Vendola replica a Squinzi: "Lo stimo, ma, sull’emergenza ammortizzatori sociali in deroga, non sono d’accordo con lui”"

BARI. “Stimo Squinzi, ma, sull’emergenza  ammortizzatori sociali in deroga, non sono d’accordo con lui. Il Presidente della Confindustria è una persona concreta che, in questo momento così drammatico per il Paese, sta svolgendo davvero un’azione molto importante di costruzione di dialogo tra le parti sociali e imprenditoriali. Ecco perché mi sarei aspettato da lui maggiore ascolto, oltre che uno scatto di reni per riportare l’attenzione, non solo in Italia ma anche in Europa, sulla necessità di rivedere i vincoli del Patto di stabilità”.
Così il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola rispondendo al Presidente della Confindustria Giorgio Squinzi che, ieri a Foggia, ha bocciato la sua proposta di dirottare un miliardo, dei 40 destinati al pagamento dei debiti della Pubblica Amministrazione nei confronti delle imprese, per garantire la proroga degli ammortizzatori sociali in deroga.

“Questo Paese sta vivendo la prima, vera, inarrestabile emergenza per l’esaurimento dei fondi destinati agli ammortizzatori sociali in deroga – continua Vendola – una misura straordinaria che, se consente ad una vasta platea di lavoratori (si parla di non meno di 500mila persone) di avere un minimo sostegno economico di sopravvivenza, consente anche alle imprese di abbattere il costo del lavoro e di non ricorrere ai licenziamenti”.

Per Vendola, “stiamo parlando di una misura che sembra essere nelle corde di quella iniziativa di coesione tra i “produttori” che Squinzi stesso sta promuovendo e che io apprezzo, almeno per la sua capacità simbolica di superare i contrasti  degli ultimi anni”.

“Mi sarei aspettato quindi – prosegue Vendola – una maggiore considerazione, da parte di Squinzi e in un momento di silenzio così assordante dell’attuale governo, sulla mia provocazione di riservare una frazione, davvero minima, della cifra complessiva indicata dal Decreto sblocca imprese, agli ammortizzatori in deroga. Pur rendendomi conto che questo strumento può sembrare più rispondente alle imprese di piccole e piccolissime dimensioni. Ma, ripeto – ribadisce Vendola – stimo Squinzi e lo considero un interlocutore attento e capace di cogliere tutta la gravità del momento “.

“Sempre con il fine di coltivare insieme lealtà e chiarezza – dice Vendola – vorrei ricordare al Presidente di Confindustria che il dramma del ritardo dei pagamenti delle Pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese, con evidenti effetti devastanti per il sistema produttivo, ha un solo, unico e vero responsabile che si chiama Patto di Stabilità. Sono anni ormai che denuncio, in ogni sede, come quei vincoli imposti dall’Europa e accettati in modo miope e senza alcuna interlocuzione critica da parte del Governo Berlusconi prima e del Governo Monti dopo, siano alla radice di tutti i mali. Quei vincoli – sostiene Vendola – andavano e vanno discussi soprattutto per quanto riguarda la spesa pubblica in conto capitale.Sono un convinto sostenitore dei tagli alla spesa corrente, ma non si esce dalla crisi senza un poderoso sostegno agli investimenti la cui parte pubblica è e resta decisiva, a fronte invece di quella privata, dove le imprese fanno quel che possono”.

Vendola poi sottolinea come il suo “allarme e quello di pochissimi altri, sia rimasto inascoltato troppo a lungo, schiacciato dai luoghi comuni della Spending review e dei sostegni al Fiscal compact, dalle campagne di stampa che non hanno saputo distinguere tra gli sprechi e il sostegno alle opere pubbliche, i primi da tagliare, le seconde da sostenere”.

“Mi piacerebbe – conclude Vendola – che il Presidente Squinzi promuovesse un’azione di sensibilizzazione, non inferiore a quella che giustamente sta portando avanti sui ritardi nei pagamenti da parte delle Pubbliche amministrazioni, finalizzata ad introdurre alcune correzioni al Patto di stabilità per le spese in conto capitale. Una campagna di informazione e di sensibilizzazione che parta dall’Italia ma che arrivi a parlare anche agli interlocutori europei, perché resto convinto che il default produttivo del secondo paese manifatturiero d’Europa, che è l’Italia, non serva proprio a nessuno, tanto meno all’Europa produttiva”.

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