di Luigi Nicolardi (già sindaco di Alessano). Dopo Alessano e Molfetta, la Sicilia e la Sardegna, Radio Padania è tornata a trasmettere nel Salento dal ripetitore di Villa Castelli in provincia di Brindisi. E anche in questo caso scoppiano le polemiche perché la frequenza di 97.800 Mhz interferisce con quella già utilizzata da Idea Radio.
Tutta questa attivazione di frequenze al Sud, se all’apparenza può far pensare a un cambiamento di strategia politica da parte della Lega, che da movimento indipendentista nordista intende assurgere a ruolo di vero e proprio partito nazionale, nella realtà dei fatti gli intenti leghisti vanno al di là delle nobili intenzioni della politica e riguardano i meri interessi privati dell’emittente.
Infatti, è ormai chiaro che l’attivazione delle frequenze di Radio Padania Libera nel Salento non sono legate alla volontà del partito di far conoscere il pensiero leghista al Sud, quanto piuttosto a una precisa strategia di marketing che intravede nel territorio meridionale un grande supermercato entro cui effettuare lo “shopping meridionale delle frequenze” , così come lo ha definito in maniera inequivocabile Cesare Bosetti, amministratore unico di Radio Padania Libera. Una dichiarazione, questa, che allude chiaramente alla ”compra/vendita “ di frequenze e non, come vogliono farci credere, allo “ scambio/permuta” delle stesse.
D’altronde, non ci crede più nessuno alla favola dell’eurodeputato Matteo Salvini , che Radio Padania, con il suo carico di insulti nei confronti dei meridionali, ha interesse a far conoscere le sue idee proprio al Sud. Infatti, perché a noi salentini dovrebbe farci piacere ascoltare gli insulti quotidiani di “quei cosiddetti cittadini padani”, che non perdono occasione per etichettarci come “pidocchiosi”, “ladri”, “evasori” e quant'altro la fantasia padana escogita?
Ascoltare le trasmissioni della radio leghista, nel vano tentativo di intravedere, seppure a livello embrionale, un pur semplice messaggio di tolleranza e accoglienza nei confronti di tutti quelli che vengono considerati “diversi” dai padani, è un pugno allo stomaco, uno schiaffo alla pazienza umana.
Dunque, la presenza di Radio Padania nel Salento non ha nulla a che vedere con lo sbarco al Sud del pensiero leghista o con la possibilità di instaurare gemellaggi con i movimenti separatisti salentini; nulla a che vedere con la possibilità di aprire nuove sedi al Sud o con l’assunzione di nuovo personale, magari meridionale.
Niente di tutto ciò: quella di Radio Padania nel Salento è soltanto una pura e semplice operazione di marketing commerciale, che serve soltanto a rimpinguare le casse dell’azienda , così come già avvenuto in altre parti del Meridione. Infatti , una semplice occhiata presso il Ministero dello Sviluppo Economico permetterebbe di constatare che nessuna delle frequenze attivate in questi anni nel territorio meridionale trasmette oggi i programmi di Radio Padania.
Allo scadere del novantesimo giorno , come d’incanto , le frequenze ottenute gratuitamente vengono “permutate/vendute” ai network commerciali che ne fanno anticipatamente richiesta a Radio Padania.
Il meccanismo è alquanto semplice, in base al comma 2 dell’art. 74 della finanziaria Bossi-Berlusconi del 2001, Radio Padania, in quanto Radio Comunitaria, può acquisire frequenze in deroga a ogni regolamento locale, su tutto il territorio nazionale, senza che nessuno possa opporsi e senza spendere un solo euro, anzi usufruendo di un cospicuo contributo governativo di oltre un milione di euro.
Trascorsi 90 giorni dall’attivazione della frequenza, se la stessa non interferisce con altre frequenze esistenti, Radio Padania ne diviene proprietaria e, invece di continuare a trasmettere i propri programmi come era logico aspettarsi, preferisce “scambiare” la frequenza così ottenuta con quella di un network commerciale, che in questo modo può ampliare il proprio bacino di utenza. Punto e a capo, si ricomincia.
Altro territorio, altra frequenza, nuove polemiche (sempre le stesse per la verità ) che servono alla radio per far trascorrere i 90 giorni per consolidare la proprietà ed effettuare la nuova “permuta”. Una storia infinita, che si ripete da oltre dieci anni senza che nessuno abbia cercato di porvi rimedio. Se ne riparla sempre e solo quando, come in questo caso, la radio ricomincia a trasmettere.
Ad Alessano, allo scadere del novantesimo giorno di trasmissioni sulla frequenza di 105.300 Mhz , nel Capo di Leuca non si ascolta più la voce ufficiale della Lega Nord, bensì le note più suadenti della più nota radio commerciale RTL 102.5. Tutto ciò è avvenuto nell’indifferenza totale di politici ed editori salentini che solo pochi mesi prima, quando la frequenza di 105.600 Mhz interferiva con quella di Radio Nice, giuravano e spergiuravano che si sarebbero opposti con tutte le forze contro l’invasione leghista del territorio salentino. Invece una volta risolto il proprio conflitto di interessi la vicenda è ricaduta nell’oblio.
Da tempo sostengo che la questione di Radio Padania non è legata solo al problema delle interferenze con le radio locali o a quello ben più grave dei contenuti xenofobi e antimeridionalisti che vengono trasmessi, quanto piuttosto a una vera e propria questione di legalità costituita da un’anomalia del mercato delle frequenze a cui va posto rimedio, magari facendo approvare una semplice leggina di un solo articolo che vieti lo scambio di frequenze tra le radio comunitarie e quelle commerciali, ristabilendo in questo modo la legalità in un settore oggi dominato dal monopolio padano.
Infatti, non è ancora chiaro perché in un momento in cui il mercato delle frequenze è bloccato e i network commerciali non possono acquisire nuove frequenze sul territorio nazionale, perché vietato per legge, gli stessi possono aggirare l’ostacolo proprio “permutando” alcune loro frequenze con quelle meridionali di Radio Padania, che in questo modo ha garantita l’esclusiva su tutto il territorio nazionale.
Numerose sono le domande che aspettano una risposta. Perché a una radio comunitaria che acquisisce le frequenze in deroga, senza sborsare un euro, è consentito poi “permutare/vendere “ la frequenza con i network commerciali? Non sono questi due soggetti differenti che, per legge, non dovrebbero entrare in rapporti commerciali? Che necessità ha Radio Padania (al di fuori di quella economica) di permutare le proprie frequenze, se le può acquisire gratis su tutto il territorio? A chi giova tutta questa permuta di frequenze? A Radio Padania o ai network commerciali che in questo modo possono ottenere la frequenza desiderata senza dover aspettare lunghi ed estenuanti iter amministrativi, con il rischio di vedersi negare la richiesta?
Perché il garante per le telecomunicazioni non interviene a chiarire i tanti dubbi alla base di questa vicenda? Perché i nostri rappresentanti politici, che siedono ancora in Parlamento, non riescono a porre fine allo “shopping meridionale delle frequenze” mettendo, una volta per tutte, la parola fine allo sfruttamento del nostro territorio, per soli fini commerciali della radio leghista?
Tutta questa attivazione di frequenze al Sud, se all’apparenza può far pensare a un cambiamento di strategia politica da parte della Lega, che da movimento indipendentista nordista intende assurgere a ruolo di vero e proprio partito nazionale, nella realtà dei fatti gli intenti leghisti vanno al di là delle nobili intenzioni della politica e riguardano i meri interessi privati dell’emittente.
Infatti, è ormai chiaro che l’attivazione delle frequenze di Radio Padania Libera nel Salento non sono legate alla volontà del partito di far conoscere il pensiero leghista al Sud, quanto piuttosto a una precisa strategia di marketing che intravede nel territorio meridionale un grande supermercato entro cui effettuare lo “shopping meridionale delle frequenze” , così come lo ha definito in maniera inequivocabile Cesare Bosetti, amministratore unico di Radio Padania Libera. Una dichiarazione, questa, che allude chiaramente alla ”compra/vendita “ di frequenze e non, come vogliono farci credere, allo “ scambio/permuta” delle stesse.
D’altronde, non ci crede più nessuno alla favola dell’eurodeputato Matteo Salvini , che Radio Padania, con il suo carico di insulti nei confronti dei meridionali, ha interesse a far conoscere le sue idee proprio al Sud. Infatti, perché a noi salentini dovrebbe farci piacere ascoltare gli insulti quotidiani di “quei cosiddetti cittadini padani”, che non perdono occasione per etichettarci come “pidocchiosi”, “ladri”, “evasori” e quant'altro la fantasia padana escogita?
Ascoltare le trasmissioni della radio leghista, nel vano tentativo di intravedere, seppure a livello embrionale, un pur semplice messaggio di tolleranza e accoglienza nei confronti di tutti quelli che vengono considerati “diversi” dai padani, è un pugno allo stomaco, uno schiaffo alla pazienza umana.
Dunque, la presenza di Radio Padania nel Salento non ha nulla a che vedere con lo sbarco al Sud del pensiero leghista o con la possibilità di instaurare gemellaggi con i movimenti separatisti salentini; nulla a che vedere con la possibilità di aprire nuove sedi al Sud o con l’assunzione di nuovo personale, magari meridionale.
Niente di tutto ciò: quella di Radio Padania nel Salento è soltanto una pura e semplice operazione di marketing commerciale, che serve soltanto a rimpinguare le casse dell’azienda , così come già avvenuto in altre parti del Meridione. Infatti , una semplice occhiata presso il Ministero dello Sviluppo Economico permetterebbe di constatare che nessuna delle frequenze attivate in questi anni nel territorio meridionale trasmette oggi i programmi di Radio Padania.
Allo scadere del novantesimo giorno , come d’incanto , le frequenze ottenute gratuitamente vengono “permutate/vendute” ai network commerciali che ne fanno anticipatamente richiesta a Radio Padania.
Il meccanismo è alquanto semplice, in base al comma 2 dell’art. 74 della finanziaria Bossi-Berlusconi del 2001, Radio Padania, in quanto Radio Comunitaria, può acquisire frequenze in deroga a ogni regolamento locale, su tutto il territorio nazionale, senza che nessuno possa opporsi e senza spendere un solo euro, anzi usufruendo di un cospicuo contributo governativo di oltre un milione di euro.
Trascorsi 90 giorni dall’attivazione della frequenza, se la stessa non interferisce con altre frequenze esistenti, Radio Padania ne diviene proprietaria e, invece di continuare a trasmettere i propri programmi come era logico aspettarsi, preferisce “scambiare” la frequenza così ottenuta con quella di un network commerciale, che in questo modo può ampliare il proprio bacino di utenza. Punto e a capo, si ricomincia.
Altro territorio, altra frequenza, nuove polemiche (sempre le stesse per la verità ) che servono alla radio per far trascorrere i 90 giorni per consolidare la proprietà ed effettuare la nuova “permuta”. Una storia infinita, che si ripete da oltre dieci anni senza che nessuno abbia cercato di porvi rimedio. Se ne riparla sempre e solo quando, come in questo caso, la radio ricomincia a trasmettere.
Ad Alessano, allo scadere del novantesimo giorno di trasmissioni sulla frequenza di 105.300 Mhz , nel Capo di Leuca non si ascolta più la voce ufficiale della Lega Nord, bensì le note più suadenti della più nota radio commerciale RTL 102.5. Tutto ciò è avvenuto nell’indifferenza totale di politici ed editori salentini che solo pochi mesi prima, quando la frequenza di 105.600 Mhz interferiva con quella di Radio Nice, giuravano e spergiuravano che si sarebbero opposti con tutte le forze contro l’invasione leghista del territorio salentino. Invece una volta risolto il proprio conflitto di interessi la vicenda è ricaduta nell’oblio.
Da tempo sostengo che la questione di Radio Padania non è legata solo al problema delle interferenze con le radio locali o a quello ben più grave dei contenuti xenofobi e antimeridionalisti che vengono trasmessi, quanto piuttosto a una vera e propria questione di legalità costituita da un’anomalia del mercato delle frequenze a cui va posto rimedio, magari facendo approvare una semplice leggina di un solo articolo che vieti lo scambio di frequenze tra le radio comunitarie e quelle commerciali, ristabilendo in questo modo la legalità in un settore oggi dominato dal monopolio padano.
Infatti, non è ancora chiaro perché in un momento in cui il mercato delle frequenze è bloccato e i network commerciali non possono acquisire nuove frequenze sul territorio nazionale, perché vietato per legge, gli stessi possono aggirare l’ostacolo proprio “permutando” alcune loro frequenze con quelle meridionali di Radio Padania, che in questo modo ha garantita l’esclusiva su tutto il territorio nazionale.
Numerose sono le domande che aspettano una risposta. Perché a una radio comunitaria che acquisisce le frequenze in deroga, senza sborsare un euro, è consentito poi “permutare/vendere “ la frequenza con i network commerciali? Non sono questi due soggetti differenti che, per legge, non dovrebbero entrare in rapporti commerciali? Che necessità ha Radio Padania (al di fuori di quella economica) di permutare le proprie frequenze, se le può acquisire gratis su tutto il territorio? A chi giova tutta questa permuta di frequenze? A Radio Padania o ai network commerciali che in questo modo possono ottenere la frequenza desiderata senza dover aspettare lunghi ed estenuanti iter amministrativi, con il rischio di vedersi negare la richiesta?
Perché il garante per le telecomunicazioni non interviene a chiarire i tanti dubbi alla base di questa vicenda? Perché i nostri rappresentanti politici, che siedono ancora in Parlamento, non riescono a porre fine allo “shopping meridionale delle frequenze” mettendo, una volta per tutte, la parola fine allo sfruttamento del nostro territorio, per soli fini commerciali della radio leghista?
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