Nel Duomo di Brindisi la prima omelia di Mons. Caliandro

BRINDISI. Sabato 5 gennaio, nell'Arcidiocesi di Brindisi-Ostuni e precisamente nel Duomo di Brindisi, si è insediato il nuovo Arcivescovo Mons. Domenico Caliandro. Tantissime sono state le persone presenti nella cerimonia di insediamento e Mons. Caliandro ha avuto modo di iniziare bene il suo Ministero episcopale con una bella omelia.

"Saluto con rispetto e gratitudine le autorità presenti, in modo particolare il Prefetto e i Sindaci" ha così esordito Mons. Domenico Caliandro "Saluto i miei condiocesani di Oria e i cittadini di Ceglie Messapica, i fedeli giunti dalla diocesi di Ugento-S.Maria di Leuca e quelli provenienti dall’amata Chiesa di Nardò-Gallipoli. Saluto e ringrazio il maestro Giuseppe Afrune per aver omaggiato la Cattedrale del ritratto del beato Giovanni Paolo II. Saluto i malati, i carcerati e quanti, impossibilitati a prendere parte a questa celebrazione, ci stanno seguendo attraverso la televisione. A loro aggiungo la mia benedizione e invoco la grazia del Signore. Saluto in modo particolare i fedeli di Brindisi-Ostuni, i laici, i diaconi, i presbiteri di questa Chiesa che il Signore mi ha affidato e mi dice di amare e servire; il nostro è un servizio nell’amore perché possiamo tenere unite le persone e condurle all’incontro col Signore. In questo momento sento di ricordare i miei predecessori, Mons. Settimio Todisco e Mons. Rocco Talucci. Un pensiero grato e affettuoso a Mons. Armando Franco che mi ha insegnato a prendermi cura e a governare la Chiesa come chiede il Signore".

"In questo periodo si parla tanto di crisi" ha poi continuato, nella sua lunga omelia, Mons. Domenico Caliandro "La soluzione, fratelli, non può venire dalle organizzazioni, dalle burocrazie, esse non possono salvarci, ma occorre la nostra operosità buona che nasce da una coscienza che genera responsabilità. È Gesù che ci illumina e mette in movimento il nostro cuore, dando risposte creative che possono aprire nuovi cammini. I Magi ci insegnano che voi, operatori pastorali, e il Vescovo prima di tutto, devono essere educatori della coscienze, perché è in esse che abita Cristo il quale non ci lascia mai soli. Nell’Epifania del Signore è Gesù che diventa luce delle genti, lumen gentium come il titolo di un bellissimo documento della Chiesa scaturito dal Concilio Vaticano II, ma per diventare luce abbiamo bisogno di misurarci con tre parole che fanno riferimento al mistero di Cristo: il servizio, cioè diventare piccoli, non vivere per se stessi ma per gli altri, il dono di se stessi è la prima richiesta che il Signore fa a ciascuno di noi, e noi possiamo accoglierla solo se guardiamo al Cristo con cuore sincero, senza ipocrisia che non rispecchia più la luce. Bisogna ripercorrere il cammino di Gesù, il suo annientamento. La seconda parola è la comunione, cioè il vivere in quella realtà che l’eucaristia costruisce; è dalla comunione che fiorisce la gratuità la quale produce la gioia e l’unità. Ed è proprio l’unità la terza dimensione. Dice San Tommaso d’Aquino che la bellezza è lo splendore della Chiesa, ma è la fedeltà di Cristo che produce l’unità della Chiesa. È un dono di Cristo che richiede a noi la fedeltà con una risposta autentica. Chiedo la vostra preghiera, mentre ci affidiamo alla intercessione del beato Giovanni Paolo II e dei Santi protettori di questa Diocesi, San Leucio e Sant’Oronzo. A tutti buon cammino".


Daniele Martini

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