Claudia Gerini |
Un facoltoso uomo di mezza età, con un passato amoroso accennato ma non meticolosamente definito, affitta una troupe teatrale, perlopiù avvezza a fiere di paese e presepi viventi, col tentativo di plasmare una famiglia unita nel sacro giorno di Natale.
Leone, il burattinaio dell’intera vicenda, colui che ha consegnato il copione a ciascun membro della famiglia fasulla, è interpretato da Sergio Castellitto, capace di prestare il suo volto ad un uomo complicato e tormentato che si diverte a scompaginare il canovaccio da lui stesso partorito cercando a più riprese di autoconvincersi che quella ideale vita domestica, congeniata nei minimi dettagli, in realtà palesa sistematicamente le falle tipiche di qualsiasi famiglia tradizionale.
Il cast è nutrito e, bisogna darne atto, ben selezionato. Marco Giallini (ultimamente sfruttatissimo dal cinema italiano) è il capocomico della banda di attori. Fa di tutto perché i suoi colleghi si attengano al testo senza azzardare improvvisazioni che metterebbero in serio pericolo la loro sostanziosa remunerazione. Recita la parte di Fortunato, fratello dell’imprevedibile pater familias, ed è bravissimo, probabilmente il più in forma del film. E’ sposato con Carmen (Claudia Gerini, al fianco di Castelletto otto anni dopo l’acclamato “Non ti muovere”) che nell’occasione veste i panni della moglie di Leone. A fatica tenta di assecondarne le richieste, anche quelle più imbarazzanti ed indecenti, cavandosela, tuttavia, egregiamente. Completano l’improbabile sceneggiata i due figli più piccoli (uno dei quali, spocchioso astro nascente cinematografico, viene noleggiato all’ultimo momento in virtù della prima rimostranza capricciosa del protagonista), Pietro e Luna, adolescenti col sogno del successo nelle vene, fratelli sul “set” ma segretamente innamorati nella vita reale, Sole (la splendida Carolina Crescentini) e la nonna di turno, una fantastica Ilaria Occhini, tristemente poco utilizzata nelle pellicole nostrane. Chi più e chi meno, tutti dovranno immergersi in questa stravagante atmosfera con l’obiettivo di soffocare la propria intolleranza verso i ripetuti stravolgimenti dell’artefice della messa in scena.
Il regista di questo spettacolo metateatrale è Paolo Genovese, cineasta incline alle commedie divertenti (“Immaturi”, “La banda dei babbi Natale”) piuttosto che alle produzioni raffinate e riflessive, traguardo a cui ambisce proprio in “Una Famiglia Perfetta”.
Genovese riadatta al pubblico italiano una pellicola spagnola (“Familia” di Fernando Leon de Aranoa) discostandosi parecchio dalla trama originaria appropriandosi dell’idea per poi maturarne un nuovo concepimento.
Realtà e finzione generano un mix di simpatiche vicissitudini, strampalate circostanze e inaspettati risvolti (come l’intrusione della bella Francesca Neri e la sua auto in panne) senza mai soccombere alla volgarità, tipica di alcune nostre produzioni natalizie, ma allo stesso tempo col freno tirato in ordine di battute sfrigolanti. Il film, infatti, non è spassoso né eccessivamente serioso ma è un giusto cocktail di dramma e commedia, farsa e verosimiglianza, spensieratezza e arguta meditazione.
Con fine e cinico sarcasmo, il cineasta romano affronta molteplici tematiche, il successo ad ogni costo, l’amore perduto e quello ritrovato, la passione non contrapposta, la solitudine e soprattutto le dinamiche familiari con le rispettive endemiche problematiche.
Da qui l’ironia di partenza, già dal titolo stesso, di una famiglia perfetta, difficilmente realizzabile nella società contemporanea.
Voto: 6.5