di Luigi Laguaragnella - Sarà che generalmente il giovedì per le badanti e le assistenti agli anziani che lavorano a Bari provenienti dall’est europeo sia un giorno festivo, sarà la coincidenza della festa di San Nicola, ma stamattina dalle parti della basilica si potevano incontrare tantissimi pellegrini. Casualmente passeggiando in bicicletta dopo aver fatto tappa a piazza del Ferrarese per sostare qualche minuto davanti la statua del Santo di Myra, mi sono diretto verso la chiesa del patrono della città e oltre a vedere sugli scalini e nei pressi del negozio degli articoli religiosi tantissimi turisti e fedeli, sono sceso in cripta attirato dalla voce dei canti di stile bizantino. La cripta era piena di gente: uomini e tantissime donne giovani e meno giovani che si coprivano la testa con una sciarpa adibita a velo riuniti in preghiera dinanzi alle reliquie di San Nicola.
All’interno della cripta a guidare il rito c’erano molti sacerdoti ortodossi che si potevano riconoscere oltre che dall’abito nero, anche dalla lunga barba. Alcuni di loro sembravano sacerdoti che accompagnavano i loro fedeli in un pellegrinaggio. E’ una banalità, ma per la nostra cultura solitamente quando si sente parlare di pellegrinaggi si pensa esclusivamente ad un andare e mai ad un venire e soprattutto, a pensarci bene, lascia un po’ stupiti verificare che un luogo sacro della propria città è meta di fede per tante persone e per di più di religione ortodossa. Rimanendo in rispettoso silenzio cercando di cogliere tutti i particolari di gente che pregava in piedi mi sono sentito piacevolmente straniero nella mia città. E vivere la diversità così si è rivelata una vera ed inaspettata esperienza per la mia fede cattolica.
Donne che si sistemavano il velo sulla testa, persone che ripetevano le litanie (così sembravano), molti si segnavano con la croce ripetutamente. Altre persone scendevano in cripta e non appena mettevano piede si inchinavano toccando terra con la mano e con la stessa segnarsi per tre volte con il segno di croce. Proprio quel toccare terra ha suscitato quel senso di sacro che a noi invece sembra solo abitudine.
Seduto su una panca laterale vicino all’altare del Santissimo osservavo tutte le persone che si avvicinavano e baciavano e mettevano la loro fronte sulle icone esposte.
Mentre si continuava a pregare alcune donne piangevano come aver vissuto un momento toccante per la loro fede, un’emozione. Una donna in particolar modo era evidentemente commossa con in braccio, suppongo, suo figlio. Ho pensato che forse la festa di San Nicola è anche un’occasione per molte persone che lavorano in Italia di ritrovarsi con i propri familiari che vivono a migliaia di chilometri da Bari. Non parlavo e non ho voluto chiedere, ma soltanto osservare. Il bello della diversità religiosa è che si possono notare caratteristiche che sembrano scontate e valide solo per la nostra religione. Molta gente, appoggiata alle sbarre che delimitano l’altare della cripta pregavano e piangevano. San Nicola avrà per un significato che per noi baresi forse non sarà mai comprensibile.
Terminata la preghiera, sacerdoti e fedeli tra i banchi si fermavano a colloquiare, salutarsi, scambiarsi dei bigliettini e benedizioni. Tantissima gente si fermava accanto al sacerdote ortodosso per chiedere una benedizione e vedere il modo in cui compivano il gesto è stato assolutamente… bello: il fedele porgeva la mano al sacerdote il quale con la sua lo segnava con il segno di croce sulle spalle, sul petto e sulla fronte. E in pochissimi istanti il fedele gli baciava la mano. Un modo diverso di benedire, ma soprattutto ha dato quella sensazione che c’è una disponibilità e reverenza a farsi toccare da mani sante. Successivamente, accompagnati sempre da canti, in processione i fedeli si inchinavano e potevano baciare e toccare le reliquie del santo. Forse potevo farlo anche io, ma un po’ stupefatto, un po’ perché ero ammirato da tanta devozione e soprattutto rispetto ho continuato ad osservare. E fa niente se non so descrivere la sensazione che si prova toccando da vicino la teca con le reliquie. Avvertivo la necessità che per gli ortodossi fosse una necessità e potevo togliere ad uno di loro la possibilità di avvicinarsi al loro santo.
Non so quanti cattolici o baresi erano presenti nella cripta stamattina, ma rimango convinto che Bari non è ancora consapevole del valore prezioso che rappresenta San Nicola, anche in termini di religiosi di ecumenismo. Non so se questa preghiera o messa fosse inserita nel programma delle feste patronali, se fosse solo un caso in cui molti ortodossi si sono riuniti casualmente e organizzato lì per lì quel momento, ma ho visto un bell’esempio di gente e di fede. Quando si dice che San Nicola è ponte…bene, quel ponte bisogna abitarlo partendo da scene come quelle di stamattina.
Sentirsi avvolto, essendo minoranza, dalla fede degli ortodossi, è stato un segno di queste festività, un segno di insegnamento per me cattolico e barese, arrivato per caso durante la passeggiata mattutina nel sole di maggio. A volte essere minoranza (nella propria città) conviene…
All’interno della cripta a guidare il rito c’erano molti sacerdoti ortodossi che si potevano riconoscere oltre che dall’abito nero, anche dalla lunga barba. Alcuni di loro sembravano sacerdoti che accompagnavano i loro fedeli in un pellegrinaggio. E’ una banalità, ma per la nostra cultura solitamente quando si sente parlare di pellegrinaggi si pensa esclusivamente ad un andare e mai ad un venire e soprattutto, a pensarci bene, lascia un po’ stupiti verificare che un luogo sacro della propria città è meta di fede per tante persone e per di più di religione ortodossa. Rimanendo in rispettoso silenzio cercando di cogliere tutti i particolari di gente che pregava in piedi mi sono sentito piacevolmente straniero nella mia città. E vivere la diversità così si è rivelata una vera ed inaspettata esperienza per la mia fede cattolica.
Donne che si sistemavano il velo sulla testa, persone che ripetevano le litanie (così sembravano), molti si segnavano con la croce ripetutamente. Altre persone scendevano in cripta e non appena mettevano piede si inchinavano toccando terra con la mano e con la stessa segnarsi per tre volte con il segno di croce. Proprio quel toccare terra ha suscitato quel senso di sacro che a noi invece sembra solo abitudine.
Seduto su una panca laterale vicino all’altare del Santissimo osservavo tutte le persone che si avvicinavano e baciavano e mettevano la loro fronte sulle icone esposte.
Mentre si continuava a pregare alcune donne piangevano come aver vissuto un momento toccante per la loro fede, un’emozione. Una donna in particolar modo era evidentemente commossa con in braccio, suppongo, suo figlio. Ho pensato che forse la festa di San Nicola è anche un’occasione per molte persone che lavorano in Italia di ritrovarsi con i propri familiari che vivono a migliaia di chilometri da Bari. Non parlavo e non ho voluto chiedere, ma soltanto osservare. Il bello della diversità religiosa è che si possono notare caratteristiche che sembrano scontate e valide solo per la nostra religione. Molta gente, appoggiata alle sbarre che delimitano l’altare della cripta pregavano e piangevano. San Nicola avrà per un significato che per noi baresi forse non sarà mai comprensibile.
Terminata la preghiera, sacerdoti e fedeli tra i banchi si fermavano a colloquiare, salutarsi, scambiarsi dei bigliettini e benedizioni. Tantissima gente si fermava accanto al sacerdote ortodosso per chiedere una benedizione e vedere il modo in cui compivano il gesto è stato assolutamente… bello: il fedele porgeva la mano al sacerdote il quale con la sua lo segnava con il segno di croce sulle spalle, sul petto e sulla fronte. E in pochissimi istanti il fedele gli baciava la mano. Un modo diverso di benedire, ma soprattutto ha dato quella sensazione che c’è una disponibilità e reverenza a farsi toccare da mani sante. Successivamente, accompagnati sempre da canti, in processione i fedeli si inchinavano e potevano baciare e toccare le reliquie del santo. Forse potevo farlo anche io, ma un po’ stupefatto, un po’ perché ero ammirato da tanta devozione e soprattutto rispetto ho continuato ad osservare. E fa niente se non so descrivere la sensazione che si prova toccando da vicino la teca con le reliquie. Avvertivo la necessità che per gli ortodossi fosse una necessità e potevo togliere ad uno di loro la possibilità di avvicinarsi al loro santo.
Non so quanti cattolici o baresi erano presenti nella cripta stamattina, ma rimango convinto che Bari non è ancora consapevole del valore prezioso che rappresenta San Nicola, anche in termini di religiosi di ecumenismo. Non so se questa preghiera o messa fosse inserita nel programma delle feste patronali, se fosse solo un caso in cui molti ortodossi si sono riuniti casualmente e organizzato lì per lì quel momento, ma ho visto un bell’esempio di gente e di fede. Quando si dice che San Nicola è ponte…bene, quel ponte bisogna abitarlo partendo da scene come quelle di stamattina.
Sentirsi avvolto, essendo minoranza, dalla fede degli ortodossi, è stato un segno di queste festività, un segno di insegnamento per me cattolico e barese, arrivato per caso durante la passeggiata mattutina nel sole di maggio. A volte essere minoranza (nella propria città) conviene…