Davide Santorsola, un lungo viaggio nell'universo musicale

Il compositore pugliese Davide Santorsola
Marco Masciopinto. La buona musica si riconosce dal primo ascolto. In molti l’hanno riconosciuta in ‘’Horizon’’, il nuovo ‘’concept-album’’ del compositore pugliese Davide Santorsola, che pubblica un disco composto da dieci brani scritti interamente dal pianista jazz, accompagnati dal solo piacevole suono del pianoforte, un capolavoro che racchiude emozioni e stati d’animo di un artista sofisticato e molto apprezzato non solo in patria ma anche dall’altra parte del mondo.

Horizon è un lungo viaggio attraverso il passato e il futuro, una serie di scatti e momenti racchiusi in un disco lineare e di qualità, consigliato agli ascoltatori che vogliono partire per un lungo viaggio con la mente. Preparatevi per conoscere nuovi orizzonti.

 - ‘’Horizon’’ è il titolo del suo nuovo album. Ci racconta la lavorazione di questo disco e i tratti principali che lo compongono?

‘’Horizon è un “concept” album. È una sorta di personale reportage, in viaggio per concerti da aprile a settembre di quest’anno e descrive, in 10 brani, simbolicamente dieci miei diversi stati emotivi.

I dieci brani inclusi in Horizon sono tutti in relazione fra loro e ciascuno ritrae un diverso umore in corso del viaggio, appunto. Ad esempio, il primo brano, “Devo andare”, cattura quel particolare stato d’animo nel quale si giunge alla chiara consapevolezza della necessità di partire, nonostante dubbi, incertezze; il secondo, “Greyhound bound for horizon”, del viaggio prende quei momenti di tempo sospeso, quelli durante i quali si oscilla tra la nostalgia del passato lasciato e l’euforia per il valore atteso dal futuro. Ogni brano, dunque, è un’istantanea, una pagina del mio diario di viaggio, via via sino alla traccia finale, con l’equatore all’orizzonte, “Brazilian theme variations”.

- Rispetto al suo disco precedente, ‘’Stainless’’, quali sono le differenze che riscontriamo?

‘’Horizon nasce all’indomani del mio cd “Stainless”, la cui realizzazione mi ha impegnato a lungo, per diversi anni. Si trattava, per “Stainless”, di un’opera per pianoforte, percussioni e orchestra d’archi. In “Stainless”, così ricco di dettagli, guardavo la musica da vicino, vivendo il processo creativo quasi come un travaglio. Horizon, d’altro canto, rappresenta per me, invece, un felice periodo di leggerezza. Horizon e Stainless sono complementari. Non si tratta tanto di porre in rilievo, in Horizon, le qualità strumentali, quanto, invece, piuttosto di cambiare prospettiva e atteggiamento. Stainless è stato un disco pensato a lungo; di qui è scaturita la necessità di ritrovare, all’indomani, l’immediatezza nella musica. Con tali atteggiamenti ho composto Horizon. I brani inclusi sono freschi, immediati, scritti di getto, evitando ripensamenti’’.
La copertina del nuovo album 'Horizon'

- Perché la scelta di un disco suonato solo al pianoforte?

‘’Il piano solo è una condizione assai felice per me, che mi permette di agire in libertà, senza i vincoli che un organico strumentale composito impone’’.

- Qual è la traccia a cui lei è particolarmente legato?

‘’Come dicevo, i dieci pezzi inclusi in Horizon sono stati scritti in viaggio, in preda, dunque, ad una comune suggestione, pur secondo diversi stati d’animo. Si tratta di pezzi immediati, non di lunga durata, dalla struttura lineare e privi di parti di improvvisazione, tranne qualche piccola irrefrenabile eccezione. Così facendo, come capita di abbracciare l’orizzonte in un unico sguardo, in Horizon si ha la sensazione di non perdere mai di vista, durante l’ascolto, la visione d’insieme, acquistando, pertanto, il senso di “concept album”. Non c’è un pezzo in particolare, dal momento che sono tutti strettamente connessi tra loro. È come se si trattasse di un unico grande pezzo suddiviso in dieci parti… Non saprei sceglierne uno in particolare’’.

- La Puglia, sua terra nativa, ha influito sulla musica che compone?

‘’Certo. La famiglia, gli affetti, le amicizie, il colore del cielo, il mare hanno fatto di me quel che sono e, quando suono, mi piace pensare che la musica che esprimo sia il mio specchio interiore’’.

- In un aggettivo, come definirebbe il suo talento artistico?

‘’Non saprei, non spetta a me dirlo. So che il mio compito è di non sprecarlo, coltivando il mio talento quotidianamente con amore e disciplina’’.

- La sua musica è molto apprezzata anche in Giappone. Ci racconta l’esperienza avvenuta in Oriente?

Ogni anno, da più di dieci. Puntualmente vado in tour in Giappone per circa un mese. I miei prossimi concerti lì sono programmati a marzo di quest’anno. L’esperienza che provo durante i tour in Giappone è unica: ho conosciuto persone davvero speciali, la cui amicizia mi ha tanto arricchito spiritualmente. Questa preziosa esperienza non può prescindere dal mio modo oggi di pensare e di fare musica. In Giappone ho suonato nei contesti più diversi, dai Blue Note ai Templi in Kyoto’’.

- Qual è la differenza, secondo lei, tra il pubblico straniero e quello italiano?

‘’Che dire, certo all’estero è difficile che in concerto squilli un cellulare o che qualcuno disturbi arrivando in ritardo. Tuttavia circostanze simili capitano ovunque, eccezion fatta per il Giappone. Sul piano squisitamente culturale, la media degli ascoltatori italiana è comunque molto alta e sino ad oggi, sia per partecipazione sia per entusiasmo, anche in Italia ogni concerto mi gratifica per l’emozione e la condivisione palpabili che avverto in sala’’.

- Della musica italiana cosa apprezza e cosa no?

‘’Il jazz è la mia strada; la musica propriamente italiana, intendo quella leggera, con il jazz non ha nulla in comune… Tuttavia, ci sono le opere, quelle di Puccini, ad esempio, che mi commuovono ad ogni ascolto’’.

- E’ partito in tour? Chi accompagna le sue musiche in giro per il mondo?

‘’In prevalenza, in questo periodo, suono in piano solo. In Oriente, invece, suono in trio, pianoforte, contrabbasso e batteria, con il contrabbassista giapponese Kiyoto Fujiwara ed il batterista americano Shunske’’.


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