Femminicidio, la quotidiana strage delle innocenti

di Francesco Greco - Non saranno mai mamme. Se lo erano diventate, non vedranno i figli crescere, non li porteranno a scuola e ai giardinetti, alle festicciole di compleanno e la sera non racconteranno le favole. Il femminicidio è esistito in ogni epoca. Lo conferma Chiara Simonelli (Università “La Sapienza”, Roma) nella prefazione, pregna quanto toccante: “fenomeno antico e orribile”. Di nuovo c’è che l’epoca della comunicazione parossistica scarnifica ogni episodio di violenza sulle donne, con programmi insulsi in cui chi meno sa più parla, con l’effetto di amplificare ogni fatto di sangue e spargere l’eco in ogni angolo del villaggio globale col massimo della morbosità fra un pettegolezzo e i consigli per gli acquisti.

   In Italia ogni due giorni una donna è uccisa per mano di un uomo: marito, fidanzato, fidanzatino, amante, compagno, padre, ecc. 137 nel 2011, 124 nel 2012. Cifre approssimate per difetto. Quasi sempre è il coltello l’arma del delitto: a dare un atout arcaico, da rituale, all’omicidio. Perché un brutto giorno un uomo si arma e si imbratta le mani di sangue? Gelosia? Possesso? Lavare l’onta dell’abbandono? Non rassegnarsi alla fine di una relazione? Magari può essere l’ìnput di un altro libro, pieno di pietas umana come questo.

   Il caso ha voluto che questo libro uscisse nei giorni in cui un Parlamento assonnato e sciatto, che ha dovuto essere precettato dalla presidente Laura Boldrini – e ciò la dice tutta sul livello di sensibilità di deputati  e deputate in materia – approva la legge sul femminicidio, giusto per adeguarsi a Paesi la cui tradizione giuridica non è all’altezza di quella che vanta oggettivamente il Belpaese. E mentre giungeva in libreria, a Brindisi il pm chiede l’ergastolo per Giovanni Vantaggiato, che anno fa mise una bomba davanti a una scuola e uccise Melissa Bassi e in Calabria un “fidanzatino” appena 17enne, che va in giro col coltello in tasca, portava nei campi la “fidanzatina” Fabiana Russi, gli dava 20 coltellate, e siccome era ancora viva, è tornato al paese (Corigliano Calabro), ha comprato una latta di carburante, è tornato, glielo ha sparso addosso e ha dato fuoco. “Mio figlio non è come lo dipingono i mass media”, tiene a precisare il padre.

   “Il futuro che non c’era” (Storie di donne e di vite negate), AA. VV., Edizioni Psiconline, Francavilla al Mare (CH) 2013, pp. 174, € 16 (a cura di Alessandro Greco, collana “A tu per tu”, bella la copertina di Marco Goisis) è un libro strettamente necessario. Dettato dalla necessità di ridare dignità e rispetto alla donna, ma anche dall’urgenza pedagogica di rieducare l’uomo, consapevoli che le leggi, la giustizia e quant’altro poco e niente possono senza una coscienza diversa, una cultura del rispetto che nasca da dentro il cuore dell’uomo.  Senza una reinvenzione della scala dei valori, senza l’abiura del feticismo che impasta la nostra subcultura e a cui contribuiscono la volgarità dei media e la morbosità di chi scrive i palinsesti e per vendere più tablet o prosciutto deve parlare per mesi della 15enne di Avetrana. Una legge che lo vieta, come accade nell’Europa dei Lumi, è ancora da venire…

   Ecco dunque allineate sulla stessa modulazione del tempo le vite tragiche di otto donne: Simonetta Cesaroni, Elisa Claps, Yara Gambirasio, Meredith Kercher, Carmela Petrucci, Melania Rea, Sarah Scazzi e Vanessa Scialfa. Il postulato di partenza è: e se queste donne avessero evitato il giorno della loro morte, se il calendario non l’avesse contenuto? Come si sarebbero sviluppati i loro percorsi esistenziali? Il curatore ha chiamato otto giovani scrittori: Sergio Aquino, Massimo Bisotti, Alberto Gherardi, Alessandro Greco, Andrea Malabaila, Carmine Monaco, Alex Pietrogiacomi e Paolo Zardi.

   I racconti sono costruiti con la tecnica del background: c’è una premessa di cronaca in cui si spiega la dinamica dell’omicidio e il processo e a seguire la vittima che è sfuggita a quell’appuntamento col destino ed è immersa in una vita normale, “semplice”, fatta di gioie e dolori, piccoli fallimenti e grandi speranze. Come quella che tocca a tutte le donne. “Ho il rimorso di essere riuscita a sfuggire a quel mostro…”, confida l’infermiera Lisa: era andata nel sottotetto della chiesa con Aldino che aveva tirato fuori le forbici per tagliarle una ciocca dei capelli “che portavo lunghi e sciolti”. “Perché mi hai portata qui, mamma?”, chiede Vanessa. Sono dalle parti di Ripa di Civitella dove fu trovato il cadavere di Carmela Rea detta Melania.

   “Questa operazione editoriale – osserva la Simonelli – ha il merito di trattenere nella memoria di chi legge le protagoniste, superando quel momento cruciale e buio, restituendo un corpo, una luce e una voce a chi purtroppo non li ha più”. Aggiunge Loredana Lipperini: “Storie di donne uccise, raccontate e nuovamente immaginate da uomini: un primo, importantissimo passo”. Un libro delicato, lieve, rispettoso: non era facile scriverlo senza urtare la sensibilità di tanti. E che per questo diventa un commovente “tribute”, atto di amore e di giustizia verso le nostre donne: mogli, madri, sorelle, tutte quelle che si muovono intorno a noi, prendono l’autobus, spingono il carrello al discount, colleghe di lavoro che ci donano un sorriso, incontriamo dal medico, ecc. Ma che deve essere letto come un primo passo verso la costruzione di una nuova percezione, una cultura ispirata al sacro rispetto per chi ci dà la vita.

1 Commenti

  1. Una recensione splendida davvero. Sensibilità e cultura che dimostrano una profonda comprensione del libro e del tema.
    Felici di aver dato corpo fisico a questo progetto trasformandolo in "carta stampata" da leggere e far leggere.
    Felici di aver raccolto il suggerimento di Alessandro e il suo stimolo a stampare.
    Davvero un grande lavoro (e non siamo abituati a dirci bravi).
    Edizioni Psiconline

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