TORINO - Si chiama “Dissezione Endoscopica Sottomucosa” (ESD) la procedura inventata in Giappone nei primi anni 2000 per rimuovere tumori non avanzati dello stomaco, successivamente applicata anche nell’esofago e nel colon, appena introdotta all’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino, con la quale la Gastroenterologia diretta dal Dr. Serafino Recchia si pone all’avanguardia in Piemonte nel trattamento delle lesioni superficiali del tratto gastroenterico, per le quali le tecniche endoscopiche standard non sono applicabili.
Tecnica mini-invasiva applicata nell’asportazione di un tumore, purché localizzato a livello superficiale, rimozione del tumore conservando l’organo che ne è portatore, nessuna conseguenza di carattere alimentare o digestivo per il Paziente e 3 notti di degenza ospedaliera contro le 10 previste per l’asportazione chirurgica: questi i principali vantaggi della nuova metodica endoscopica rispetto alla chirurgia tradizionale, nel trattamento dei tumori del tratto gastrointestinale in stadio non avanzato.
Il Dr. Franco Coppola, specialista appositamente addestrato, con l’approvazione della Direzione Generale ASL TO 2, nell’autunno 2012 con uno stage di sei settimane presso la Showa University di Yokohama, dove ha approfondito gli aspetti tecnici e organizzativi legati all’esecuzione di questi interventi endoscopici innovativi, nell’ultimo mese all’Ospedale San Giovanni Bosco dell’ASL TO 2 ha eseguito 3 ESD del colon e 3 ESD gastriche, con successo terapeutico e senza complicanze.
Le procedure, eseguite su 3 pazienti di sesso maschile e 3 di sesso femminile, di età compresa tra i 58 e i 66 anni, hanno avuto una durata di circa tre ore ciascuna. I pazienti con tumore gastrico superficiale sono stati sottoposti ad anestesia generale in Sala Operatoria perché le procedure operative del tratto esofago-gastrico sono meno tollerate rispetto a quelle coliche e necessitano pertanto di narcosi eseguita dall’anestesista in ambiente protetto.
“La nuova procedura prevede l’uso di accessori differenti rispetto a quelli normalmente utilizzati dagli endoscopisti, veri e propri bisturi in miniatura, con cui si ‘scollano’ le lesioni gastrointestinali dalla parete e si coagulano i vasi per prevenire il sanguinamento – spiega il Dr. Franco Coppola, Gastroenterologo del San Giovanni Bosco specializzato nella metodica – prima dell’introduzione di questa tecnica, o dove questa non viene utilizzata, per i pazienti non c’era che la rimozione chirurgica della lesione, con perdita dell’organo e degenze non inferiori ai 9-10 giorni”.
“Abbiamo importato questa procedura endoscopica dal Giappone, dove è stata applicata in prima istanza nei tumori gastrici e nel tipo più frequente di tumore esofageo, il carcinoma squamoso. L’incidenza del tumore gastrico in Giappone, circa 2,5 volte più elevato rispetto all’Italia, ha dato modo agli specialisti giapponesi di sviluppare un’ampia esperienza su questa patologia e di essere all’avanguardia rispetto al resto del mondo – spiega il Dr. Serafino Recchia, Direttore della Gastroenterologia del San Giovanni Bosco – elaborando un percorso diagnostico-terapeutico che consente sia di diagnosticare i tumori in una fase molto precoce, mediante sofisticati apparecchi endoscopici, ancora poco diffusi nei paesi occidentali, sia di rimuovere le lesioni precoci con un trattamento mini-invasivo che consente la preservazione dell’organo interessato. Questa tecnica negli ultimi anni comincia ad essere applicata anche in Occidente e, se per il colon in molti casi possono essere utilizzate procedure meno complesse, come la mucosectomia, per l’esofago e lo stomaco la ESD è l’unica tecnica endoscopica che si può mettere in atto in alternativa alla chirurgia, a causa delle differenti caratteristiche anatomiche che i tumori esofago-gastrici hanno rispetti a quelli del colon”.
L’esecuzione dell’ESD è particolarmente difficile perché il gesto endoscopico è più complesso rispetto a quello usualmente messo in atto dall’endoscopista, che per rimuovere i polipi utilizza varie tipologie di anse: queste sono specie di cappi che, fatti scorrere nel canale operativo dello strumento endoscopico, vengono aperti al di sopra della lesione e chiusi intorno alla base. Il passaggio di corrente ne determina quindi il distacco. Poiché i tumori da rimuovere con ESD sono tendenzialmente piatti, le anse non servono e al loro posto si utilizzano mini bisturi endoscopici che “scollano” poco per volta il tumore dalla sua base, dopo averlo sollevato mediante infusione di liquidi che vengono iniettati tra la parete del tumore e la parete del viscere sottostante. La difficoltà della procedura è determinata dal fatto che sono necessarie più tipologie di movimenti nei vari piani spaziali, utilizzando un solo accesso invece di due o più come avviene nella chirurgia.
“Per fare un esempio comprensibile anche ai non addetti ai lavori – spiega il Dr. Franco Coppola – immaginiamo di avere un’arancia incollata su una superficie (così come è incollato il tumore alla parete dell’organo) e di doverla sbucciare usando un coltello affilato, ma con una sola mano e senza l’aiuto del pollice in opposizione al coltello. Non sarà una procedura rapida e dovremo avere molta pazienza per portarla a termine senza danneggiare l’arancia prima di averla sbucciata. Quindi occorrono differenti procedure e differenti accessori rispetto ad ogni altra pratica endoscopica”.
“Pertanto è fondamentale avere personale appositamente addestrato – conclude il Dr. Serafino Recchia – la procedura può durare fino a tre ore e la profondità con cui la dissezione scava nello spessore della parete per rimuovere le lesioni da trattare è molto maggiore rispetto a quella di altre tecniche endoscopiche, analoghe ma meno complesse come la polipectomia e la mucosectomia; l’abilità tecnica dell’operatore riveste dunque un ruolo determinante, anche per la riparazione immediata di eventuali complicanze e per scongiurare una conversione chirurgica della dissezione ESD”.
A buon esito della procedura e dopo la degenza minima richiesta, il paziente dovrà essere sottoposto periodicamente a endoscopie di controllo, per prevenire il rischio che l’organo colpito e conservato possa sviluppare nel tempo un secondo tumore.
In base ai dati del Centro di Prevenzione Oncologica della Regione Piemonte sono stati accertati 1331 casi di tumore gastrico nella nostra regione nel 2011, di cui la maggior parte diagnosticata in fase avanzata.
Il numero previsto di candidati all’utilizzo della nuova metodica è attualmente di circa 200 l’anno in Piemonte (15-20% della totalità dei casi) numero destinato ad aumentare con il perfezionamento dell’accuratezza diagnostica delle lesioni in fase precoce.
Tecnica mini-invasiva applicata nell’asportazione di un tumore, purché localizzato a livello superficiale, rimozione del tumore conservando l’organo che ne è portatore, nessuna conseguenza di carattere alimentare o digestivo per il Paziente e 3 notti di degenza ospedaliera contro le 10 previste per l’asportazione chirurgica: questi i principali vantaggi della nuova metodica endoscopica rispetto alla chirurgia tradizionale, nel trattamento dei tumori del tratto gastrointestinale in stadio non avanzato.
Il Dr. Franco Coppola, specialista appositamente addestrato, con l’approvazione della Direzione Generale ASL TO 2, nell’autunno 2012 con uno stage di sei settimane presso la Showa University di Yokohama, dove ha approfondito gli aspetti tecnici e organizzativi legati all’esecuzione di questi interventi endoscopici innovativi, nell’ultimo mese all’Ospedale San Giovanni Bosco dell’ASL TO 2 ha eseguito 3 ESD del colon e 3 ESD gastriche, con successo terapeutico e senza complicanze.
Le procedure, eseguite su 3 pazienti di sesso maschile e 3 di sesso femminile, di età compresa tra i 58 e i 66 anni, hanno avuto una durata di circa tre ore ciascuna. I pazienti con tumore gastrico superficiale sono stati sottoposti ad anestesia generale in Sala Operatoria perché le procedure operative del tratto esofago-gastrico sono meno tollerate rispetto a quelle coliche e necessitano pertanto di narcosi eseguita dall’anestesista in ambiente protetto.
“La nuova procedura prevede l’uso di accessori differenti rispetto a quelli normalmente utilizzati dagli endoscopisti, veri e propri bisturi in miniatura, con cui si ‘scollano’ le lesioni gastrointestinali dalla parete e si coagulano i vasi per prevenire il sanguinamento – spiega il Dr. Franco Coppola, Gastroenterologo del San Giovanni Bosco specializzato nella metodica – prima dell’introduzione di questa tecnica, o dove questa non viene utilizzata, per i pazienti non c’era che la rimozione chirurgica della lesione, con perdita dell’organo e degenze non inferiori ai 9-10 giorni”.
“Abbiamo importato questa procedura endoscopica dal Giappone, dove è stata applicata in prima istanza nei tumori gastrici e nel tipo più frequente di tumore esofageo, il carcinoma squamoso. L’incidenza del tumore gastrico in Giappone, circa 2,5 volte più elevato rispetto all’Italia, ha dato modo agli specialisti giapponesi di sviluppare un’ampia esperienza su questa patologia e di essere all’avanguardia rispetto al resto del mondo – spiega il Dr. Serafino Recchia, Direttore della Gastroenterologia del San Giovanni Bosco – elaborando un percorso diagnostico-terapeutico che consente sia di diagnosticare i tumori in una fase molto precoce, mediante sofisticati apparecchi endoscopici, ancora poco diffusi nei paesi occidentali, sia di rimuovere le lesioni precoci con un trattamento mini-invasivo che consente la preservazione dell’organo interessato. Questa tecnica negli ultimi anni comincia ad essere applicata anche in Occidente e, se per il colon in molti casi possono essere utilizzate procedure meno complesse, come la mucosectomia, per l’esofago e lo stomaco la ESD è l’unica tecnica endoscopica che si può mettere in atto in alternativa alla chirurgia, a causa delle differenti caratteristiche anatomiche che i tumori esofago-gastrici hanno rispetti a quelli del colon”.
L’esecuzione dell’ESD è particolarmente difficile perché il gesto endoscopico è più complesso rispetto a quello usualmente messo in atto dall’endoscopista, che per rimuovere i polipi utilizza varie tipologie di anse: queste sono specie di cappi che, fatti scorrere nel canale operativo dello strumento endoscopico, vengono aperti al di sopra della lesione e chiusi intorno alla base. Il passaggio di corrente ne determina quindi il distacco. Poiché i tumori da rimuovere con ESD sono tendenzialmente piatti, le anse non servono e al loro posto si utilizzano mini bisturi endoscopici che “scollano” poco per volta il tumore dalla sua base, dopo averlo sollevato mediante infusione di liquidi che vengono iniettati tra la parete del tumore e la parete del viscere sottostante. La difficoltà della procedura è determinata dal fatto che sono necessarie più tipologie di movimenti nei vari piani spaziali, utilizzando un solo accesso invece di due o più come avviene nella chirurgia.
“Per fare un esempio comprensibile anche ai non addetti ai lavori – spiega il Dr. Franco Coppola – immaginiamo di avere un’arancia incollata su una superficie (così come è incollato il tumore alla parete dell’organo) e di doverla sbucciare usando un coltello affilato, ma con una sola mano e senza l’aiuto del pollice in opposizione al coltello. Non sarà una procedura rapida e dovremo avere molta pazienza per portarla a termine senza danneggiare l’arancia prima di averla sbucciata. Quindi occorrono differenti procedure e differenti accessori rispetto ad ogni altra pratica endoscopica”.
“Pertanto è fondamentale avere personale appositamente addestrato – conclude il Dr. Serafino Recchia – la procedura può durare fino a tre ore e la profondità con cui la dissezione scava nello spessore della parete per rimuovere le lesioni da trattare è molto maggiore rispetto a quella di altre tecniche endoscopiche, analoghe ma meno complesse come la polipectomia e la mucosectomia; l’abilità tecnica dell’operatore riveste dunque un ruolo determinante, anche per la riparazione immediata di eventuali complicanze e per scongiurare una conversione chirurgica della dissezione ESD”.
A buon esito della procedura e dopo la degenza minima richiesta, il paziente dovrà essere sottoposto periodicamente a endoscopie di controllo, per prevenire il rischio che l’organo colpito e conservato possa sviluppare nel tempo un secondo tumore.
In base ai dati del Centro di Prevenzione Oncologica della Regione Piemonte sono stati accertati 1331 casi di tumore gastrico nella nostra regione nel 2011, di cui la maggior parte diagnosticata in fase avanzata.
Il numero previsto di candidati all’utilizzo della nuova metodica è attualmente di circa 200 l’anno in Piemonte (15-20% della totalità dei casi) numero destinato ad aumentare con il perfezionamento dell’accuratezza diagnostica delle lesioni in fase precoce.