Derivati, Italia rischia di perdere 8 mld. Draghi, "pronti ad agire ancora se necessario"

ROMA - ''La Bce e' stata molto attiva nel rispondere alla crisi. Abbiamo difeso con decisione la stabilita' dell'unione monetaria e quindi dei nostri soldi. E siamo pronti ad agire ancora quando necessario''. Lo ha dichiarato nel suo intervento all'assemblea nazionale di Parigi, il presidente della Bce, Mario Draghi.

''Si deve fare in modo che il risanamento dei conti pubblici, necessario per contenere il debito, sia quanto piu' possibile 'amico' della crescita'', ha aggiunto Draghi, spiegando che ''per esempio, appoggiarsi meno ad aumenti di tasse aiuterebbe ad aumentare il reddito disponibile dei cittadini''.

ITALIA RISCHIA DI PERDERE 8 MLD DA DERIVATI - Nuova tegola sull'economia italiana. I derivati ristrutturati all'apice della crisi dell'area euro rischiano di costare all'Italia miliardi di euro di perdite. I contratti originali - riporta il Financial Times citando un documento del Tesoro, trasmesso alla Corte dei Conti - risalgono alla fine degli anni 1990, ovvero al periodo "precedente o subito successivo all'ingresso dell'Italia nell'euro".

Il ministero del Tesoro
In quel periodo "Mario Draghi, attuale presidente della Bce, era direttore generale del Tesoro" afferma il Financial Times, sottolineando che il rapporto di 29 pagine non specifica le potenziali perdite dell'Italia sui derivati ristrutturati. Ma tre esperti indipendenti consultati dal quotidiano calcolano le perdite, sulla base dei prezzi di mercato al 20 giugno, a circa 8 miliardi di euro. Il rapporto - mette in evidenza il Financial Times - si riferisce solo alle "transazioni e all'esposizione sul debito nella prima metà del 2012, inclusa la ristrutturazione di otto contratti derivati con banche straniere dal valore nozionale di 31,7 miliardi di euro.

Il rapporto lascia fuori dettagli cruciali e non fornisce una quadro completo delle perdite potenziali dell'Italia. Ma gli esperti che lo hanno esaminato - aggiunge il Financial Times - hanno detto che la ristrutturazione ha consentito al Tesoro di scaglionare i pagamenti dovuti alle banche straniere su un periodo più lungo ma, in alcuni casi, a termini più svantaggiosi per l'Italia". Il documento non nomina le banche né fornisce i dettagli sui contratti originali "ma gli esperti ritengono che risalgano alla fine degli anni 1990.

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