grande libro di preghiere in lingua italiana con accanto la traduzione nel dialetto barese che, come tutti i dialetti, è una lingua. Sì, una lingua e, per giunta, per molti, la lingua del cuore, quella che i bimbi di Bari hanno appreso ed apprendono dalla loro mamma. Lingua materna, dunque e, come tale, lingua dell’amore più semplice e genuino; per di più lingua dalla piacevole sonorità, che può forse giungere gradita persino all’orecchio di Dio e dei Santi. E poi, non è forse il contenuto che conta? In italiano o in barese: l’essenziale è che si preghi!

Dopo questo breve incipit, entriamo in medias res. Il libro è introdotto da un pensiero molto pregnante di Kahlil Gibran:



La preghiera, che è il canto del cuore,

giunge alle orecchie di Dio

anche se confusa in mezzo alle grida

e ai lamenti di migliaia di voci.



Segue la presentazione di p. Lorenzo Lorusso, Priore della Basilica di San Nicola di Bari, il quale afferma che la preghiera «scaturisce dal cuore come sorgente spontanea»; importante è «fare di tutta la vita una preghiera. Pertanto si può pregare in diverse lingue e si può pregare anche in dialetto barese».

Dopo l’Introduzione degli Autori, ci si trova dinanzi alla poetica preghiera di Giovanni Panza ‘A la Madonne de Lurdesse’, in rima baciata, molto bella e musicale. Le pagine successive sono tutte di preghiere: dall’«Atto di adorazione» al «Padre nostro», dall’«Ave, Maria» al «Gloria al Padre», dall’«Angelo di Dio» a «L’eterno riposo», dall’«Atto di fede» all’«Atto di speranza», dall’«Atto di carità» all’«Atto di dolore», al «Credo», al «Santo rosario», alla «Salve, Regina» e alle preghiere ai Santi: San Nicola, Sant’Antonio e San Pio da Pietrelcina. Si continua con «I dieci comandamenti», «Il cantico delle creature» di San Francesco d’Assisi, ‘L’ore de l’Avè Marì’ di Peppino Franco (un affresco delicato e toccante dell’ora del tramonto) e, dulcis in fundo, «La Beata Elia» di Giuseppe Gioia, descritta nella sua povera solitudine, ricca della presenza del Crocifisso, che «dalla mattina alla sera / pregava con cuore sincero».

Un bel lavoro, dunque, realizzato alla luce delle competenze di due persone (Vittorio Polito e Rosa Lettini Triggiani), che con il dialetto hanno una consolidata dimestichezza. Le traduzioni dall’italiano evidenziano appunto una profonda conoscenza della lingua barese e dico ancora una volta “lingua” a ragion veduta, essendo i dialetti vere e proprie lingue.

Tanto per esemplificare, è bello leggere «benedetto il frutto del tuo seno, Gesù» volto in ‘benedìtte u frutte c’àda pertá nzíne, Gesù’. «Riposino in pace» tradotto in ‘Pásce a l’ànema lóre’. «Signore, che io possa goderti in eterno» reso in ‘Segnóre, fa ca non remànghe mertefecàte pe l’eternetá’.

Un plauso per la grafia: semplice, corretta, accessibile a tutti.

Ai lettori l’auspicio di leggere e… pregare!

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