Dario Durante. «Stiamo lavorando affinché i migranti di quei Paesi ancora in Italia non restino da un giorno all'altro privi di sostegno». Il ministro dell'Interno Anna Maria Cancellieri usò toni rassicuranti sul futuro dei circa 13mila migranti giunti sul suolo nazionale a causa delle rivolte nordafricane del 2011 che spazzarono via i regimi dittatoriali di Libia e Tunisia.
LO SGOMBERO. La fine dell'emergenza, dunque, è sancita da una circolare di metà febbraio del Dipartimento per le Libertà Civili e l'Immigrazione del Ministero dell'Interno: «Al fine di regolare le modalità di uscita si rende praticabile la corresponsione di euro 500,00 pro capite», utilizzabili anche per programmi di rimpatrio volontari e assistiti. Così, a partire dal primo marzo, le forze dell'ordine facenti capo alle Prefetture (subentrate dallo scorso gennaio come soggetti attuatori al posto della Protezione civile) hanno provveduto a sgomberare le strutture di accoglienza, accompagnando gli extracomunitari presso la sede della Banca d'Italia per riscuotere il sussidio. Non corrisposto a tutti, però. «Il diniego è rivolto a chi si è assentato per dieci giorni continuativi dalle residenze» specifica il dr. Antonio Calcagni della Questura tarantina. «D'altronde, essendo andati via in altre regioni, si presume che questi immigrati (una decina in terra ionica) abbiano trovato una sistemazione alternativa». Un problema di disparità di trattamento riscontrato a livello nazionale verso il quale si stanno valutando possibili azioni legali ponendo quesiti all'ASGI (Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione).
QUI TARANTO. Regolarmente muniti di permesso di soggiorno a scopo umanitario, 250 persone di varia nazionalità (soprattutto nigeriani, malesi, ghanesi e somali) si ritrovano senza un tetto: per alcuni, l'unico ricovero temporaneo è di fatto una ex scuola nel quartiere periferico Salinella, riadattata con molte difficoltà a dormitorio grazie alla solidarietà di alcune associazioni. Una bomba sociale già nota da tempo che poteva essere gestita in maniera differente. Di qui, il mea culpa del consigliere comunale tarantino Gianni Liviano (Pd) «chiedo scusa come amministrazione per la mancata accoglienza, incapacità di programmazione, lungimiranza e rispetto verso le vostre storie e famiglie».
LE CRITICHE. Le amministrazioni locali hanno avuto un ruolo marginale nella gestione dell'emergenza, limitato soltanto all'ospitalità presso le case famiglia di minori stranieri non accompagnati. All'indomani della chiusura della tendopoli di Manduria, che nella fase più acuta ha ospitato migliaia di persone sbarcate a Lampedusa, si è deciso «di articolare i profughi in maniera omogenea sul territorio regionale» ricorrendo a strutture ricettive private di tipo alberghiero. Un vero e proprio «business dell’umanitario» fanno sapere da MeltingPot Europa: «una gigantesca e costosissima operazione (tra l'altro messa in luce nell'ottobre 2012 da un'inchiesta de “L'Espresso” ndr) gestita in maniera approssimativa e costata un miliardo e trecento milioni di euro che, anziché mettere in moto un meccanismo virtuoso capace di garantire diritti e dignità , ha reso evidenti i limiti del sistema d’accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo del nostro paese».
LA GESTIONE. Secondo il Piano d'Accoglienza pugliese redatto dal Soggetto Attuatore, in capo all'ing. Antonicelli della Protezione Civile, la provincia di Taranto ha ospitato circa il 30% del totale dei cittadini stranieri attribuiti alla Puglia distribuendoli perlopiù su hotel che, a fronte di un numero basso di domanda turistica concentrata soprattutto nel periodo estivo, hanno “fiutato” l'affare – la diaria standard per un adulto si aggira interno ai 40 euro giornalieri – rispondendo positivamente alla richiesta di posti letto, non superiore ai 50 per struttura. «Per non cristallizzare inopportune rendite economiche di posizione», è stato previsto un turn-over tra tali enti di gestione dislocati sia sul versante occidentale (Palagiano, Chiatona e Massafra) che su quello orientale (Pulsano e Taranto). Qui, in particolare, all'avviso regionale hanno risposto due società Villa Delfinia e Villa del Sorriso (quest'ultima avente proprio come attività primaria i “servizi di accoglienza di immigrati provenienti dal Nord Africa”) che hanno concordato un canone di locazione con gli hotel Silvana (alla periferia della città bimare) e Roxana (marina di Pulsano).
Agli enti gestori, fornitori di servizi obbligatori (vitto, alloggio, lavanderia, trasporti) successivamente si sono affiancati gli Enti di Tutela (EdT) per garantire servizi essenziali, quali la mediazione linguistica, l'assistenza legale e sanitaria, il sostegno socio-psicologico, l'orientamento ai servizi territoriali, l'alfabetizzazione italiana. Ma «il sistema non ha funzionato del tutto, come ha dimostrato anche l'organismo di monitoraggio regionale» ammette Enzo Pilò dell'associazione Babele, uno degli EdT ionici fuoriusciti dal programma in maniera anticipata (dicembre 2012) poiché «lo scenario diventava ormai assolutamente inaccettabile dal punto di vista politico, etico e gestionale. Non si è intravista, infatti, una exit strategy né un adeguamento alle positive esperienze del sistema SPRAR» (acronimo di Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) per un'accoglienza diffusa, meno costosa e più proficua che avrebbe portato alla nascita e consolidamento di una rete abitativa territoriale permanente, pronta per qualsiasi evenienza.
IL FUTURO. In effetti, nel corso dei mesi, sono cresciute le situazioni di disagio tra gli immigrati: fiaccati dalle lunghe attese nelle audizioni per il rilascio dello status di rifugiato politico (quasi sempre negato), si sono verificati diffusi stati di depressione ed episodi autolesionistici. I più fortunati sono riusciti a lavorare nel settore edilizio o agricolo spostandosi anche in altre regioni: alcuni con contratti regolari, molti a nero. È mancata una vera integrazione con le comunità locali (istituzioni e associazioni comprese) spesso diffidenti verso questi gruppi di immigrati che, adesso, con la decisione del governo centrale, si ritrovano senza fissa dimora, pronti nel migliore dei casi a raggiungere qualche connazionale nel resto d'Italia o d'Europa. «Una nuova emergenza nell’emergenza che le Prefetture tendono a nascondere – aggiunge Pilò. A Taranto, il sindaco Ippazio Stefà no ha promesso di allestire un dormitorio presso un immobile confiscato alla mafia. I profughi, intanto, sono lasciati liberi per le strade senza alcuna programmazione o prospettiva».
Insomma, una gestione emergenziale dal quadro giuridico incerto in cui la buonuscita da 500 euro rappresenta il passaporto dei diritti negati.
[foto Dino Maglie]