di Francesco Greco - “Voi dormite e loro intanto regnano…”. L’applauso liberatorio dei genitori stressati dai loro bambini, piccoli “tiranni”, parte spontaneo. Lo psichiatra e psicoterapeuta Paolo Crepet è a Andrano, nel Leccese, e tiene una conferenza sul tema “Quello che i ragazzi non dicono…”. L’auditorium della scuola media è colmo di gente: genitori, studenti, insegnanti, educatori. Lo ha invitato il Consorzio per i servizi sociali dell’Ambito di Poggiardo e l’Associazione “Figli in Paradiso”. Parla un paio di ore fra aneddoti e analisi impietose del reale, confermando la sua visione fuori dal coro nei metodi educativi, i rapporti interfamigliari, il ruolo dei genitori nel XXI secolo, adombra una pedagogia più aderente ai tempi, ma attacca anche certe sentenze della Magistratura, insegnanti “pavidi”, genitori “invertebrati” disposti a farsi mettere sotto i piedi dai figli, a “chinare il capo fino a farselo tagliare” (una “Waterloo”), la mancata assunzione di responsabilità trasversale alla società, e contrappone lo status quo al passato, l’altro secolo, ma anche a quel che accade nell’Europa continentale (Berlino, per esempio), facendo risaltare ulteriormente l’anomalia italiana fra paghette, scooter e cinquantenni “nerd” (sfigati) che dormono ancora nella casa dove sono nati.
Ciò provoca rapporti tesi nelle famiglie ma anche una sorta di mutazione antropologica, poiché, per natura, già a quattro anni un bambino è in grado di maturare autostima e senso di responsabilità. Alla fine interviene un genitore sfortunato: un figlio gli è morto di incidente e l’altro è violento nei suoi confronti: commozione generale. E invece, riflette Crepet “i nostri bambini hanno sempre il telecomando in mano, vanno a dormire all’una, al supermercato decidono loro gli acquisti e anche la pubblicità li descrive come piccoli sovrani…”.
Domanda: Prof. Crepet, bei tempi quelli quando si andava a dormire dopo Carosello…
Risposta: “I bambini di oggi sono iperattivi, ansiosi: il loro cervello non riposa mai. Ma sono anche infelici, proprio perché lasciamo loro fare quel che vogliono. Poi crescono e li mandiamo anche al Cepu…”.
D. Quali sono gli elementi che mancano nella loro quotidianità?
R. “Le regole, dovremmo insegnare loro le regole, ma anche l’educazione e la responsabilità. Per il loro bene, non dobbiamo lasciar fare ai nostri figli tutto quello che vogliono. Invece li viziamo con paghette, motorini, pc, uscite. Per molti genitori educare vuole dire cedere su tutto”.
D. Ma un atteggiamento al limite dell’autoritarismo non provocherebbe un rifiuto dei ragazzi?
R. “E’ così, ci dicono che siamo all’antica, in realtà la nostra è solo logica, buon senso con cui dovremmo modificare la nostra quotidianità”.
D. Il contesto sociale intorno alle famiglie però non aiuta…
R. “Ci vorrebbe un cambiamento radicale della scuola, sempre uguale ormai da decenni: se oggi tornasse la Montessori non potrebbe che esclamare: Sono ancora all’avanguardia! Il governo taglia sulla scuola e l’Università invece di farlo sugli F35, e invece si dovrebbe investire di più nella formazione”.
D. Tutto pare avvenire in nome di un’idea discutibile di progresso…
R. “Il progresso ha portato un regresso nell’educazione, che per una società è la cosa più importante. Dovremmo insegnare ai nostri figli a rispettare il prossimo e a farsi rispettare. Ma anche la responsabilità, insegnare loro che la vita non è un’autostrada ma è fatta di sentieri stretti e tortuosi, e che il treno non passa sotto casa. Invece i ragazzi di oggi sono impotenti. Ne veniamo fuori solo se ognuno dà il suo contributo, se avremo una nuova sensibilità, solo così avremo un mondo migliore. Ecco la mia speranza: che chi verrà dopo di noi sia migliore, ogni generazione deve portare un piccolo avanzamento. Noi dobbiamo essere da esempio a nostri figli”.
D. Lei stasera ha usato spesso il termine educazione: come lo intende?
R. “Non è una cosa materiale ma spirituale, altrimenti i ricchi sarebbero i più educati, e così non è. Non è la ricchezza che fa la differenza. L’educazione non avviene attraverso la materia. Educare è trasmettere delle emozioni. E’ una forma d’arte. I figli devono essere responsabili di quello che fanno”.
D. Una massima per aiutare i nostri bambini?
R. “Insegniamo loro che la cosa fondamentale della vita è morire curiosi. Se si smette di essere curiosi si diventa come automi. Insegniamogli che davanti hanno un futuro, spingiamoli a cercarlo…”.
Ciò provoca rapporti tesi nelle famiglie ma anche una sorta di mutazione antropologica, poiché, per natura, già a quattro anni un bambino è in grado di maturare autostima e senso di responsabilità. Alla fine interviene un genitore sfortunato: un figlio gli è morto di incidente e l’altro è violento nei suoi confronti: commozione generale. E invece, riflette Crepet “i nostri bambini hanno sempre il telecomando in mano, vanno a dormire all’una, al supermercato decidono loro gli acquisti e anche la pubblicità li descrive come piccoli sovrani…”.
Domanda: Prof. Crepet, bei tempi quelli quando si andava a dormire dopo Carosello…
Risposta: “I bambini di oggi sono iperattivi, ansiosi: il loro cervello non riposa mai. Ma sono anche infelici, proprio perché lasciamo loro fare quel che vogliono. Poi crescono e li mandiamo anche al Cepu…”.
D. Quali sono gli elementi che mancano nella loro quotidianità?
R. “Le regole, dovremmo insegnare loro le regole, ma anche l’educazione e la responsabilità. Per il loro bene, non dobbiamo lasciar fare ai nostri figli tutto quello che vogliono. Invece li viziamo con paghette, motorini, pc, uscite. Per molti genitori educare vuole dire cedere su tutto”.
D. Ma un atteggiamento al limite dell’autoritarismo non provocherebbe un rifiuto dei ragazzi?
R. “E’ così, ci dicono che siamo all’antica, in realtà la nostra è solo logica, buon senso con cui dovremmo modificare la nostra quotidianità”.
D. Il contesto sociale intorno alle famiglie però non aiuta…
R. “Ci vorrebbe un cambiamento radicale della scuola, sempre uguale ormai da decenni: se oggi tornasse la Montessori non potrebbe che esclamare: Sono ancora all’avanguardia! Il governo taglia sulla scuola e l’Università invece di farlo sugli F35, e invece si dovrebbe investire di più nella formazione”.
D. Tutto pare avvenire in nome di un’idea discutibile di progresso…
R. “Il progresso ha portato un regresso nell’educazione, che per una società è la cosa più importante. Dovremmo insegnare ai nostri figli a rispettare il prossimo e a farsi rispettare. Ma anche la responsabilità, insegnare loro che la vita non è un’autostrada ma è fatta di sentieri stretti e tortuosi, e che il treno non passa sotto casa. Invece i ragazzi di oggi sono impotenti. Ne veniamo fuori solo se ognuno dà il suo contributo, se avremo una nuova sensibilità, solo così avremo un mondo migliore. Ecco la mia speranza: che chi verrà dopo di noi sia migliore, ogni generazione deve portare un piccolo avanzamento. Noi dobbiamo essere da esempio a nostri figli”.
D. Lei stasera ha usato spesso il termine educazione: come lo intende?
R. “Non è una cosa materiale ma spirituale, altrimenti i ricchi sarebbero i più educati, e così non è. Non è la ricchezza che fa la differenza. L’educazione non avviene attraverso la materia. Educare è trasmettere delle emozioni. E’ una forma d’arte. I figli devono essere responsabili di quello che fanno”.
D. Una massima per aiutare i nostri bambini?
R. “Insegniamo loro che la cosa fondamentale della vita è morire curiosi. Se si smette di essere curiosi si diventa come automi. Insegniamogli che davanti hanno un futuro, spingiamoli a cercarlo…”.