DOHA. Nessun accordo a Doha, dove dal 26 novembre scorso si tiene la XVIII Conferenza delle Nazioni Unite sui Mutamenti Climatici, alla presenza di circa 17.000 delegati in rappresentanza di quasi duecento Paesi e organismi internazionali: le discussioni si sono arenate sui finanziamenti da parte dei Paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo perche' possano affrontare le conseguenze del surriscaldamento globale. I lavori sono cosi' stati protratti oltre il termine prefissato delle due settimane, che scadeva ieri. Il presidente della Conferenza e vice primo ministro del Qatar padrone di casa, Abdullah bin Hamad al-Attiyah, ha allora avviato consultazioni con le delegazioni presenti, invitandole a considerare una serie di compromessi da lui proposti per arrivare a un patto finale.
Si tratta di rinnovare la validita' del Protocollo di Kyoto del 1997, cosi' da avere il tempo di mettere a punto entro il 2015 una nuova intesa, destinata a entrare in vigore a tutti gli effetti nel 2020.
Il problema finanziario sui presenta comunque di non facile soluzione: i Paesi ricchi sono infatti chiamati a elargire un totale di 100 miliardi di dollari, pari a 76 miliardi di euro, per i prossimi otto anni, con una sensibile impennata rispetto ai 30 miliardi di dollari originariamente previsti. I Paesi poveri esigono pero' ulteriori 60 miliardi di dollari per il triennio a venire, almeno 20 dei quali da versare l'anno prossimo, mentre Stati Uniti e Unione europea si rifiutano di definire fin da subito cifre precise. (AGI)
Si tratta di rinnovare la validita' del Protocollo di Kyoto del 1997, cosi' da avere il tempo di mettere a punto entro il 2015 una nuova intesa, destinata a entrare in vigore a tutti gli effetti nel 2020.
Il problema finanziario sui presenta comunque di non facile soluzione: i Paesi ricchi sono infatti chiamati a elargire un totale di 100 miliardi di dollari, pari a 76 miliardi di euro, per i prossimi otto anni, con una sensibile impennata rispetto ai 30 miliardi di dollari originariamente previsti. I Paesi poveri esigono pero' ulteriori 60 miliardi di dollari per il triennio a venire, almeno 20 dei quali da versare l'anno prossimo, mentre Stati Uniti e Unione europea si rifiutano di definire fin da subito cifre precise. (AGI)
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