(Foto: la politologa Sabrina Sergi) |
ROMA - Otto i punti di Berlusconi, altrettanti quelli di Bersani, dieci quelli dei "saggi". Esperimenti sulla pelle di un Paese stremato, che teme la "sindrome greca". E' una fase di transizione difficile, complessa, barocca: a quasi due mesi dal voto, ancora nessuna fumata bianca per il governo. Aumenta la disoccupazione, ci declassano ogni giorno, suicidi di pensionati e imprenditori, mentre si "scopre" che le pensioni minime sono basse e che fra poco non ci saranno le risorse per la cassa integrazione.
Intanto, dopo una notte da lunghi coltelli, cominciano le danze per il dopo-Napolitano. Vai con le nomination: Pd e Pdl su Marini, Grillo scherza: "Chi, Valeria?" E aggiunge: "E' un candidato che deve risolvere le cose di qualcuno...". Fra qualche minuto si vota: che Dio salvi l'Italia!
Ne parliamo con Sabrina Sergi, giovane politologa emergente (ha pubblicato un saggio su Mani Pulite Story).
Domanda: Dottoressa Sergi, perché Pd e Pdl, che pure hanno governato col governo tecnico, non riescono a legittimarsi e responsabilizzarsi rispetto a un Paese alla deriva?
Risposta: "Il difetto di responsabilizzazione e di legittimazione è insito nella natura dei due partiti, ma anche nella loro storia sin dalle origini. La dialettica di entrambi si è sempre basata su una demonizzazione bipartisan dell'avversario: a destra attraverso l'anticomunismo e a sinistra attraverso l'antiberlusconismo. Un accordo nella situazione attuale potrebbe portare a un'emorragia di voti da entrambe le parti, che confluirebbero in un soggetto che si propone come una terza via, ossia il M5S. Il loro appoggio al governo tecnico, non politico, di Monti, è stato acritico, senza cioè alcuna responsabilizzazione né fra di loro né per le misure antipopolari adottate".
D. Il M5S non legittima né l'uno né l'altro: circa 9 milioni di voti al vento; il voto anticipato è la sola opzione possibile dopo la successione a Napolitano?
R. "Il M5S non legittima nessuno dei due perché è consapevole di aver raccolto sostanzialmente un voto di protesta che, in quanto tale, deve rimanere puro e senza macchia. Il voto anticipato è una delle opzioni più plausibili e logiche rispetto allo stallo attuale. Tuttavia bisogna attendere il risultato delle elezioni al Quirinale: potrebbero esserci degli accordi interni ai partiti tali da cambiare le carte in gioco per il futuro assetto governativo. Questo evento, se coronato dal successo di una forte personalità in grado di tenere le redini della situazione, potrebbe, nel migliore dei casi, portare ad un 'governo del Presidente', giustificato dalla situazione di necessità. In questo modo sarebbe possibile perlomeno cambiare la legge elettorale e tornare alle elezioni con una minima garanzia per una maggiore stabilità futura".
D. Il grillismo è un fenomeno duraturo o effimero?
R. "Molto probabilmente, come accaduto per il voto alla Lega nel 1992, il voto di protesta del M5S si può trasformare in elettorato piuttosto stabile, se non accresciuto. Tuttavia, il voto di protesta e il linguaggio quotidiano sono le uniche cose che accomunano la Lega del 1992 e il M5S in quanto, per quel che riguarda quest'ultimo, ci troviamo di fronte a qualcosa di nuovo e di molto più vasto. Indubbiamente la capacità di tale movimento consiste nell'aver saputo ponderare bene i fattori 'rete' e 'piazza', talmente da coinvolgere trasversalmente una vasta portata di cittadini di svariate età e classi sociali. Durante i comizi-spettacolo la partecipazione della società civile è stata sorprendente. Grillo è riuscito a riempire le piazze come pochi finora. Credo tuttavia che, a oggi, la prova del fuoco dell'istituzionalizzazione di questo movimento nato tra strada e internet sia molto ardua, in quanto è piuttosto logico che un comico non possa dettare la linea a un insieme di parlamentari che non hanno in comune delle credenze sedimentate, ma solo una volontà di cambiamento".
D. Lei ha capito cosa vuole Grillo?
R. "No, perché Grillo non si è mai espresso esplicitamente. I punti del suo programma sono frammentati e non rispondono a una logica organica. Vanno dall'abolizione di Equitalia a quella di rafforzare il welfare state. Il che rappresenta una chiara contraddizione se pensiamo che Equitalia è addetta alla riscossione dei tributi senza la quale non ci potrebbe essere nessun intervento pubblico per rafforzare lo stato sociale".
D. Gli analisti parlano di 3 minoranze: serve una riforma elettorale seria che dia stabilità: lei a quale pensa per archiviare il Porcellum?
R. "E' difficile pensare a una riforma adeguata alla situazione politica attuale che si presenta frammentata. Il Porcellum contribuisce a inflazionare questo caos. Tuttavia, un ritorno al Mattarellum (così il politologo Giovanni Sartori definì la precedente legge elettorale), non produrrebbe alcun vantaggio, anzi, complicherebbe le cose per la presenza della quota proporzionale, il cui riflesso sarebbe un'ulteriore frammentazione politica. Credo che occorre tornare a un sistema di votazione uninominale eliminando finalmente quello delle liste bloccate che ha permesso in questi anni di far salire al potere persone inette e incompetenti, impedendo la meritocrazia, favorendo l'investitura dall'alto delle segreterie di partito e ostacolando la democraticità del voto".
D. Il berlusconismo è finito? Cosa lascia nel Paese e nelle coscienze?
R. "Non credo sia finito né finirà con l'addio di Berlusconi. Se per berlusconismo intendiamo la personalizzazione della politica credo che a oggi questa sia stata avviata alla grande e ha intrapreso il percorso in modo autonomo. Per quel che riguarda l'idea di partito di 'nani e ballerine'", espressione coniata per il Psi di Craxi, Forza Italia prima e il Pdl poi ne sono la naturale prosecuzione. Per l'idea di corruzione che questo termine evoca, esso è semplicemente l'attualizzazione di ciò che negli anni precedenti è stata definita partitocrazia e poi Tangentopoli. Non si può però ignorare che nel Paese il Pdl conta ancora su un vasto numero di elettori, il che indica che questi atteggiamenti sono condivisi".
D. La sinistra però ha alimentato il berlusconismo, inciuciando su tutto: nemmeno il conflitto di interessi ha risolto... Condivide?
R."Si. Eppure credo che in democrazia bisogna tener conto della base elettorale sulla quale ogni partito si regge. Il consenso è dato dagli individui che scelgono di essere rappresentati dagli eletti. Dunque penso che quando i partiti si fossilizzano su posizioni opposte, senza possibilità di compromesso che possa implicare l'idee dell'interesse nazionale, allora le tensioni parlamentari influenzano le tensioni interne alla società, creando fratture sociali che sfociano in instabilità politica e ingovernabilità. Talvolta però i partiti confondono l'interesse nazionale con quello particolare dei singoli rappresentanti".
D. Berlusconi teme di finire come a Piazzale Loreto, o come Craxi: è possibile?
R. "No, non credo che questo scenario sia molto realistico. Se si verificasse il Paese si troverebbe in una situazione difficile che potrebbe sfociare nella violenza. Berlusconi ha ancora molto consenso, il suo partito e il suo elettorato si reggono sulla sua figura di capo carismatico. Una fine da tragedia contribuirebbe solo ad alimentarne il mito, facendo cadere nell'oblio tutto il resto".
D. Intanto si profila l'ennesimo inciucio: Berlusconi minacciava di scendere in piazza se non gli davano il Quirinale, ora vota Marini del Pd per contrattarsi, pensano molti analisti e politici, il salvacondotto giudiziario...
R. " Credo che Berlusconi sia un uomo molto intelligente. Ha la capacità di adattarsi a tutte le situazioni, talmente da essere disposto a trattare con l'odiato avversario pur di ottenere una contropartita. Penso che una situazione ambigua come questa sarà comprensibile solo dopo l'elezione del nuovo Capo dello Stato".
D. Come vedeva la Gabanelli al Quirinale?
R "La stimo molto. Nel campo del giornalismo d'inchiesta penso sia una delle migliori e non solo a livello nazionale. Tuttavia non credo sia sufficiente a renderla adatta a una carica politica così importante, che spetta invece a una personalità che vanti una grande esperienza politica, che non si acquisisce nel mondo del giornalismo, ma anche delle Università e delle banche".
D. E come vede il giurista Rodotà?
R. "E' un ottimo candidato considerata la sua attività, che lo rende autorevole e garante della Costituzione e della stabilità istituzionale. Credo però che nell'attuale crisi politica non sia l'uomo adatto a tenere le redini di un Parlamento instabile, teso e caotico, in quanto non mi pare sufficientemente carismatico".
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