Il monito dell'ARPA: "Ilva compatibile con la salute se rispetta le indicazioni Aia"

BARI - “Se l’Ilva rispetta le indicazioni dell’Aia  rende lo stabilimento compatibile con la salute”.
È quanto il direttore dell’Arpa, Giorgio Assennato, ha dichiarato nel corso dell’audizione in quinta Commissione presieduta da Donato Pentassuglia.

Questa importante indicazione è contenuta nel rapporto elaborato dall’Arpa Puglia , nell’ambito della valutazione del danno sanitario prevista dalla legge regionale 21/2012.
In sostanza, come è noto, il regolamento relativo alla suddetta legge attribuisce all’Arpa Puglia il compito di effettuare l’analisi del rischio sanitario attribuibile alle emissioni dell’impianto, nella fattispecie il complesso siderurgico Ilva di Taranto.

Il rapporto illustrato da Assennato chiarisce in modo molto chiaro che “i miglioramenti delle prestazioni ambientali, che erano conseguiti con la completa attuazione della nuova Aia (prevista per il 2016), comportano un dimezzamento del rischio cancerogeno nella popolazione residente intorno all’area industriale; nel contempo evidenzia pure come in ogni caso residui un rischio sanitario in eccesso rispetto a quello previsto ad esempio dall’US-Epa: una situazione che potrebbe dar luogo ad un’ulteriore fase di gestione del rischio, ad esempio correggendo la massima capacità produttiva dell’impianto, riducendo così le emissioni massiche annue”.

Secondo Assennato i rischi cancerogeni stimati non sono indicatori di esito sanitario, non sono evidentemente fondati su dati epidemiologici, ma sono un mero strumento attraverso il quale si può realizzare una policy pienamente preventiva.

Cosa significa questo? Che se si è in grado di prevedere che i cittadini esposti alle emissioni industriali a partire da oggi per i prossimo 70 anni alle concentrazioni prodotte oggi dall’impianto, hanno un rischio cancerogeno superiore a quello “accettabile”, si interviene ora per evitare che si possa realizzare lo scenario previsto, attraverso una riduzione delle emissioni che sia efficace nel ridurre il rischio al di sotto di una determinata soglia.
Una decisione che secondo Assennato ha il senso di “precauzione e prudenza scientifica”.

Secondo una procedura complessa pubblicata in un documento noto come “red book”, si evince che più dell’80% del rischio cancerogeno è attribuibile al benzo(a)pirene, un inquinante contenuto nelle emissioni fuggitive delle cokerie.
L’Arpa aveva già evidenziato tre anni fa l’eccesso di rischio del quartiere Tamburi proprio a causa dell’esposizione al benzo(a)pirene, con conseguente segnalazione al ministero dell’ambiente. Se fossero stati realizzati gli studi epidemiologici proposti al Ministero da Arpa e Asl di Taranto in sede Aia, “forse – ha concluso Assennato – ci sarebbe stata una gestione pre-giudiziaria del problema ambiente –salute e non sarebbero scoppiati i conflitti sociali e istituzionali”.

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