LECCE – Mentre in Confcommercio si teneva la riunione fra commercianti e amministratori comunali per discutere di sanzioni e revisione delle ordinanze, la mattina di martedì 11 giugno i rappresentanti del comitato dei cittadini residenti nel centro storico di Lecce (Leccentro) erano in via Lombardia a colloquio con il Dirigente Responsabile dell'Ufficio Ambiente Fernando Bonocuore. Lo si apprende in un comunicato dello stesso comitato.
L'argomento? La normativa attualmente vigente - prosegue il comunicato - in materia di inquinamento acustico. Essa è rappresentata essenzialmente dalla Legge 447 del 1997 e dalla ordinanza n. 261 del 25 luglio 2000. Il piano acustico di Lecce è del 1997 ma è scaduto e andrebbe aggiornato, il che non è possibile per questioni di bilancio.
Le autorizzazioni alla emissione di musica sono vincolate all’esibizione da parte dell’emettitore di una foto delle apparecchiature. Le valutazioni fonometriche decideranno quale cifra imporre in caso di impianti digitali o imporranno un perno o un segno distintivo in caso di impianti con manopola del volume. Il limite massimo di decibel consentiti è 60 a porte chiuse. Possono essere richieste deroghe ma per casi eccezionali, come ad esempio la Notte Bianca. In caso di violazione tutto ricomincia da capo.
La normativa quindi esiste. E chi deve farla rispettare in fase di progettazione c’è. E, da quanto leggiamo sui giornali, ci sono anche i controlli. Una domanda, tuttavia, sorge spontanea e si impone quando, percorrendo le strade calde della movida una sera qualunque, verifichiamo che molti locali non aderiscono a quanto previsto dalla legge. E allora: chi sanziona chi non sanziona?
Rivolgiamo la domanda a tutte le istituzioni con le quali siamo entrati finora in dialogo. E con le quali terremmo volentieri viva la conversazione in maniera biunivoca. Eventualmente partecipando, come parte interessata, a tavoli di discussione non tecnici sui temi dell'inquinamento acustico e della salute pubblica legata alla gestione della movida.
La soluzione di agire “caso per caso” di cui si è parlato - per quanto leggiamo sul Quotidiano di Puglia di martedì 11 giugno - anche durante la riunione in Confcommercio, è la stessa necessità che si era palesata nel corso della riunione del 7 giugno con il Sindaco Paolo Perrone. Su questo tema ci terremmo a sottolineare che non al ruolo di vigilantes o delatori vorremmo essere relegati, ma di segnalatori di quelle situazioni che – ricordiamo le parole del sindaco – “tracimano”. E, vorremmo aggiungere, attirano fenomeni che diventano di ordine pubblico: dai fuochi di artificio di piazzetta Santa Chiara o via Ascanio Grandi, agli intransitabili “vicoli ghetto” dello sballo e dell’urina; ma anche agli assembramenti rumorosi (vicini o lontani dagli esercizi pubblici che siano) e che comunque rientrano fra le infrazioni delle norme relative all'inquinamento acustico (in particolare l’art. 659 del Codice Penale) e sono pertanto sanzionabili.
Le nostre domande vertevano sulla giurisprudenza, ma nel corso della conversazione abbiamo compreso una volta di più che il problema vero riguarda il controllo su chi deve fare rispettare la legge. È di importanza fondamentale che chi eleva verbali contesti in maniera puntuale le violazioni, poiché la minima disattenzione, certamente in buona fede, come in un caso recente, rischia di rendere nullo l’intervento. E questo non aiuta.
Secondo il comitato leccese, non è neanche accettabile che una sola ed unica pattuglia dei vigili urbani sia disponibile in orario movida, così come il fatto di doversi rivolgere quasi quotidianamente alle forze dell'ordine. Le stesse dovrebbero vigilare e non essere richiamate alla vigilanza. Eventualmente con servizi in borghese, come sensatamente, ci pare, suggerisce l’architetto Bonocuore.
La liberalizzazione? Essa non può in alcun modo entrare in contrasto con la Costituzione e la normativa nazionale in materia di rumori e odori. Troviamo interessante la proposta di aggiornare le norme comunali, purché esse non contrastino con i nostri basilari diritti alla salute e alla quiete.
La conclusione è dunque la stessa per i commercianti come per i cittadini. Le norme ci sono, bisogna farle rispettare. E su questo punto quotiamo nuovamente il dirigente Bonocuore quando afferma che “se tutti rispettassero le norme, tutti vivremmo meglio”.
Il che dimostrerebbe altresì che tutti gli attori in gioco hanno a cuore l’economia della movida e non invece quella della malamovida; nonché il desiderio di convergere su modi intelligenti per contrastare la crisi e prepararsi alle sfide del futuro: non una Lecce della notte a beneficio del solo territorio limitrofo, ma una Lecce della cultura e dello sviluppo che chiama turismo e business da molto più lontano del Salento, conclude il comitato.
L'argomento? La normativa attualmente vigente - prosegue il comunicato - in materia di inquinamento acustico. Essa è rappresentata essenzialmente dalla Legge 447 del 1997 e dalla ordinanza n. 261 del 25 luglio 2000. Il piano acustico di Lecce è del 1997 ma è scaduto e andrebbe aggiornato, il che non è possibile per questioni di bilancio.
Le autorizzazioni alla emissione di musica sono vincolate all’esibizione da parte dell’emettitore di una foto delle apparecchiature. Le valutazioni fonometriche decideranno quale cifra imporre in caso di impianti digitali o imporranno un perno o un segno distintivo in caso di impianti con manopola del volume. Il limite massimo di decibel consentiti è 60 a porte chiuse. Possono essere richieste deroghe ma per casi eccezionali, come ad esempio la Notte Bianca. In caso di violazione tutto ricomincia da capo.
La normativa quindi esiste. E chi deve farla rispettare in fase di progettazione c’è. E, da quanto leggiamo sui giornali, ci sono anche i controlli. Una domanda, tuttavia, sorge spontanea e si impone quando, percorrendo le strade calde della movida una sera qualunque, verifichiamo che molti locali non aderiscono a quanto previsto dalla legge. E allora: chi sanziona chi non sanziona?
Rivolgiamo la domanda a tutte le istituzioni con le quali siamo entrati finora in dialogo. E con le quali terremmo volentieri viva la conversazione in maniera biunivoca. Eventualmente partecipando, come parte interessata, a tavoli di discussione non tecnici sui temi dell'inquinamento acustico e della salute pubblica legata alla gestione della movida.
La soluzione di agire “caso per caso” di cui si è parlato - per quanto leggiamo sul Quotidiano di Puglia di martedì 11 giugno - anche durante la riunione in Confcommercio, è la stessa necessità che si era palesata nel corso della riunione del 7 giugno con il Sindaco Paolo Perrone. Su questo tema ci terremmo a sottolineare che non al ruolo di vigilantes o delatori vorremmo essere relegati, ma di segnalatori di quelle situazioni che – ricordiamo le parole del sindaco – “tracimano”. E, vorremmo aggiungere, attirano fenomeni che diventano di ordine pubblico: dai fuochi di artificio di piazzetta Santa Chiara o via Ascanio Grandi, agli intransitabili “vicoli ghetto” dello sballo e dell’urina; ma anche agli assembramenti rumorosi (vicini o lontani dagli esercizi pubblici che siano) e che comunque rientrano fra le infrazioni delle norme relative all'inquinamento acustico (in particolare l’art. 659 del Codice Penale) e sono pertanto sanzionabili.
Le nostre domande vertevano sulla giurisprudenza, ma nel corso della conversazione abbiamo compreso una volta di più che il problema vero riguarda il controllo su chi deve fare rispettare la legge. È di importanza fondamentale che chi eleva verbali contesti in maniera puntuale le violazioni, poiché la minima disattenzione, certamente in buona fede, come in un caso recente, rischia di rendere nullo l’intervento. E questo non aiuta.
Secondo il comitato leccese, non è neanche accettabile che una sola ed unica pattuglia dei vigili urbani sia disponibile in orario movida, così come il fatto di doversi rivolgere quasi quotidianamente alle forze dell'ordine. Le stesse dovrebbero vigilare e non essere richiamate alla vigilanza. Eventualmente con servizi in borghese, come sensatamente, ci pare, suggerisce l’architetto Bonocuore.
La liberalizzazione? Essa non può in alcun modo entrare in contrasto con la Costituzione e la normativa nazionale in materia di rumori e odori. Troviamo interessante la proposta di aggiornare le norme comunali, purché esse non contrastino con i nostri basilari diritti alla salute e alla quiete.
La conclusione è dunque la stessa per i commercianti come per i cittadini. Le norme ci sono, bisogna farle rispettare. E su questo punto quotiamo nuovamente il dirigente Bonocuore quando afferma che “se tutti rispettassero le norme, tutti vivremmo meglio”.
Il che dimostrerebbe altresì che tutti gli attori in gioco hanno a cuore l’economia della movida e non invece quella della malamovida; nonché il desiderio di convergere su modi intelligenti per contrastare la crisi e prepararsi alle sfide del futuro: non una Lecce della notte a beneficio del solo territorio limitrofo, ma una Lecce della cultura e dello sviluppo che chiama turismo e business da molto più lontano del Salento, conclude il comitato.
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