di Nicola Ricchitelli. I Marlene Kuntz sono in studio di registrazione per la nona loro fatica: «Siamo entrati in studio da pochi giorni, siamo molto eccitati e stimolati all'idea di dare alla luce questa nostra nuova, nona, creatura…»: con la band di Cuneo abbiamo fatto una chiacchierata che ripercorre il lungo cammino avuto inizio in una lontana sera del 13 maggio del 1989 al Parco Monviso.
In rappresentanza della band parla Luca Bergia, batterista del gruppo.
D: Dunque ragazzi, vi sappiamo impegnati nella registrazioni del nuovo album. Come procedono i lavori?
R: «Bene, siamo entrati in studio da pochi giorni, siamo molto eccitati e stimolati all'idea di dare alla luce questa nostra nuova, nona, creatura».
D: Quali gli elementi che contraddistingueranno questo vostro nuovo lavoro?
R:« Ogni nostro nuovo lavoro fa storia a sè. Desideriamo realizzare un viaggio sonoro ed emotivo attraverso le canzoni, la creazione di un mondo particolare denso di dettagli da ricercare con attenzione che sia nostro, affascinante e riconoscibile».
D : Tutto ebbe inizio una sera di ventitre anni fa a Cuneo: era il 13 maggio 1989 quando al Parco Monviso scriveste le prime righe di una lunga storia. Come riassumere in poche parole un cammino lungo più di vent’anni?
R:« Una lunga camminata in salita, passi permeati da una bellissima sensazione di libertà, quella che solo certi percorsi ti danno... ogni tanto salendo si dà uno sguardo al panorama, e visto da qua è molto bello».
D: Si faceva riferimento alla vostra prima esibizione. Che ricordi conservate di quel momento importante nella storia dei Marlene Kuntz?
R:« Ricordo che al nostro primo sound check Riccardo eseguì “Smoke on the water”, lo fulminammo con lo sguardo!».
D: Quanto la città e la realtà di Cuneo ha influito sulla vostra personalità e su quello che avete e che scrivete nelle vostre canzoni?
R:« Sicuramente molto, vivere in una città di provincia con pochi stimoli artistici e culturali ti costringe a crearteli più che ad esserne spettatore. La provincia è una mondo a parte, spesso chiuso, lontano dalle piazze più vivaci. Se vissuta nel modo giusto può aiutare a stimolare e fortificare l'immaginazione, creando qualcosa di autonomo senza venire inquinato da troppi input che possono anche essere dannosi o portarti fuori strada. Il fatto che non ci sia molto da fare ti consente di concentrare le energie creative sui tuoi progetti senza troppe dispersioni. Questo vivendosela nel modo giusto».
D: Anno 1991: tralasciamo il racconto dell’ottima esperienza al “Rock Targato Italia”, ma sarà quella esperienza che vi porterà ad un incontro fondamentale oserei dire per la band, stiamo parlando di Gianni Maroccolo. Quanto è stato decisivo, e quanto ha influito nel vostro cammino questo incontro?
R:« E' stato un incontro molto importante per noi. Gianni è stato uno dei nostri primi fan: un grande amico, un consigliere prezioso e autorevole che, soprattutto nei primi anni, ci ha aiutato a proteggere e sviluppare la nostra creatura mettendoci in discussione».
D: «…non un gruppo di rock italiano, ma l'unico gruppo italiano di rock »: questo disse di voi Enrico Brizzi, condividete questa affermazione?
R: «E' una sua opinione, ci fa piacere e ci lusinga».
D: Il Festival di Sanremo poco si sposa con l’idea del rock e della musica rock. Quali i motivi che vi hanno portato alla scelta di salire sul parco dell’Ariston?
R: «Diversi motivi, il principale credo sia la curiosità. Da sempre siamo un gruppo curioso, ci piace metterci in gioco e sperimentare, andando da qualche altra parte. Sanremo poteva essere l'occasione di fare qualcosa che ci avrebbe potuto anche divertire ed in effetti così è stato. Non ci frega pensare a quella parte del nostro pubblico che non ti vorrebbe lì o che ti vorrebbe lo stesso dei primi dischi. Sarebbe innaturale e sbagliato, preferiamo sentirci liberi di fare ciò che ci sentiamo di fare».
D: Vi è stato un momento nell’ultra ventennale cammino dei Marlene Kuntz in cui il progetto ha rischiato di arenarsi?
R: «Life is a rollercoaster dicono gli anglosassoni; è normale che ci siano i su e giù della vita anche in un percorso artistico ma devo dire che il rischio di fermarci non l'abbiamo mai corso. Fortunatamente quando ci chiudiamo in studio e le nostre mani si muovono in cerca di qualche nuova nota o pulsazione succede qualcosa di imprevedibile e nuovo in grado ancora di stupirci».
D: Da “Cartatica”, il vostro primo album pubblicato nel 1994, a “Ricoveri virtuali e sexy solitudini” del 2010, cosa hanno raccontato i Marlene Kuntz in tutti questi anni e cosa hanno ancora da raccontare?
R: «In otto dischi abbiamo raccontato molto, credo che questa domanda sarebbe più giusto proporla al nostro pubblico: ogni individuo ha un differente approccio e sensibilità, ogni ascoltatore rielabora ciò che percepisce secondo un suo mondo personale. Invece ciò che racconteremo lo scoprirete fra pochi mesi».
CONTACTS:
http://www.facebook.com/MarleneKuntzOfficial
In rappresentanza della band parla Luca Bergia, batterista del gruppo.
D: Dunque ragazzi, vi sappiamo impegnati nella registrazioni del nuovo album. Come procedono i lavori?
R: «Bene, siamo entrati in studio da pochi giorni, siamo molto eccitati e stimolati all'idea di dare alla luce questa nostra nuova, nona, creatura».
D: Quali gli elementi che contraddistingueranno questo vostro nuovo lavoro?
R:« Ogni nostro nuovo lavoro fa storia a sè. Desideriamo realizzare un viaggio sonoro ed emotivo attraverso le canzoni, la creazione di un mondo particolare denso di dettagli da ricercare con attenzione che sia nostro, affascinante e riconoscibile».
D : Tutto ebbe inizio una sera di ventitre anni fa a Cuneo: era il 13 maggio 1989 quando al Parco Monviso scriveste le prime righe di una lunga storia. Come riassumere in poche parole un cammino lungo più di vent’anni?
R:« Una lunga camminata in salita, passi permeati da una bellissima sensazione di libertà, quella che solo certi percorsi ti danno... ogni tanto salendo si dà uno sguardo al panorama, e visto da qua è molto bello».
D: Si faceva riferimento alla vostra prima esibizione. Che ricordi conservate di quel momento importante nella storia dei Marlene Kuntz?
R:« Ricordo che al nostro primo sound check Riccardo eseguì “Smoke on the water”, lo fulminammo con lo sguardo!».
D: Quanto la città e la realtà di Cuneo ha influito sulla vostra personalità e su quello che avete e che scrivete nelle vostre canzoni?
R:« Sicuramente molto, vivere in una città di provincia con pochi stimoli artistici e culturali ti costringe a crearteli più che ad esserne spettatore. La provincia è una mondo a parte, spesso chiuso, lontano dalle piazze più vivaci. Se vissuta nel modo giusto può aiutare a stimolare e fortificare l'immaginazione, creando qualcosa di autonomo senza venire inquinato da troppi input che possono anche essere dannosi o portarti fuori strada. Il fatto che non ci sia molto da fare ti consente di concentrare le energie creative sui tuoi progetti senza troppe dispersioni. Questo vivendosela nel modo giusto».
D: Anno 1991: tralasciamo il racconto dell’ottima esperienza al “Rock Targato Italia”, ma sarà quella esperienza che vi porterà ad un incontro fondamentale oserei dire per la band, stiamo parlando di Gianni Maroccolo. Quanto è stato decisivo, e quanto ha influito nel vostro cammino questo incontro?
R:« E' stato un incontro molto importante per noi. Gianni è stato uno dei nostri primi fan: un grande amico, un consigliere prezioso e autorevole che, soprattutto nei primi anni, ci ha aiutato a proteggere e sviluppare la nostra creatura mettendoci in discussione».
D: «…non un gruppo di rock italiano, ma l'unico gruppo italiano di rock »: questo disse di voi Enrico Brizzi, condividete questa affermazione?
R: «E' una sua opinione, ci fa piacere e ci lusinga».
D: Il Festival di Sanremo poco si sposa con l’idea del rock e della musica rock. Quali i motivi che vi hanno portato alla scelta di salire sul parco dell’Ariston?
R: «Diversi motivi, il principale credo sia la curiosità. Da sempre siamo un gruppo curioso, ci piace metterci in gioco e sperimentare, andando da qualche altra parte. Sanremo poteva essere l'occasione di fare qualcosa che ci avrebbe potuto anche divertire ed in effetti così è stato. Non ci frega pensare a quella parte del nostro pubblico che non ti vorrebbe lì o che ti vorrebbe lo stesso dei primi dischi. Sarebbe innaturale e sbagliato, preferiamo sentirci liberi di fare ciò che ci sentiamo di fare».
D: Vi è stato un momento nell’ultra ventennale cammino dei Marlene Kuntz in cui il progetto ha rischiato di arenarsi?
R: «Life is a rollercoaster dicono gli anglosassoni; è normale che ci siano i su e giù della vita anche in un percorso artistico ma devo dire che il rischio di fermarci non l'abbiamo mai corso. Fortunatamente quando ci chiudiamo in studio e le nostre mani si muovono in cerca di qualche nuova nota o pulsazione succede qualcosa di imprevedibile e nuovo in grado ancora di stupirci».
D: Da “Cartatica”, il vostro primo album pubblicato nel 1994, a “Ricoveri virtuali e sexy solitudini” del 2010, cosa hanno raccontato i Marlene Kuntz in tutti questi anni e cosa hanno ancora da raccontare?
R: «In otto dischi abbiamo raccontato molto, credo che questa domanda sarebbe più giusto proporla al nostro pubblico: ogni individuo ha un differente approccio e sensibilità, ogni ascoltatore rielabora ciò che percepisce secondo un suo mondo personale. Invece ciò che racconteremo lo scoprirete fra pochi mesi».
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http://www.facebook.com/MarleneKuntzOfficial