Storia di Elena, la badante che morì sola

Francesco Greco. Elena Matei aveva 41 anni e anni fa aveva abbandonato il suo paese, la Romania, per cercare fortuna in Italia, che un volgare topòs della tv spazzatura dipinge come la Terra Promessa, il paese dei balocchi. Sappiamo che non è così, ma vallo a dire a chi vive di stenti nelle baraccopoli nigeriane, nei suk mediorientali, nelle bidonvilles sparse nel mondo. Va a convincere il diseredato di Bucarest, il disoccupato di Lima, la ragazza alla pari di Manila.

   Elena però era stata fortunata: aveva trovato lavoro come badante a Salve, nel Leccese: accudiva un anziano pensionato rimasto vedovo. Faticoso, ma anche appagante sotto l’aspetto umano. E comunque nella vita raramente si può scegliere. Non certo la badante rumena, con una figlia diciottenne da mantenere e un nipotino arrivato all’improvviso.

   Elena era una del milione e 700mila badanti (spesso laureate) che assistono gli anziani del Belpaese, lavoro che non garba alla donna italica, che a volte passa la giornata a fare shopping e a guardare insulse soap-opera il cui livello morale è dettato dalla corruzione del tempo che viviamo allucinati.

   E’ morta lo scorso 22 ottobre per un attacco di cuore. Se n’è andata sola, come sola e in silenzio aveva sempre vissuto. Il pensiero alla famiglia lontana l’aveva logorata dentro. Un’altra storia del puzzle infinito delle migrazioni. C’è chi muore inghiottito dalle onde cupe e minacciose di notte dopo aver dato tutti i risparmi ai trafficanti di speranza per saltare su un gommone e inseguire il sogno di una vita meno aspra, chi cade dall’impalcatura sul cantiere edile dove ha trovato occupazione, ovviamente a nero, chi muore ogni giorno chiedendo l’elemosina nelle vie del centro fra le vetrine sfavillanti di lusso e chi di botte del magnaccia che l’ha attirata qui con la promessa di un lavoro pulito e poi l’ha sbattuta sulla strada davanti a un fuoco.

   Elena se n’è andata mentre era al suo lavoro quotidiano fatto di amore e sacrificio per uno sconosciuto per una paga decente ma che dalle sue parti significa vivere nell’agio. La Terra Promessa ha molte facce, alcune inquietanti, volgari, violente, incomprensibili. La storia di Elena la badante venuta dal freddo ha commosso il paese: chi la conosceva nel rione, col sorriso disarmante, gli occhi azzurri, chi non l’aveva mai vista. Tanto che il Salento l’ha ricordata con una serata di riflessione e di cinema in tema ideata e organizzata da Donatella Trono, responsabile della Biblioteca Comunale di Salve, che è andata casa per casa a cercare le badanti facendole emergere da un anonimato in cui spesso le tengono con accidia le istituzioni senza relazionarsi alla loro soggettività e alle loro problematiche e culture (basta pensare ai ragazzi neri “parcheggiati” da mesi in un albergo di Salve).

   A Palazzo Ramirez sono stati proiettati due film: “Mar Nero” (Italia 2008, di Federico Bondi) e “Hanna e Violka” (Italia 2009, di Rossella Piccinno, laureata al Dams di Bologna in Cinematografia Documentaria e Sperimentale e specializzata in “Cinema e Arti Digitali”). La regista ha firmato numerosi documentari. La sua pellicola ha vinto una serie di premi alle rassegne dove è stata presentata, fra cui l’Etno Festival di Rovigo e il Festival “Obiettivi sul Lavoro” di Roma.

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