TARANTO - "Non abbassiamo la guardia e continuiamo ad essere preoccupati per il piano aziendale della Natuzzi che sa piu' di dismissione e delocalizzazione e non di presa d'atto di una responsabilita' verso un cartello produttivo che e' il marchio stesso di una fabbrica che in questi anni ha fatturato tantissimo ma ha deciso di investire lontano da quei lavoratori". E' quanto dichiara Antonio Stasi, il segretario generale della Fillea Cgil di Taranto che ieri ha partecipato all'assemblea dei lavoratori della Natuzzi nello stabilimento di Ginosa sulla crisi dell'azienda produttrice di salotti e divani.
"L'appuntamento al Mise del prossimo 15 luglio - prosegue - e' la tappa di un cammino che speriamo possa portare maggiore serenita' nell'analisi di questa delicatissima vertenza che racchiude in se tutto il male dell'assenza dei recenti governi italiani sui temi del lavoro e della politica industriale - perche' dopo dieci anni di cassa integrazione i circa 1800 esuberi dichiarati dall'azienda sanno di bestemmia.
La Fillea dunque rimane critica e serra i ranghi malgrado la sospensione delle procedure di mobilita'. "Non ci convincono una serie di cifre - dice ancora Stasi - a cominciare dal costo orario di un dipendente italiano rapportato al costo orario di un operaio rumeno, diretto concorrente dei nostri lavoratori in questa guerra tra poveri. Guerre di centesimi di euro che l'azienda propone dimenticando pero' che proprio sul costo delle produzioni italiane pesa tutto il corredo relativo alla progettazione, al disegno, alla preparazione e al design dei materiali. Insomma tutto quello che fa valore aggiunto sul mercato per un prodotto che continua a presentarsi al mondo fregiandosi del marchio 'Made in Italy'".
"L'appuntamento al Mise del prossimo 15 luglio - prosegue - e' la tappa di un cammino che speriamo possa portare maggiore serenita' nell'analisi di questa delicatissima vertenza che racchiude in se tutto il male dell'assenza dei recenti governi italiani sui temi del lavoro e della politica industriale - perche' dopo dieci anni di cassa integrazione i circa 1800 esuberi dichiarati dall'azienda sanno di bestemmia.
La Fillea dunque rimane critica e serra i ranghi malgrado la sospensione delle procedure di mobilita'. "Non ci convincono una serie di cifre - dice ancora Stasi - a cominciare dal costo orario di un dipendente italiano rapportato al costo orario di un operaio rumeno, diretto concorrente dei nostri lavoratori in questa guerra tra poveri. Guerre di centesimi di euro che l'azienda propone dimenticando pero' che proprio sul costo delle produzioni italiane pesa tutto il corredo relativo alla progettazione, al disegno, alla preparazione e al design dei materiali. Insomma tutto quello che fa valore aggiunto sul mercato per un prodotto che continua a presentarsi al mondo fregiandosi del marchio 'Made in Italy'".
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