Vittorio Polito. Per la collana “Eolo” diretta da Francesco Bellino è stato pubblicato il volume di Antonio D’Azevedo Maia «Né l’organicismo né il vitalismo esclusivi sono veri» con traduzione a cura di Roberto Lipani e Melania Anna Duca, dottoranda presso il Centro Interuniversitario di Ricerche in Storia della Scienza dell’Università di Bari, (Levante Editori – pagine 212 - € 20).
Il trattato si pone nel solco della tradizione ippocratica della medicina in quanto sapere complesso a servizio della cura integrale dell’essere umano. In tal senso D’Azevedo Maia insiste sulla strettissima connessione tra sapere medico e sapere filosofico.
“Ciascun medico è allo stesso tempo filosofo”. Con queste parole, un ventitreenne Antonio D’Azevedo Maia discuteva, nel 1874, la sua appassionata, quanto insolita per l’epoca, tesi di laurea, davanti alla commissione della Facoltà di Medicina e Chirurgia della Università di Oporto, in Portogallo.
Il volume di che trattasi s’inserisce in un progetto varato dal Bioethical Medicine Lab, in collaborazione con la prestigiosa Accademia nazionale di Storia dell’Arte Sanitaria di Roma ed il Comune di Acquarica del Capo (LE), finalizzato alla celebrazione del Primo Centenario della morte del medico portoghese Antonio D’Azevedo Maia (1912-2012), autore della “dissertazione inaugurale”, di cui il volume costituisce non solo la prima traduzione italiana mai redatta, ma anche la prima riedizione in assoluto. Si tratta, infatti, di un piccolo saggio rinvenuto negli archivi della Biblioteca universitaria della città di Oporto, prima d’ora mai considerato né studiato e approfondito nei suoi eccezionali elementi innovatori del pensiero medico dell’epoca: la medicina non è scienza, ma arte e come tale è necessario che resti nell’interesse del paziente e del medico stesso, della comunità scientifica e di quella sociale.
Nonostante l’apparente complessità del titolo, che la curatrice del volume, Melania Anna Duca, ha voluto e conservato aderente all’originale portoghese, l’opera di Antonio Maia si presenta in un linguaggio particolarmente limpido e capace di parlare non solo ad un pubblico accademico, di esperti del settore, ma anche a tutti coloro che desiderano approfondire i temi della bioetica in relazione alla medicina ed alla sanità. Motivo per il quale si è scelto di pubblicare l’opera del Maia e di organizzare, quindi, un Convegno di Studi in occasione del Centenario che si terrà venerdì 14 dicembre alle ore 18, presso la Sala Conferenze del Castello Medievale del Comune di Acquarica del Capo, in provincia di Lecce.
Il messaggio, incredibilmente attuale, che Antonio Maia ha voluto tramandare, a cominciare già dalla sua tesi di laurea, riguarda l’esercizio di una medicina innovata all’insegna dei principi bioetici, attraverso la conoscenza storica. La gioventù medica non può e non deve ignorare chi la precedette nella conoscenza del vero, perché la medicina è in primis conoscenza, è filosofia. L’affidarsi al “numero”, delle indagini statistiche, come del quantitativo del principio attivo di un farmaco, e via dicendo, resta una “chimera”, a detta del Maia, la “negazione del bios”, di tutto ciò che è Vita.
Il trattato si pone nel solco della tradizione ippocratica della medicina in quanto sapere complesso a servizio della cura integrale dell’essere umano. In tal senso D’Azevedo Maia insiste sulla strettissima connessione tra sapere medico e sapere filosofico.
“Ciascun medico è allo stesso tempo filosofo”. Con queste parole, un ventitreenne Antonio D’Azevedo Maia discuteva, nel 1874, la sua appassionata, quanto insolita per l’epoca, tesi di laurea, davanti alla commissione della Facoltà di Medicina e Chirurgia della Università di Oporto, in Portogallo.
Il volume di che trattasi s’inserisce in un progetto varato dal Bioethical Medicine Lab, in collaborazione con la prestigiosa Accademia nazionale di Storia dell’Arte Sanitaria di Roma ed il Comune di Acquarica del Capo (LE), finalizzato alla celebrazione del Primo Centenario della morte del medico portoghese Antonio D’Azevedo Maia (1912-2012), autore della “dissertazione inaugurale”, di cui il volume costituisce non solo la prima traduzione italiana mai redatta, ma anche la prima riedizione in assoluto. Si tratta, infatti, di un piccolo saggio rinvenuto negli archivi della Biblioteca universitaria della città di Oporto, prima d’ora mai considerato né studiato e approfondito nei suoi eccezionali elementi innovatori del pensiero medico dell’epoca: la medicina non è scienza, ma arte e come tale è necessario che resti nell’interesse del paziente e del medico stesso, della comunità scientifica e di quella sociale.
Nonostante l’apparente complessità del titolo, che la curatrice del volume, Melania Anna Duca, ha voluto e conservato aderente all’originale portoghese, l’opera di Antonio Maia si presenta in un linguaggio particolarmente limpido e capace di parlare non solo ad un pubblico accademico, di esperti del settore, ma anche a tutti coloro che desiderano approfondire i temi della bioetica in relazione alla medicina ed alla sanità. Motivo per il quale si è scelto di pubblicare l’opera del Maia e di organizzare, quindi, un Convegno di Studi in occasione del Centenario che si terrà venerdì 14 dicembre alle ore 18, presso la Sala Conferenze del Castello Medievale del Comune di Acquarica del Capo, in provincia di Lecce.
Il messaggio, incredibilmente attuale, che Antonio Maia ha voluto tramandare, a cominciare già dalla sua tesi di laurea, riguarda l’esercizio di una medicina innovata all’insegna dei principi bioetici, attraverso la conoscenza storica. La gioventù medica non può e non deve ignorare chi la precedette nella conoscenza del vero, perché la medicina è in primis conoscenza, è filosofia. L’affidarsi al “numero”, delle indagini statistiche, come del quantitativo del principio attivo di un farmaco, e via dicendo, resta una “chimera”, a detta del Maia, la “negazione del bios”, di tutto ciò che è Vita.