LECCE - Sono circa 25 mila i visitatori che hanno apprezzato la mostra “Giorgio de Chirico – Mistero e poesia” a cura di Franco Calarota che prosegue con grande successo nelle sale del Castello Aragonese di Otranto (Le). Dopo aver accolto oltre 200mila visitatori con le mostre di Joan Mirò, Pablo Picasso, Salvador Dalì e Andy Warhol, l’antico maniero idruntino ospita, infatti, sino a domenica 29 settembre le opere del maestro de Chirico che partito dall’Italia con la sua Metafisica, ha conquistato la scena internazionale fin dalla prima metà del secolo scorso, travalicando i confini dell’arte per influenzare con il suo universo artistico non solo la generazione successiva di pittori, ma anche letterati, filosofi, architetti e la psicanalisi. Sempre nelle Sale del Castello, Metafisica a sud, enigma di un pomeriggio d’estate, a cura di Raffaela Zizzari, ospita la proiezione di Metafisica a Sud. De Chirico, Magna Grecia, di Chiara Idrusa Scrimieri, un percorso tra docufilm e videoarte, un viaggio di lettura metafisica applicata al paesaggio sensibile della nostra Magna Grecia. Nell’ambito della rassegna collaterale CoArt gallery presenta Metafisica a Sud. Artisti in mostra: Antonio Giannini – Laterza (Ta), Oronzo Liuzzi – Fasano (Br),Beppe Labianca – Bari, Vincenzo Mascoli – Corato (Ba).A cura di: Alexander Larrarte. Una sezione dedicata al fumetto con Enigmi e segreti di un’ora strana. Fantasia metafisica in chiave noir di Sebastiano Vilella (mostra a cura di Edizioni Voilier e Lupiae Comix – Scuola di Fumetto).
Attraverso una selezione di opere – undici dipinti a olio, tre sculture e oltre trenta tra disegni, acquarelli e grafiche, in prestito dalla Galleria d’Arte Maggiore di Bologna – “Giorgio de Chirico – Mistero e poesia” si pone come obiettivo quello di dimostrare come l’artista abbia disseminato con la pittura quantità di argomenti nelle più varie zone culturali e di rinnovare l’accostamento critico di un autore che in modo tanto completo rappresenta la nostra epoca. L’esposizione monografica su Giorgio de Chirico illustra il percorso della sua opera all’insegna della Metafisica – intesa dal maestro come qualità eletta della pittura e non come caratteristica dei soggetti – che scorre lungo le diverse fasi stilistiche del suo lavoro: recupero della tradizione classica, suscitazioni surreali e riavvicinamenti alla realtà si intrecciano in un universo di mondi, linguaggi e codici differenti. Inventore di città allucinate e assurde, le sue “Piazze d’Italia” si offrono come luoghi incerti e instabili da cui l’occhio è attratto per le sue architetture classiche, racchiuse nella gabbia di una rassicurante prospettiva rinascimentale, ma da cui la mente divaga per l’accostamento con elementi stranianti che trasformano i luoghi familiari da cui prende ispirazione (come Monaco di Baviera, Firenze, Roma, Torino, Parigi, Ferrara e New York) in realtà analoghe, diverse, sospese in un’atemporalità assoluta. Si tratta di una imagerie fatta di interruzioni e dissonanze che per citare Italo Calvino danno vita a “città del pensiero” a cui gli architetti del dopoguerra si ispireranno per la realizzazione di nuovi edifici e progetti urbanistici.
La figura umana è quasi inesistente in questo universo, sostituita da calchi in gesso di statue antiche o dai suoi tipici manichini. Si tratta di quelle famose “Muse inquietanti” che popolano il suo universo nell’enigmaticità e nel silenzio, vivendo come guardiani tra ciò che è stato e quello che sarà in un eterno presente, in un continuo ritorno, in una ripetizione differente. Le sue figure senza volto, prive di connotati fisici e quindi anche di etnia, cultura o religione, sorvegliano imperscrutabili la sua dialettica sospesa tra rievocazione e invenzione, tra ricordo e rinnovamento, occupando la superficie con la loro presenza immutabile che immerge in un mondo classico, un’angoscia del tutto moderna. Del resto come lo stesso de Chirico confida: “Senza la scoperta del passato, non è possibile la scoperta del presente”. A questo scopo il maestro frequenta il museo per utilizzare nelle sue opere ogni reperto e andare così “al di là della fisica”, spostandosi in questo modo al di fuori del mondo a lui attuale in una dimensione che sia appunto Metafisica. Giorgio de Chirico sceglie di rivolgersi a quell’universo mitologico che affonda le sue radici nel glorioso passato della storia dei popoli del Mediterraneo per rivendicare un valore estetico a ogni oggetto e circostanza preesistente a lui e soprattutto per nobilitare i luoghi squallidi del presente (con le ciminiere, i treni, i simboli di un paesaggio moderno) attraverso il loro inserimento in quelli di un passato illustre.
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