Odio le feste perché “Babbo Natale è strunz”

Francesco Greco. Diciamolo senza se e senza ma: il Natale di oggi è una gran rottura; è un’orgia consumistica, la nascita di Gesù non c’entra più niente, nasce il regalo al discount del quartiere, non il Bambinello. Non è un caso che la sua semantica è rifiutata da tanti che lo mettono in antitesi al Natale del tempo andato, quando non c’erano i centri commerciali paghi due porti via tre, gli spot che cominciano a martellare già da ottobre, i cenoni colmi di colesterolo fra zamponi e lenticchie, le giarrettiere rosse, i capitoni vivi: i regali erano poveri e si cantava “Adeste fidelis!” attorno all’albero.

   E’ che siamo costretti a recitare un ruolo che ci è imposto a viva forza, anche di riflesso, dalla fottuta civiltà dei consumi indotti, con la vecchia zia che ti ritrovi accanto la sera del cenone e che non sai manco come si chiama e il regalo non gradito che sei costretto a riciclare col rischio di fare una figuraccia. Non manca la retorica del buonismo e il programma tv dove rompono con l’etica del riciclo e poi con i consigli su come smaltire il chilo preso sotto le feste.

   E’ una follia che contagia tutto e tutti, schiacciandoci a un ruolo non scelto e che non ci piace: ma non c’è scampo. Una festa del regalo inutile: che un Bambino nasca in una grotta al freddo e al gelo, alla fin fine, è un optional, quasi nessuno se ne ricorda più: o tempora, o mores.

   La frase più usata in questo periodo dell’anno è: “Odio le feste, spero che passino in fretta”. Insomma, il Natale all’epoca del web e dello spread è una prova di resistenza umana, una fatica di Sisifo arrivare alla Befana sani e salvi. Nel frattempo, acconciando l’albero o il presepio che non piaceva al figlio di Eduardo, prepariamoci spiritualmente alla festa più bella leggendo i 15, deliziosi raccontini (short-story) brillantemente assemblati da Paolo Baron di “Babbo Natale è strunz”, 80144 edizioni, Roma 2010, pp. 232, € 11. E dove, scorrendo le pagine, quello detto sinora trova purtroppo conferma.

   C’è tutto e l’esatto contrario: persino un Babbo Natale (“La forma della castagnola”, Mattia Fresca) che sceglie la festa per consumare un delitto, tanto fra i tanti colleghi che fanno regali qua e là al solito centro commerciale superaffollato chi mai lo scoprirà? Una ragazza abbandonata dal suo uomo proprio il 25 dicembre “dopo aver avuto l’accuratezza di impacchettare di nascosto la sua roba manco mi stesse preparando il regalo di Natale” (“Le corna di Natale”, Nadia Terranova). Un carcerato che torna a casa per passare la festa per avere nostalgia della galera (“Nat”, Ivan Polidoro).

   E poi, ma non ci sarebbe manco bisogno di dirlo tanto è scontato, un sogno che è molto simile alla realtà: “…finalmente arrivo alla cassa il banco è zeppo di cotechini, pandori, panettoni, miele, confezioni di struffoli, spumante…” (“Quello che voglio per Natale è immorale”, Raffaella R. Ferré). Poi ci si meraviglia che al figlio di Eduardo non piace il presepio: per forza, aveva capito in anticipo sui tempi dove saremmo andati a parare. E meno male che quest’anno pare che calino i consumi, anche se il tg mostra gente che sorride e spende: magari sono frammenti di cinepanettoni girati dopo aver battuto il ciak. Tanto che sono già cominciati i saldi e si vedono file di gente in attesa dalle 5 del mattino al freddo e al gelo davanti al negozio del centro per acchiappare il fular di seta o il collo di pelliccia a metà prezzo.

   Comunque, non resta che rassegnarci e trovare sollievo alla melassa del “siamo tutti più buoni” e delle tombole augurando Buon Natale ai lettori di questo libro assolutamente godibile, e anche ai nostri…          

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