(Foto: Gdp) |
Il titolo originale, "Journal d’un corps", ne chiarisce il contenuto: l’autore racconta, attraverso il diario del personaggio, l’evoluzione di un corpo maschile – un lungo percorso, dai dodici agli ottantasette anni di età. Le difficoltà dell’adolescenza, il quotidiano, gli affetti, l’agonia sono i contorni del mondo descritto.
Educato come un piccolo intellettuale, dalla mente lucida e dalla fisicità ‘trasparente’, il protagonista sta crescendo con le sue paure: il disagio dinanzi ai coetanei, alla madre, all’incontro con lo specchio, pronto a rivelare l’insignificanza del suo aspetto. Ma della paura occorre liberarsi – dichiara l’autore – perché essa genera ignoranza. Occorre essere curiosi, di sé e degli altri, accettare e comprendere ogni nuova sensazione. Di qui il proposito di scrivere un diario, per annotare le manifestazioni inattese che il corpo riserva, per sorvegliarne le reazioni, di fronte a un’immaginazione che corre veloce.
«Non avrò più paura» – ripete l’incipit – e così, scoperta dopo scoperta, il protagonista prosegue il suo viaggio, sino al momento della morte. Alla figlia Lison, l’eredità dei suoi quaderni, la possibilità di divulgarli. Rivisitando l’espediente romanzesco del manoscritto ritrovato, Pennac dà vita a una narrazione realistica, «lontana da ogni tabù» e da qualsiasi intento provocatorio. Il corpo non è mero oggetto, spettacolo da mostrare per puro narcisismo: è macchina, che interagisce con la mente.
È qualcosa di intimo e, insieme, universale: ognuno, tra il pubblico, può e vuole riconoscersi in una delle età descritte. Più giovani e meno giovani sono conquistati dallo sguardo, attento e ironico, di un narratore che registra quanto accade all’uomo, consegnando al lettore una riflessione sulla società di oggi: «… questo corpo moderno, più lo si esibisce, meno esso esiste».