TARANTO. Una parte dei prodotti finiti e semilavorati dell'Ilva sequestrati il 26 novembre scorso sarebbe stata realizzata prima del 26 luglio 2012, quando vennero posti i sigilli agli impianti del Siderurgico, e quindi non sarebbe 'corpo di reato' come ritiene la Procura di Taranto. E' quanto sostiene l'azienda, il cui ufficio legale ha fatto verbalizzare tale circostanza dai custodi giudiziari che stanno esaminando, su disposizione della Procura, la merce sequestrata sulle banchine del porto.
L'azienda, nei giorni scorsi, ha presentato così una istanza ai custodi-amministratori giudiziari nominati dalla Procura della Repubblica di Taranto in cui chiede di poter commercializzare una parte (circa 800 mila tonnellate su 1 milione e 700 mila tonnellate) di prodotti finiti e semilavorati, sequestrati dalla Guardia di Finanza il 22 novembre scorso e fermi sulle banchine e nei depositi dell'azienda siderurgica.
Il sequestro della merce fu chiesto dalla stessa Procura e poi disposto dal gip del Tribunale Patrizia Todisco in quanto sarebbe stata prodotta, secondo i magistrati in maniera illegale, nel periodo tra il 26 luglio, il giorno del sequestro degli impianti dell'area a caldo in seguito all'inchiesta sul presunto disastro ambientale, e il 22 novembre e, a seguire fino al 3 dicembre scorso, quando fu approvato il decreto legge del governo che consentiva la ripresa della produzione e della commercializzazione dei prodotti. Il decreto poi venne convertito in legge dal Parlamento il giorno prima di Natale.
L'azienda, nei giorni scorsi, ha presentato così una istanza ai custodi-amministratori giudiziari nominati dalla Procura della Repubblica di Taranto in cui chiede di poter commercializzare una parte (circa 800 mila tonnellate su 1 milione e 700 mila tonnellate) di prodotti finiti e semilavorati, sequestrati dalla Guardia di Finanza il 22 novembre scorso e fermi sulle banchine e nei depositi dell'azienda siderurgica.
Il sequestro della merce fu chiesto dalla stessa Procura e poi disposto dal gip del Tribunale Patrizia Todisco in quanto sarebbe stata prodotta, secondo i magistrati in maniera illegale, nel periodo tra il 26 luglio, il giorno del sequestro degli impianti dell'area a caldo in seguito all'inchiesta sul presunto disastro ambientale, e il 22 novembre e, a seguire fino al 3 dicembre scorso, quando fu approvato il decreto legge del governo che consentiva la ripresa della produzione e della commercializzazione dei prodotti. Il decreto poi venne convertito in legge dal Parlamento il giorno prima di Natale.