di Francesco Greco - “Dear Adriano… Thank you for thinking of me”. Firmato: George Bush (anche a nome della first lady Laura). La lettera, partita il 22 settembre del 2008 da Washington, The White House, giunse pochi giorni dopo a Novara, via Cavour 14. Lì ha sede dagli anni Cinquanta la “Rinomata Bottega Artigiana”, il laboratorio del maestro Adriano Stefanelli, che la aprì con mani tremanti e la lesse con immaginabile emozione. E’ l’uomo che da decenni fa le scarpe ai potenti della Terra. E non è una metafora: le prepara lavorando duro, chino ore e giorni sulla “cancedda”, con attrezzi antichi e umili: la lesina puntuta, lo spago passato con la pece, le suole ben scelte, le pelli morbidissime, i chiodini detti “semenzelle”, la “forma”, ecc. e tanta passione e sudore.
Il Maestro Stefanelli è nato a Tuglie, nel Leccese (c’è uno dei più bei musei della radio d’Italia: ma non lo sa nessuno, succede…) nel 1948. Nell’Italia frenetica del dopoguerra, della ricostruzione, materiale e morale, che incuba il boom economico che verrà nei Sessanta, con la Fiat 500 e la lavatrice a rate, il mangiadischi e la gita fuori porta fave, pecorino e vino dei Castelli, il padre Antonio, erede di una famiglia “storica” di calzolai (all’epoca i ciabattini facevano anche i cavadenti e i barbieri), spinge su un’asmatica littorina delle Sud-Est dalle panche dure come il lavoro nei campi dei latifondisti la famiglia e sale nelle nebbie del Nord. Lì può dare un futuro migliore di quel che si prospetta ai figli, fra cui Adriano, che già a tre anni lo aiuta nella bottega.
Arriva con l’onda lunga dell’emigrazione dal Sud verso la terra promessa del Nord industriale. Riparare le belle scarpe della borghesia piemontese rende più che rimettere a posto gli scarponi ruvidi e sfondati dei contadini del Salento. Adriano “ruba” il mestiere con gli occhi: come dice l’antico proverbio di Terra d’Otranto: “L’arte du tata è menza ‘mparata” (Il mestiere del padre è già imparato per metà). Si impadronisce in silenzio dei segreti dell’arte e presto comincia a camminare con le sue gambe.
La sapienza delle mani unita alla dolcezza dei modi, la modestia, il carattere garbato, il sorriso sincero, gli aprono una via nella vita. Da allora, è il caso di dire, ne ha fatta di strada: ha fatto le scarpe per piedi eccellenti. Oltre a Bush jr., anche Barack Obama. E poi un altro leader mondiale, che negli anni Ottanta in Polonia fondò Solidarnosc: Lech Walesa, il presidente della Ferrari Luca Cordero di Montezemolo, due Papi: Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, il patriarca di Mosca Alessio II, il Novara Calcio, ecc.
Tanto lavoro, tanta umiltà. Un prestigioso riconoscimento arriva nel 2008: un encomio della rivista americana “Esquire”, che dichiara le sue scarpe rosse in pelle di Papa Ratzinger “Accessorizer of the yars” (accessorio dell’anno) e le mette nella classifica delle personalità più eleganti del mondo. Una compilation dove figurano 23 nomi: il campione di football americano Tom Brady è seguito da Daniel Craig (James Bond), dal candidato alla Casa Bianca Barack Obama. Sesto è Nicolas Sarkozy, nono Luca Cordero di Montezemolo.
Nel 2010 il maestro finisce sulla cover del settimanale “Panorama” e il “Corriere della Sera” gli dedica un lungo articolo. La città che lo ha accolto con affetto, che lo apprezza e gli vuole bene, lo dichiara “Novarese dell’anno”. Non male per un bambino smunto che partì tanti anni fa tenuto per mano dal padre che nell’altra aveva la valigia di cartone legata con lo spago.
Il Maestro Stefanelli è nato a Tuglie, nel Leccese (c’è uno dei più bei musei della radio d’Italia: ma non lo sa nessuno, succede…) nel 1948. Nell’Italia frenetica del dopoguerra, della ricostruzione, materiale e morale, che incuba il boom economico che verrà nei Sessanta, con la Fiat 500 e la lavatrice a rate, il mangiadischi e la gita fuori porta fave, pecorino e vino dei Castelli, il padre Antonio, erede di una famiglia “storica” di calzolai (all’epoca i ciabattini facevano anche i cavadenti e i barbieri), spinge su un’asmatica littorina delle Sud-Est dalle panche dure come il lavoro nei campi dei latifondisti la famiglia e sale nelle nebbie del Nord. Lì può dare un futuro migliore di quel che si prospetta ai figli, fra cui Adriano, che già a tre anni lo aiuta nella bottega.
Arriva con l’onda lunga dell’emigrazione dal Sud verso la terra promessa del Nord industriale. Riparare le belle scarpe della borghesia piemontese rende più che rimettere a posto gli scarponi ruvidi e sfondati dei contadini del Salento. Adriano “ruba” il mestiere con gli occhi: come dice l’antico proverbio di Terra d’Otranto: “L’arte du tata è menza ‘mparata” (Il mestiere del padre è già imparato per metà). Si impadronisce in silenzio dei segreti dell’arte e presto comincia a camminare con le sue gambe.
La sapienza delle mani unita alla dolcezza dei modi, la modestia, il carattere garbato, il sorriso sincero, gli aprono una via nella vita. Da allora, è il caso di dire, ne ha fatta di strada: ha fatto le scarpe per piedi eccellenti. Oltre a Bush jr., anche Barack Obama. E poi un altro leader mondiale, che negli anni Ottanta in Polonia fondò Solidarnosc: Lech Walesa, il presidente della Ferrari Luca Cordero di Montezemolo, due Papi: Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, il patriarca di Mosca Alessio II, il Novara Calcio, ecc.
Tanto lavoro, tanta umiltà. Un prestigioso riconoscimento arriva nel 2008: un encomio della rivista americana “Esquire”, che dichiara le sue scarpe rosse in pelle di Papa Ratzinger “Accessorizer of the yars” (accessorio dell’anno) e le mette nella classifica delle personalità più eleganti del mondo. Una compilation dove figurano 23 nomi: il campione di football americano Tom Brady è seguito da Daniel Craig (James Bond), dal candidato alla Casa Bianca Barack Obama. Sesto è Nicolas Sarkozy, nono Luca Cordero di Montezemolo.
Nel 2010 il maestro finisce sulla cover del settimanale “Panorama” e il “Corriere della Sera” gli dedica un lungo articolo. La città che lo ha accolto con affetto, che lo apprezza e gli vuole bene, lo dichiara “Novarese dell’anno”. Non male per un bambino smunto che partì tanti anni fa tenuto per mano dal padre che nell’altra aveva la valigia di cartone legata con lo spago.