Introna a Policoro contro il petrolio nei mari: “difendiamo il nostro futuro”

BARI. “La ricerca di petrolio in mare pone un’ipoteca inaccettabile sul futuro dell’ambiente e delle persone. No alle trivellazioni nello Ionio, nell’Adriatico, in tutto il Mediterraneo. Difendiamo i nostri mari e facciamolo insieme: Istituzioni, associazioni, cittadini, ragazze e ragazzi”. Il presidente del Consiglio regionale della Puglia, Onofrio Introna, ribadisce l’esigenza di sollecitare un confronto del movimento istituzionale e sociale “No petrolio” con il governo centrale, per condividere un piano nazionale che faccia il punto dell’effettivo fabbisogno energetico e compia scelte strategiche investendo sulle fonti rinnovabili. Lo ha fatto a Policoro, nella manifestazione contro le prospezioni nell’area lucana e calabrese del Golfo di Taranto e nello Ionio meridionale.

+ "A Policoro tutti uniti contro le trivelle"

“Il petrolio nei mari italiani è scadente, scarso, insufficiente, pericoloso e mentre l’attenzione delle multinazionali si sposta dall’Adriatico allo Ionio – fa notare Introna – comincio ad intravedere un progetto difficile, ma non irrealizzabile: quello di una conferenza mediterranea, un grande dialogo sulla salute e sullo sfruttamento del mare comune. Si tratta di esportare all’intero bacino il modello di confronto tra le Regioni e i Paesi adriatici, che sta portando ad un protocollo off shore allargato”.

Il problema è di tutto il Mediterraneo, non solo dell’Adriatico ed ora dello Ionio, insiste il presidente del Consiglio regionale pugliese. “E’ tutt’altro che un mare sconfinato e gli effetti negativi di un solo incidente ad una sola piattaforma petrolifera si estendono ad un’area straordinariamente ampia, come accaduto nel Golfo del Messico. Per questo, credo che tutte le Nazioni mediterranee abbiano interesse a decidere insieme sul futuro del loro mare, delle loro coste e delle loro economie. E possono farlo puntando sull’energia pulita, visto che il petrolio è pessimo, inquinante e destinato ad esaurirsi nel giro di pochi decenni”.

A Policoro, al corteo e poi nel Palazzetto dello Sport, si sono riuniti  rappresentanti delle Amministrazioni locali, dei movimenti ambientalisti e studenti (tantissimi i giovani). La prof.ssa. Maria Rita D’Orsogna, docente dell’università di California di origini abruzzesi, ha segnalato le tante ragioni del “NO”.
Il petrolio nel nostro sottosuolo marino è di qualità scadente, “amaro e pesante”, una fanghiglia oleosa, corrosiva, da desolforare con costi ambientali aggiuntivi. Danni, impatti e rischi sono presenti di fatto in ogni fase. In quella della ricerca, la tecnica dell’air gun riduce del 40% il pescato ed ogni sparo sottomarino ad altissima pressione verso i fondali provoca il rumore di 1 milione di concerti rock contemporanei. Durante le trivellazioni, vengono usati fanghi e fluidi di perforazione, la cui nocività è coperta da segreto industriale. Quanto alla “coltivazione”, l’estrazione insomma, difetti nella tenuta stagna dei pozzi creano infiltrazioni nelle falde, le torri rilasciano rifiuti petroliferi e sostanze tossiche costosi da smaltire come rifiuti speciali.

Ultimo aspetto, la bassa redditività: le royalty nei mari italiani non sono da “oro nero”, si fermano al 4%. All’opposto, per il petrolio libico, “dolce e leggero”, sfiorano  invece quota 90%.
In conclusione, il presidente ha preso visione con interesse del “Protocollo di Heraklea”, che sarà sottoscritto  dalle Amministrazioni per ribadire un secco “NO” alle undici istanze presentate da sei compagnie petrolifere nello Ionio.

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